Mentori femminili Così a Milano le donne di successo aiutano le ragazze a entrare nel mondo del lavoro

L’assessora allo Sviluppo Economico e alle Politiche del Lavoro Alessia Cappello ha presentato Mentorship, un aiuto concreto dato da centinaia di professioniste affermate per far inserire 555 giovani tra i sedici e i trent’anni all’interno di percorsi di formazione lavorativa

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«In questi tempi oscilliamo continuamente tra il pessimismo e l’ottimismo. Nonostante le città si trovino oggi ad affrontare criticità trasversali, io credo che a Milano convergano talento e generosità». Con questa riflessione il sindaco Beppe Sala ha presentato Mentorship, il progetto che mette in connessione trecento donne di successo, al vertice di posizioni apicali in vari settori produttivi della città, con 555 ragazze all’interno di percorsi di formazione.

Si tratta del primo progetto di empowerment femminile nato all’interno delle azioni del “Patto per il Lavoro” di Milano, oltre a prevenire il fenomeno di “rinuncia” alla carriera come previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. «Il talento si deposita ed emerge in una città come questa, dove il lavoro è lo scheletro nonché la struttura di tutto il tessuto sociale. E poi, la generosità che ha accompagnato queste donne che hanno spontaneamente deciso di accompagnarne altre in una fase di transizione così delicata, come quella dal termine degli studi all’ingresso nel mondo professionale», ha spiegato il sindaco di Milano.

La differenza di retribuzione tra generazioni, oltre che di genere, è ancora evidente e paradossale, considerando che l’epoca in cui viviamo esorta invece a investire continuamente in sé stessi, nelle proprie capacità, nella propria individuale determinazione, a prescindere dalle condizioni di partenza. Nonostante le condizioni di partenza contino ancora tantissimo.

Se Milano è il luogo nel quale questi problemi si manifestano maggiormente perché in città convergono migliaia di giovani – e di giovani donne – dalle province, dalle succursali, dai capoluoghi di tutta la penisola, non è un caso che si siano poste qui le premesse per un cambiamento. «L’occupazione femminile è ferma al 49 per cento e si confronta con una media europea che sale al 63,4», ha spiegato l’assessora allo Sviluppo Economico e alle Politiche del Lavoro Alessia Cappello, promotrice dell’iniziativa: «Lavorare per ridurre il gender gap vale sette punti di Pil, secondo l’Istat. Non è dunque una questione ideologica, ma serve al Paese».

Le ragazze coinvolte nel progetto non dovevano avere alcuna esperienza precostituita, anzi, la maggior parte di loro versava in una dimensione di incertezza, di dubbi, di interrogativi. I loro profili sono speculari: alcune sono universitarie, altre hanno un percorso professionale già avviato. Tre frequentano ancora il liceo, e infatti non erano presenti durante la mattinata a Palazzo Marino perché si trovavano a scuola.
L’obiettivo per il prossimo anno è quello di raddoppiare il numero delle ragazze. La necessità di capire, di investire nel ruolo all’interno della società va incentivato, soprattutto a causa della violenza e della precarietà che imperversano a tutte le latitudini.

La stilista Alberta Ferretti, una delle delle “eccellenze” del settore produttivo milanese, ha detto che «il futuro è nelle mani dei giovani, collaborare con loro significa entrare a contatto col mondo contemporaneo, con i linguaggi, con le evoluzioni e le sensazioni dominanti. Abbiamo bisogno di loro».

Sul palco di Palazzo Marino si sono alternate l’amministratore delegato di Pomellato Sabina Belli, la rettrice dell’università Bicocca Giovanna Iannantuoni, la designer Patricia Urquiola, la vicedirettrice del Corriere della Sera Barbara Stefanelli, la viceprefetto di Milano Alessandra Tripodi, la fondatrice della start up MIRTA Martina Capriotti. Ciascuna seguita dalla ragazza che è stata loro affidata e con la quale hanno seguito un processo di delineamento accademico e imprenditoriale.

«Mi sono laureata in filosofia. Il ruolo del filosofo in questa società è difficile, e lo è ancora di più per una donna. Avere a che fare con donne che sono riuscite a raggiungere i loro obiettivi mi è servito tantissimo. La nostra storia purtroppo parla di uomini. Per una giovane ragazza questo può essere grandemente motivo di sfiducia. Mi aspetto di trovare esempi, esempi concreti, più che ambizioni», racconta una delle ragazze, Anna Ballatore.

Dunque la vera sfida è costruire modelli generazionali. «Bisogna saper sviluppare superpoteri – ha spiegato Belli – per riuscire a mettere in pratica i propri sogni, non solo di carriera ma anche quelli emotivi, empatici, di accettazione della diversità. Purtroppo l’incertezza diffusa appartiene al femminile. Gli uomini non sarebbero più di tanto preoccupati se fossero qui oggi».

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