La missione in AlgeriaDescalzi dice che se proseguiamo così nel 2024 l’Italia non sarà più dipendente dal gas russo

L’amministratore delegato dell’Eni, con la premier Meloni ad Algeri, parla di un piano nazionale che trasformi l’Italia in un hub energetico del Mediterraneo in grado di convogliare metano anche verso il Nord Europa. Ma superando le strozzature, a cominciare proprio dalla partenza del tanto discusso rigassificatore di Piombino

(La Presse)

«Come avere una Ferrari in garage e scoprire di essere senza benzina». Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni dal 2014, arrivato ad Algeri insieme alla premier Giorgia Meloni, descrive così la situazione che si è venuta a creare dopo l’aggressione russa in Ucraina. «Tutti hanno aperto gli occhi sul fatto che in Europa non avevamo un piano di sicurezza energetica, siamo un enorme mercato ma non abbiamo mai avuto energia sufficiente prodotta nell’Unione europea».

Dunque, prima vanno affrontate le urgenze. Il «primo punto è quello di dare sicurezza energetica a costi bassi all’Italia». L’Algeria si è trasformata nel principale fornitore di gas, avvicinando Roma all’obiettivo strategico numero uno: liberarsi dalla dipendenza dal metano russo. «Le previsioni per azzerare le forniture di gas russo all’Italia? Sono positivo: nell’inverno 2024/2025. Continuando così le cose andranno nel verso giusto», dice Descalzi.

Non è certo la prima visita di Descalzi ad Algeri. Stavolta accompagna Meloni, aveva fatto lo stesso con Mario Draghi nell’aprile del 2022. La missione di Meloni per ratificare gli accordi energetici diventa l’occasione per ragionare di tutto, non solo del memorandum tra Eni e l’algerina Sonatrach per ridurre le emissioni di gas serra e incrementare le esportazioni di energia verso l’Italia, anche attraverso un nuovo gasdotto per l’idrogeno.

Il manager, che sarà con molta probabilità riconfermato dal governo alla guida dell’Eni, parla di un piano nazionale che trasformi l’Italia in un hub energetico del Mediterraneo in grado di convogliare gas anche verso il Nord Europa. Ma superando le lentezze che accompagnano qualsiasi processo, a cominciare proprio dalla partenza del tanto discusso rigassificatore di Piombino.

«Qualsiasi progetto complesso va affrontato con garbo, spiegandolo ai cittadini, illustrando che c’è sempre un guadagno per tutti gli attori della collettività», dice. «Occorre che l’Italia ragioni in termini sistemici, come fa da sempre la Francia, dove destra e sinistra possono litigare su tutto ma su alcuni temi di interesse nazionale si uniscono ed esiste prima il Paese. Si può fare, ma occorre continuità politica sui progetti strategici».

Secondo il numero uno di Eni, l’Italia ha più di un titolo per aspirare a quello che Meloni ha definito “Piano Mattei”. «Il nostro Paese ha caratteristiche geografiche, logistiche e infrastrutturali uniche, e siamo gli unici ad avere una connessione via gasdotto con l’Algeria, che ha una capacità di 36 miliardi di metri cubi, ancora sottoutilizzata, una connessione via gasdotto con la Libia che ha una capacità di 12 o 13 miliardi di metri cubi e che può salire anche di parecchi miliardi, poi abbiamo il Gnl dell’Egitto e tutti gli altri Paesi africani con cui lavoriamo. Oltre al Tap. Anche questa rete ci ha consentito di rimpiazzare finora ad oggi almeno metà del gas russo».

Ma ci sono gli investimenti da fare: «In un tempo non lungo avremo tutto il gas necessario alla nostra autonomia, ma dobbiamo guardare anche alle infrastrutture. I rigassificatori in un primo momento saranno al Nord, poi potranno essere fatti anche al Sud. Al momento, per i flussi del gas dal Sud esiste un collo di bottiglia fra la Campania, il Molise e l’Abruzzo. Snam ha già lanciato un piano di espansione che è necessario al progetto di un hub».

In quanto tempo? È plausibile in cinque anni «se si fanno le connessioni necessarie fra l’Italia e la Germania, la Svizzera, l’Austria. Connessioni che sono state sempre Nord-Sud come flussi e che sono oggi abbastanza piccole. Lavorando su questo e risolvendo la strozzatura di cui parlavamo prima, aprendo l’Italia sia nel percorso nazionale, sia in quello oltre confine, si può certamente fare. È chiaro che si lavora su orizzonti temporali di medio periodo».

Ora, comunque, è tempo di concentrarsi sull’Algeria. Esiste un gasdotto con una capacità di 36 miliardi di metri cubi di gas con il Paese, sottoutilizzata. Una di 12-14 miliardi con la Libia, che può salire. E poi ci sono Egitto, Nigeria, Mozambico e Angola. E ancora, i tubi dal Tarvisio. Il gas che arriva dalla Norvegia. Il Tap, che l’Azerbaigian «pensa di poter ampliare in qualche anno». Infine, «i tre rigassificatori di gas naturale liquefatto, che spero presto possano diventare quattro con Piombino e cinque con Ravenna».

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