Per giorni, la battuta più in voga al Pirellone è stata quella di Roberto Mura, capogruppo del neonato gruppo consiliare in Regione Lombardia del Comitato Nord: «Per quanto si possa amare una fidanzata (Attilio Fontana), i matrimoni si fanno in due», alludendo all’ipotesi di un’alleanza con Letizia Moratti. Ma quella che spiega meglio a che punto è la notte della Lega di Matteo Salvini – demansionato da leader del partito a “bambino” dal Senatur che pare sia tornato a ruggire a dieci anni dalla sua detronizzazione da parte dei barbari sognanti – è una vignetta apparsa sul profilo dell’ex senatore Mura in cui un giovane chiede al più anziano: «Come si è arrivati a questo punto?», «Un passo alla volta, nella direzione sbagliata».
E così che si è arrivati anche a trasformare una battaglia che sembrava di retroguardia – ricostruire il sindacato del territorio con la vecchia guardia bossiana e il beneplacito del Senatur – in una questione politica dirimente dentro e fuori dalla Lega.
Dopo che l’Umberto si è presentato a Palazzo Lombardia dal governatore uscente, Attilio Fontana, per chiedergli di fare un apparentamento con la lista del Comitato Nord, Salvini gli ha risposto a mezzo stampa di rivolgersi al segretario della Lega in Lombardia, Fabrizio Cecchetti. E al pensiero di Bossi che tratta con il commissario di Salvini, in tanti si sono fatti una grossa e grassa risata. O almeno quei tanti che aspettano il cadavere del leader della Lega sulla riva del fiume.
Fuoriusciti, espulsi o commissariati dai salviniani che in questi dieci anni, da quando il Capitano ha ereditato il partito dal compianto Bobo Maroni, sono cresciuti con lui, ma ora per via degli smottamenti interni e per quel motto sempre attuale in politica, guai ai vinti, potrebbero rialzare la testa. A cominciare dal Mol, Riccardo Molinari, capogruppo a Montecitorio che si aspettava di diventare presidente della Camera e che invece ora vorrebbe sfidare il suo vecchio amico al congresso federale, in nome di quell’identità perduta di cui parlano tutti, trombati o in sella che siano. Al punto che ora tutti i commissariati o con un provvedimento disciplinare in corso, si sfregano il petto per l’onore ricevuto, in attesa del nuovo corso che inizierà dopo l’esito delle elezioni lombarde in cui la Lega perderà, prevedibilmente, altri consensi.
E se non fa rumore l’uscita dalla Lega di due consiglieri regionali in Basilicata per creare un gruppo autonomo perché il core business del partito leghista è sempre stato al Nord, non si può dire altrettanto di quanto sta accadendo in Piemonte dove si parla di una Lega 5.0, in Liguria dove è nato il Comitato Nord a Savona e in Veneto, come sempre in ebollizione.Ma è alla Lombardia che ora bisogna guardare, in vista delle elezioni regionali, dove la partita del Comitato Nord è ai calci di rigore.
Moratti ripete ogni giorno di voler accogliere i consiglieri fuoriusciti ed espulsi da Salvini, ma il Capo da cui tutti aspettano un nuovo e definitivo ruggito (da anni, non da oggi) «non vorrebbe fare uno sgarbo all’amico e conterraneo Attilio Fontana», afferma un dirigente leghista di stretta osservanza antisalviniana. E allora, siccome il leader della Lega – che i suoi avversari chiamano in modo dispregiativo il ministro del Ponte sullo Stretto – ha ribadito ieri che «chi esce dalla Lega, fa una scelta, tanti saluti e Buon Natale», l’unica alternativa per la lista del Comitato Nord resta l’opzione Moratti. Anche perché respinti da Salvini, non apparirebbero più traditori che hanno rinnegato la casacca padana con cui sono stati eletti. «Oppure possiamo andare avanti da soli e morire, combattendo», ironizza Max Bastoni, uno dei quattro consiglieri regionali espulsi.
Angelo Ciocca, coordinatore del Comitato Nord insieme a Paolo Grimoldi, ci ha detto che l’unica opzione resta Fontana «perché bisogna guardare a un progetto politico sul medio e lungo termine, pensando a come riconquistare il consenso perduto» e ipotizza addirittura che il Comitato Nord possa stare fermo a questo giro se il presidente Fontana non accoglierà la proposta di apparentamento arrivata da Bossi. Anche se pare più una dichiarazione dovuta alle tante partite, anche personali, che si stanno giocando fuori e intorno alla Lega in Lombardia.
Gianluca Pini, altro fuoriuscito e acerrimo avversario di Salvini, è convinto che questo sia l’ultimo giro per la Lega di Salvini, «un partito personale e verticistico, una sorta di via di mezzo tra la Turchia e la Corea del Nord in termini di rispetto della democrazia interna». E Gianni Fava, l’ex assessore di Bobo Maroni, osserva: «La sfida Bossi/ Salvini mi entusiasma molto poco. Sono personalmente più interessato al dato politico. Da una parte Salvini tende a tutelare la specie, salvaguardandola attraverso la blindatura delle liste a sostegno di Fontana. Dall’altra Umberto Bossi fa politica, mentre gli aderenti al Comitato Nord lavorano alacremente alla costruzione di una lista. Finirà che a breve Salvini respingerà tutte le richieste di partecipazione alla propria coalizione, contribuendo in modo inequivocabile a rendere più difficile la partita del centrodestra lombardo. Per quanto ne so io, però, buona parte di quell’universo autonomista frastagliato, orfano della Lega Nord, continua a guardare con interesse alla seria proposta politica di Letizia Moratti. E chissà se presto anche gli aderenti al comitato Nord respinti con sdegno da Salvini comincino a fare lo stesso».
Intanto si moltiplicano i viaggi a Gemonio per conferire con Umberto Bossi, ma la lista con tanti ex leghisti e militanti del Comitato Nord è pronta. Insomma, siamo ai calci di rigore per la partita per o contro la Moratti, per o contro Fontana (che avrebbe accolto volentieri la lista del Comitato Nord per rafforzare la sua corsa alle regionali). Una partita giocata in nome della Lega perduta. What a mess.