Il governo e le parti sociali devono organizzare un tavolo di confronto per tornare a parlare di riforme: lavoro, salari, produttività, cuneo fiscale, formazione, politiche attive. Solo così si può risolvere la crisi del mancato aumento dei salari e del lavoro povero. Per Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria e presidente del gruppo siderurgico di famiglia la situazione è come quella del luglio 1993, in cui l’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi concluse un accordo con sindacati e imprenditori, stabilendo nuove linee alla politica dei redditi e il criterio della concertazione tra le parti sociali.
In un’intervista a Repubblica Marcegaglia spiega che «un Paese dove aumentano le disuguaglianze e troppe persone sono povere pur lavorando non va bene». In questi anni le imprese si sono modernizzate, riducendo il loro debito, aumentando capitale, investimenti ed esportazioni grazie a misure del governo Renzi come Industria 4.0. Ma «per fare il salto abbiamo bisogno di riforme: Pa, fisco, lavoro, semplificazioni, concorrenza, giustizia. E soprattutto scuola e formazione. È mai possibile che non si trovano il 40% delle competenze?»
Il governo Meloni ha tagliato il cuneo fiscale, ma non basta: «Come Confindustria abbiamo chiesto cinque punti per avere un impatto forte. E fosse per me li metterei tutti nella busta paga dei lavoratori. Così dai fiducia alle persone, attiri talenti, li paghi meglio, li trattieni di più. Con la spesa pubblica che abbiamo non si possono trovare 16 miliardi? Tagliando solo 2-3 punti ai redditi bassi non sposti molto. Anche perché il problema è pure del ceto medio. Capisco la scelta di dedicare 21 miliardi su 35 alle bollette, l’avrei fatto anch’io. Ma non avrei esteso la flat tax a 85 mila euro, penalizzando così il lavoro dipendente»,