Siamo quello che mangiamo. Una frase che sembra scontata ma che letteralmente significa quello che esprime e risulta potente nella sua brevità. Che il cibo sia un elemento culturale fondante per l’essere umano lo abbiamo già raccontato più volte ma che attraverso il cibo, il vino e la cucina in senso ampio si possa fare cultura forse non è sempre riconosciuto. Quando ad una visione imprenditoriale illuminata si associa, nel tempo, una capacità riflessiva e analitica che sposta l’attenzione dal personale al collettivo, siamo di fronte a realtà miliari. Stappare una bottiglia de La Grande Dame è un po’ come scartare un regalo prezioso. Lo Chef de Caves della Maison Veuve Clicquot e la sua equipe lavorano all’assemblaggio di Cru storici di Pinot Nero, andando a comporre il non plus ultra delle espressioni di questo vitigno. Champagne eleganti, raffinati, equilibrati e allo stesso tempo incisivi.
A sostegno e in accompagnamento a questo know-how che si tramanda da oltre 250 anni, in una continua ricerca di eccellenza, è stato sviluppato il programma internazionale di Garden Gastronomy by Veuve Clicquot. Un’idea contemporanea e ad ampio spettro di gastronomia d’autore costruita proprio intorno alle etichette de La Grande Dame. Una filosofia, un approccio, una visione interamente dedicata al green e alla sostenibilità dove le verdure, insieme a frutta, spezie, aromi diventano protagoniste del racconto al posto dei più comuni carne, pesce e uova. Il vegetale al centro, attore principale dei piatti degli chef e nuovo fulcro di curiosità e attenzione da parte del cliente. Sono sempre meno i casi in cui la cucina priva di componenti animali viene considerata meno interessante e noiosa, tuttavia questo pregiudizio non è banale da sradicare e l’impegno della Garden Gastronomy parte proprio da qui. Nel ribaltare il paradigma di cucina, non solo per un approccio eticamente più giusto e perseguibile nel tempo, ma anche e soprattutto per riprendere contatto con la terra e la parte agricola che ha sempre caratterizzato l’uomo del passato. Tant’è che la casa di questo progetto lungimirante è il Manoir de Verzy, proprietà della Maison Veuve Clicquot da più di cento anni, situato tra i vigneti della Montagne de Reims. Un vigneto storico ma soprattutto un orto, ispirato da alcuni disegni dei primi del Novecento dove crescevano frutti e vegetali che avevano instaurato una particolare simbiosi benedica con la vigna circostante e coltivati in permacultura.
I deus ex machina in questo caso sono due, Xavier Mathias e Eve Gaignard, paesaggisti ed esperti di botanica. I due hanno progettato un paesaggio in cui convivono specie diverse di flora e fauna che in questa convivenza hanno trovato la forza di adattarsi e proliferare combattendo spontaneamente malattie, cambiamenti climatici, erbe infestanti, carenza di acqua. 2500 metri quadrati in cui crescono oltre trecento varietà tassonomiche, destinate nei prossimi anni a triplicare. Una straordinaria quantità di piante perenni, alberi da piccoli frutti così come da frutto e alcune specie rare. La tipologia di coltivazioni e referenze è talmente particolare e variegata che Christophe Pannetier, chef dell’Hotel du Marc (l’hotel particulier di proprietà della Maison), ha sempre nuovi stimoli e pretesti per creare nuove ricette e abbinamenti inediti a tema Champagne. Una relazione sensoriale e istintiva con la terra, che chiede uno sforzo, un impegno da parte degli attori a mettere la natura e i suoi frutti al centro dell’attenzione, delle esigenze, dei ritmi, della creatività stessa. Garden Gastronomy non vuole essere (solo) un appello all’alimentazione sana ed equilibrata ma un vero e proprio movimento volto a sottolineare un’esigenza etica, ecologica, nutrizionale più che estetica, nel tentativo di diffondere maggiore consapevolezza a tutti i livelli nel consumatore finale.
Ad interpretare questa filosofia vengono invitati chef da tutto il mondo, rappresentati di stili e tecniche di cucina molto diverse tra loro: dalla Francia alla Spagna, alla Gran Bretagna, passando per la Svizzera fino ad arrivare negli Stati Uniti e in Giappone. Da italiani possiamo essere davvero orgogliosi dello chef coinvolto fin dal 2021: Domingo Schingaro (il cui vero nome è in realtà Domenico ma ormai è per tutti Domingo). Executive chef del ristorante stellato Due Camini dall’interno dell’esclusivo resort di Borgo Egnazia (Savelletri, Puglia), Schingaro coordina tutta l’offerta ristorativa della struttura che sorge in mezzo a campi e coltivazioni. Qui a disposizione non c’è un solo orto bensì più ettari coltivati da una squadra che si prende cura di raccogliere oltre 70 quintali di pomodoro in estate e circa 35 quintali di rape tra settembre e novembre. Baciati dal sole tutto l’anno non serve alcuna serra: uliveti, alberi da frutto, campi di verdure che, a differenza di quanto si è soliti pensare, danno il meglio della varietà nei mesi invernali grazie a cicorie, biete, cime di rapa e legumi. L’evoluzione dello chef, originario di una famiglia di pescatori e reduce da anni “di terra”, lo ha visto abbracciare e sposare il vegetale nel 2019, creando Radici, un menu totalmente pensato in questa chiave e realizzato grazie anche a diverse collaborazioni con fornitori e orti locali. Su questo progressivo slittamento di pensiero e presa di coscienza assisteremo all’appuntamento di Identità Vegetali (Sala Blu, 29 gennaio), la sezione dedicata al mondo green del Congresso nazionale di Identità Golose prevista il prossimo weekend. Protagonisti dell’edizione di quest’anno, sostenuta da Veuve Clicquot, ci saranno quattro interpreti significativi: Davide Guidara, neo stellato della rossa alla guida de I Tenerumi del Therasia Resort sull’Isola di Vulcano (Messina), Martina Caruso volto della cucina dell’Hotel Signum di Salina, Karime Lopez da Firenze con il progetto di Gucci Osteria e infine Antonio Chiodi Latini, da Torino, con il suo personale progetto di “underground vegetable cuisine”.