Sembra di tornare indietro nel tempo, al 2020. Quando il resto del mondo cominciò a blindarsi, illudendosi di poter evitare l’arrivo del virus ancora misterioso proveniente dalla Cina. Succede di nuovo, mentre nel Paese che ha all’improvviso abbandonato la politica «Covid Zero» i contagi da Sars-CoV-2 sono esplosi. L’allarme è scattato negli Stati Uniti, dove dal 5 gennaio si volerà dalla Cina solo con tampone negativo preventivo. E l’Italia ha fatto un passo simile con un’ordinanza firmata ieri dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che prevede tamponi antigenici obbligatori e relativo sequenziamento del virus a campione per tutti i passeggeri in arrivo dagli scali della Repubblica popolare e in transito in Italia. Misura che per il ministero si rende indispensabile «per garantire la sorveglianza e l’individuazione di eventuali varianti».
«La Lombardia ci ha visto lungo, forse perché è stata la Regione che ha pagato il prezzo più alto nella prima ondata», dice al Corriere Guido Bertolaso, assessore al Welfare lombardo, rivendicando con orgoglio di essere stato il primo a (ri)proporre il tampone anti-Covid a chi arriva da Pechino. Il test è tornato a Malpensa il 26 dicembre. Ora il ministro della Salute Orazio Schillaci l’ha reso obbligatorio in tutti gli aeroporti.
A quasi tre anni da quel 2020, «oggi sarebbe imperdonabile un ritardo o una scarsa attenzione verso i segnali che riceviamo dall’Oriente», dice. L’avvio dello screening è stato comunicato solo martedì, mentre i test sono cominciati a Santo Stefano. «È stata una mia decisione», spiega Bertolaso. «Ho scelto di avviare l’attività di testing senza diffondere l’informazione perché volevo capire se ci trovavamo di fronte a un problema vero oppure no: una prudenza per evitare di diffondere preoccupazioni eccessive. Dopo aver proposto il tampone ai passeggeri dei primi due voli, abbiamo subito comunicato i risultati. Devo dire che la nostra non è stata un’iniziativa azzardata né sbagliata: sono emersi 97 positivi su 212 testati, quasi uno su due».
Sono «turisti cinesi o residenti in Italia, ma di origine cinese. Il 75 per cento di loro era diretto verso una meta non lombarda, il 16 per cento invece a Milano o nell’hinterland. Nella maggior parte dei casi hanno un’età compresa tra i 16 e i 65 anni». Sintomi? «Pochi o assenti». Ora si trovano «in isolamento ed è stato avviato il tracciamento dei loro contatti stretti». E si attendono i risultati del sequenziamento: «Tra i tamponi positivi, sono stati scelti i 15 con la carica virale più alta e sottoposti al sequenziamento».
Intanto, l’ambasciata cinese a Roma, interpellata dall’agenzia Ansa, già si raccomanda che «le misure di prevenzione all’epidemia siano appropriate, senza sfavorire i normali scambi tra le popolazioni».
I visitatori positivi dovranno rispettare l’isolamento fiduciario e impegnarsi a restare a casa se asintomatici o con pochi sintomi per sette giorni. Ricovero per i più gravi come prevede la Regione Lazio. I giorni scendono a 5 con le norme inserite nella legge sui Rave party, cui seguirà una circolare del ministero.
Il rischio per gli italiani sembra inferiore rispetto alle prime ondate pandemiche. Gran parte della popolazione è protetta da almeno tre dosi di vaccini efficaci, in grado di ridurre il rischio di malattia grave. Da noi la variante Omicron, pericolosa per i cinesi, immunizzati malamente con vaccini poco funzionanti, circola da un anno, con tutte le sue sotto varianti simili quindi poco minacciose.
Il mondo comunque sta alzando le barriere. Oltre che negli Stati Uniti e in alcuni Paesi Europei l’allarme si diffonde in tutti i continenti. Alcuni governi hanno già adottato provvedimenti restrittivi: in Giappone (colpito da un’ondata di contagi e un numero di morti mai registrati prima), come in India e Malesia le autorità sanitarie si sono allineate sulla linea dei tamponi obbligatori. Così anche a Taiwan.
La Francia è pronta «a studiare tutte le misure utili da applicare» in collaborazione con i partner europei. In Italia l’opposizione chiede a Schillaci di riferire in Parlamento. L’ex ministro della Salute Roberto Speranza attacca: «Fallita la politica Meloni di fingere che il Covid sia finito e che dei vaccini si possa fare a meno».