La morte di Putin (o la sua destituzione) potrebbe essere il modo più veloce per terminare l’invasione russa in Ucraina, ma il probabile successore rischia di rivelarsi peggiore del dittatore del Cremlino.
No, non sarà l’ex premier Dmitrij Anatol’evič Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, autore di una serie di incontinenze verbali nei confronti dei leader occidentali (l’ultima «Zelensky è un cane da circo che dipende dalla Nato») e minacciatore seriale di un attacco nucleare.
Parliamo invece di Yevgeny Prigozhin, il fondatore di Wagner, la compagnia di mercenari che ha combattuto informalmente per conto di Mosca in Africa e Siria, e proprio in Ucraina ha compiuto una serie di crimini di guerra, tra cui omicidi, torture e stupri a danno dei civili.
Il 61enne di San Pietroburgo, definito il “cuoco di Putin” per i tanti appalti vinti come fornitore delle mense scolastiche russe, è anche il creatore di Internet Research Agency, ovvero l’azienda informatica di propaganda russa che secondo il procuratore Robert Mueller avrebbe interferito con troll, bot e operazioni di hacking nelle elezioni presidenziali americane del 2016, vinte da Donald Trump
A questo curriculum Prigozhin ha aggiunto anche quello di spietato reclutatore nelle carceri della Federazione russa. Lo provano una serie di video diventati virali in patria e in Occidente cui il capo della Wagner offre la grazia agli ergastolani in cambio di sei mesi di guerra in Ucraina come mercenari. Promettendo però allo stesso tempo di uccidere violentemente i disertori. Cosa regolarmente pubblicizzata in alcuni casi come quello di Yevgeny Nuzhin, ucciso a colpi di mazza per aver abbandonato il fronte. «Il cane merita la morte di un cane», ha commentato Prigozhin, alimentando in Russia un macabro merchandising legato agli oggetti militari della Wagner e la fama di uomo risoluto. Un privilegio mediatico di cui finora godeva solo Vladimir Putin.
Come rivela il giornalista russo Mikhail Zygar, autore di “Tutti gli uomini del Cremlino” in un op-ed sul New York Times, alcune fonti vicino al governo sostengono che Putin abbia cercato all’inizio di usare Prigozhin come «contrappeso ai generali» russi in Ucraina perché lo percepiva come un «suo uomo, uno strumento obbediente e facile da usare». Per questo motivo il dittatore russo ha permesso alla Wagner di stabilire autonomamente i propri obiettivi militari e di non rispondere in alcun modo al regolare esercito russo.
Questo a sua volta ha causato una serie di cortocircuiti insoliti in un regime, come l’attacco mediatico di Prigozhin al ministero della Difesa e ai generali russi, accusati di essere incompetenti e di aver fallito nel pianificare ed eseguire l’invasione militare in Ucraina. Un attacco corroborato da campagne di diffamazione online tramite la sua Internet Research Agency come quello contro il generale Alexander Lapin o contro il governatore di San Pietroburgo Alexander Beglov, vicino storicamente al suo concittadino Putin, e accusato di finanziare gli ucraini.
Il dittatore russo ha lasciato fare il suo pupillo anche per evitare che generali troppo ambiziosi potessero emergere, ma come nella più banale dialettica servo-padrone, i ruoli si sono lentamente invertiti. Prigozhin ha consolidato la fama di guerriero efficace e di uomo apertamente sincero, dalla parte del popolo russo, tanto da aver finalmente ammesso di aver creato la Wagner, dopo anni di smentite. Ma soprattutto è diventato indispensabile per il regime per concludere qualche pallida operazione militare vittoriosa in una invasione che doveva durare undici giorni e si sta prolungando da undici mesi.
Inoltre la presa di Soledar, ammessa negli ultimi giorni anche dall’esercito ucraino, ha rafforzato la reputazione della Wagner e indebolito quella delle armate russe regolari. Lo stesso Prigozhin ha contestato i generali che volevano intestarsi la vittoria, pubblicando per primo le foto della presa, e la sua narrazione è stata appoggiata e rafforzata da numerosi editoriali dei reporter di guerra del regime, volenterosi di consolidare l’unico straccio di eroe di guerra che la Federazione russa si può permettere dopo mesi di ritirate.
Come spiega Zygar nell’articolo del New York Times, Putin ha tentato di riequilibrare la situazione e indebolire la posizione di signore della guerra di Prigozhin, rimettendo al loro posto i due storici avversari di Prigozhin: i generali Alexander Lapin e Valery Gerasimov, precedentemente fatti dimettere per le loro sconfitte militari. Una mossa che però si è rivelata controproducente perché ha sconfessato l’immagine di Putin come leader risoluto che si sbarazza dei suoi generali inconcludenti. Riabilitandoli è come se il Cremlino avesse ammesso di essersi sbagliato.
E così il dittatore russo che nei primi anni Duemila passò da sconosciuto premier a popolare presidente grazie ai suoi massacri nella seconda guerra cecena, si ritrova ora in casa un futuro leader che gioca al suo stesso gioco e che non può essere spedito in un carcere della Siberia o fatto misteriosamente uccidere. Almeno per ora.