Quando oggi si parla di architettura, lo sforzo è di interpretarne il futuro per il momento storico inedito che stiamo attraversando. È di architettura impossibile che parliamo se immaginiamo città meno inquinate, in cui le case stesse somiglino sempre più ad ambulanti giardini? Forse sì, forse no.
Il Laufen Space a Milano tenta di rispondere a questo quesito con le fotografie al progetto La casa albero di Flavia Rossi, vincitrice del bando “Atlante architettura contemporanea” promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, Mufoco e Triennale, e la presenza di Bianca Felicori, ideatrice di Forgotten Architecture, nato inizialmente come gruppo virtuale per scandagliare, indagare e restituire visibilità alle porzioni dimenticate dell’architettura del Novecento e poi diventato un libro.
Passato e futuro che si incontrano? In entrambi i casi, il tentativo di smarginare i codici imposti dalle accademie, da un campo normalizzato entro il quale siamo tutti inseriti e che impedisce, per ora, concrete fughe in avanti. Per Felicori, capire e studiare ciò che era sfuggito ai libri di storia in merito all’architettura era un modo per costruire un archivio nascosto, liminale, surreale, che comunica paradossalmente moltissimo con le urgenze degli spazi urbani contemporanei.
Così Flavia Rossi rielabora ciò che corrisponde a un’idea degli anni Sessanta formulata da Giuseppe Perugini, Uga De Plaisant e Raynaldo Perugini a Fregene. Chiamata anche “Casa sperimentale”, i suoi scatti descrivono ambienti sospesi, fatiscenti, vuoti, immersi nel verde, portatrici di reminiscenze quasi infantili, tanto sono simili in un certo senso alla casa sull’albero che sognavamo da bambini.
«Peraltro la scelta di rendere autonomi i servizi – che sono “appesi” esternamente dove richiesto – consente di aggiungerne altri in caso di necessità o di ampliamento di una struttura che presenta possibilità di aggregazione e di finitura pressoché infinite. Una casa non-finibile quindi, oggi “antica” ma fin dall’inizio proiettata verso il futuro», aveva dichiarato Raynaldo.
Il fatto stesso che non aderisca al suolo ma, per antonomasia, si trovi “in mezzo agli alberi”, contiene un significato metaforico: fare in modo che la natura, dabbasso, continui a crescere e a espandersi indisturbata, per costruzioni che non interferiscono con l’ambiente, che non producono attriti, impatto con esso.
Felicori ha quindi senz’altro inserito la Casa sperimentale tra le progettazioni della seconda metà del secolo precedente a cui non è stata data sufficiente rilevanza. Chissà se gli architetti che vi lavorarono erano consapevoli di depositare l’asta dell’immaginario attuale, che vorrebbe evadere, fuggire dalle colate di cemento per rifugiarsi in contesti naturali, più umani, più lenti, di prossimità. Eppure oggi è un confronto inevitabile, oltre che necessario.
Il Laufen Space è il luogo perfetto a questo scopo. Fin dalla sua ristrutturazione, infatti, ha veicolato desiderio e capacità di avanguardia La sua struttura a griglia sospesa tra il soffitto e il pavimento cambia forma, illumina, emette suoni, proietta video.
La sede in via Manzoni è soltanto un segmento che si interseca con le altre presenti a Madrid, a Miami, a Vienna, a Berlino, a Praga. Lo scopo è accogliere sperimentazioni audaci, e non solo servendosi del linguaggio e del panorama architettonici. Questa mostra, aperta al pubblico fino al 15 marzo, consiste nel secondo appuntamento dell’iniziativa Art meets architecture. Il primo era dedicato all’arte, il terzo verterà sul cinema e si svolgerà probabilmente durante il prossimo autunno.
Come sostiene Bianca Felicori: «Tutto si può dimenticare: una canzone, il nome di una persona, il regista di un film. Dimenticare è facile. Che cosa salva dall’oblio, allora? La memoria collettiva».