Nella conferenza stampa di fine anno, Giorgia Meloni ha chiesto una decisione europea comune sull’uso dei tamponi per i passeggeri in arrivo dalla Cina. Risposta dell’agenzia europea di sorveglianza delle malattie infettive (Ecdc): i test introdotti dall’Italia sono «non giustificati», perché il boom cinese di nuovi casi di Covid «non dovrebbe avere alcun impatto sull’Europa». Le varianti di Covid-19 sequenziate in Cina «circolano già nell’Unione» e, inoltre, i cittadini dei 27 Paesi membri hanno un alto tasso di vaccinazione e immunizzazione.
La Commissione europea ha convocato ieri in emergenza il Comitato per la sicurezza sanitaria per valutare «una decisione coordinata»: in questa sede i 27 hanno concordato di mantenere una «sorveglianza attiva» e di proseguire i contatti per vagliare iniziative unitarie. Ma per ora non è stato disposto nulla. I portavoce dell’Oms invitano a «non discriminare alcuna popolazione o gruppo, ma trattare tutti con rispetto».
Per oggi è convocata a Roma l’Unità di crisi per rafforzare il monitoraggio sui rischi. E ieri è arrivata la decisione di prolungare fino al 30 aprile l’obbligo delle mascherine negli ospedali e nelle Rsa.
«Siamo in una fase delicata, ma non allarmiamoci prima del tempo», dice al Corriere Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e ordinario per chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano. «È corretto testare per Covid i passeggeri provenienti dalla Cina con l’obiettivo di sequenziare le varianti (sono sufficienti alcune centinaia di sequenziamenti), per avere un’idea precisa di cosa sta arrivando dal Paese asiatico».
Anche il presidente francese Emmanuel Macron, comunque, ha chiesto ieri mattina al suo governo di «prendere misure adeguate». E l’esecutivo di Parigi ha messo in allerta compagnie aeree e aeroporti perché preparino un sistema di controllo, in vista di possibili decisioni Ue.
Oltre che in Italia, lo screening all’arrivo è attivo già in vari Paesi. Chiedono il tampone India, Giappone, Taiwan e da ieri gli Stati Uniti. Il governo del Regno Unito ha fatto sapere che per ora «non ci sono piani per reintrodurre test o requisiti aggiuntivi». L’ultima a introdurre nuove regole è stata la Corea del Sud, imponendo restrizioni sui visti, requisiti di test e limitando i voli. Intanto il ministero degli Esteri cinese, ieri, ha definito l’introduzione dei tamponi in alcuni Paesi come misure «prese in modo manipolato e male informato».