Il cannibalismo non è mai stato un argomento tanto popolare come in questo periodo. Nel suo ultimo film, “Bones and All”, Luca Guadagnino unisce romanticismo e genere horror cimentandosi nella storia d’amore tra due teenager nati con il bisogno di mangiare carne umana. Il regista ha precisato che il cannibalismo qui è una metafora degli ostacoli dell’amore, tuttavia non mancano scene truculente, come quando Maren (Taylor Russell) addenta il dito di una compagna di scuola durante quello che doveva essere un tranquillo pigiama party.
E siccome a qualcuno è venuto il dubbio, Guadagnino ha anche dichiarato che non c’è alcuna correlazione tra il suo film e le accuse di cannibalismo mosse all’attore Armie Hammer (per tutti i retroscena c’è la docuserie “House Of Hammer” su Discovery+), già protagonista con Timothée Chalamet di “Chiamami col tuo nome”.
Ad aprile è stata la volta di “Fresh”, il film di Mimi Cave disponibile su Disney+ che comincia come una storia d’amore ed evolve in un horror con al centro un seduttore che ha appetiti insoliti e un commercio molto redditizio di carne di giovani donne. “In Raw” di Julia Ducournau, la protagonista Justine (Garance Marillier) – ragazza vegetariana al suo primo anno di università – scopre i piaceri della carne (umana) dopo essere stata sottoposta a un rito di iniziazione.
Che dire poi di “Yellowjackets”? La serie Showtime ideata da Ashley Lyle e Bart Nickerson con Juliette Lewis e Christina Ricci racconta la storia di una squadra di giocatrici di calcio delle scuole superiori che dopo un incidente aereo rimane bloccata per diciannove mesi nelle terre selvagge del Canada. Ispirata a una vicenda realmente accaduta, descritta anche nel film “Alive” di Frank Marshall del 1993, la serie lascia intendere fin dai primi episodi che le ragazze si daranno al cannibalismo non solo per sopravvivere.
Ottessa Moshfegh, autrice de “Il mio anno di riposo e oblio”, ha pubblicato a giugno, con la casa editrice Penguin, il romanzo “Lapvona”. Ambientato in un villaggio del Medioevo colpito da disastri naturali, il libro contiene ogni genere di orrore, incluse macabre scene di cannibalismo. Moshfegh, che è vegetariana, ha raccontato in un’intervista di averlo scritto durante la pandemia, «in un isolamento così totale che ho sentito questa incredibile libertà di andare ovunque».
Ancora nel 2020 ha visto la luce “A Certain Hunger” di Chelsea G. Summers, dove una critica gastronomica di mezza età mangia letteralmente gli uomini. Il romanzo è diventato virale dopo che l’attrice Anya Taylor-Joy lo ha postato su Instagram e che, su BookTok, l’hashtag di TikTok dedicato alla lettura, ha ricevuto molti commenti positivi. Ma, come ha ammesso la stessa G. Summers su Vulture, anche prodotti come “Fresh”, “Bones and All” e “Yellowjackets” hanno contribuito ad accrescerne la fama. E ha aggiunto un suggerimento: «Se potete scrivere un romanzo che cade al culmine di un momento culturale, fatelo».
Il dibattito sul consumo di carne animale – se sia lecito o meno uccidere gli animali per soddisfare i nostri bisogni e le implicazioni ambientali che questo comporta – ha certamente alimentato l’interesse per il tema del cannibalismo. Con il risultato di associare la carne umana a quella animale in un cortocircuito tutt’altro che gradevole. Lo scriveva in modo molto profetico l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss nel 1996: «Verrà un giorno in cui l’idea che gli uomini del passato, per nutrirsi, abbiano potuto allevare e massacrare degli esseri viventi e poi esporre con compiacimento la loro carne a brandelli nelle vetrine ispirerà senza dubbio la stessa repulsione che i pasti cannibali dei selvaggi americani, australiani o africani ispiravano ai viaggiatori del XVI o del XVII secolo».
A oltre vent’anni da questa affermazione, il romanzo “Tender is the Flesh” dell’argentina Agustina Bazterrica immagina un futuro distopico in cui tutti gli animali sono stati contaminati da un misterioso virus, il cannibalismo è diventato legale e Marcos, il protagonista, si occupa di macellare esseri umani, anche se nessuno li chiama più così. Un’immagine raccapricciante, che fa venire in mente quello che Francis Bacon disse al critico d’arte David Sylvester nel corso di un’intervista: «Quando entro in una macelleria, mi meraviglio sempre di non esserci io appeso lì, al posto dell’animale».
Secondo la co-creatrice di “Yellowjackets”, Ashley Lyle, la pandemia, il cambiamento climatico e l’aumento della violenza hanno accresciuto la sensazione di vivere in un momento molto strano. «Mi sembra che l’impensabile sia diventato pensabile», ha dichiarato. «E il cannibalismo rientra a pieno titolo nella categoria dell’impensabile». Per Chelsea G. Summers invece il cannibalismo ha a che fare con il contenimento degli appetiti sessuali femminili e con il modo in cui i media masticano e sputano gli autori. Ma per lei c’entrano anche il capitalismo e la sindrome da burnout.
A tutto questo si potrebbe aggiungere che banalmente, quando un argomento diventa di tendenza, l’industria culturale tende a capitalizzarlo con la diffusione di prodotti analoghi. Vale anche per il cannibalismo. Ancora G. Summers ha riferito al New York Times che dal 2018 “A Certain Hunger” è stato rifiutato più di venti volte prima che Audible e la casa editrice Unnamed Press le facessero un’offerta. Oggi, invece, la scrittrice è convinta che sarebbe più facile vendere il suo libro. «Dio benedica Yellowjackets», ha esclamato. Il cannibalismo soddisfa quindi “un certo appetito” del pubblico con una ricetta che il più delle volte prevede molto sangue. Vi sembra disgustoso? Taylor Russell, la Maren di “Bones and All”, ha rassicurato: quello nel film era un mix di ciliegie al maraschino, cioccolato fondente e caramelle alla frutta.