Com’era facilmente prevedibile (e come anticipato qui), la vicenda di “giustizia sportiva” della Juventus sta rapidamente assumendo contorni politici. In settimana, il governo ha frettolosamente inserito nel decreto omnibus “mille proroghe” un criptico emendamento con il quale modificava l’articolo 86 del Testo unico sulle Imposte che «limita l’ammontare della plusvalenza oggetto di ripartizione in cinque anni alla sola quota parte proporzionalmente corrispondente al corrispettivo in denaro».
L’emendamento, successivamente ritirato, in sostanza stabiliva che le società avrebbero potuto usufruire d’ora in avanti dei vantaggi legati alle plusvalenze solo se frutto di un effettivo pagamento in «denaro», e non con un mero uno scambio tra giocatori. Nel caso in cui un’operazione prevedesse sia un contributo economico che uno scambio di cartellini, la plusvalenza utilizzabile sarebbe solo quella riferita all’esborso effettivo.
Una norma che senza alcun dubbio sanziona oggi come illecite le prassi analoghe a quelle adoperate sino ad oggi dalla Juventus e da altri club ma che sono costate al club bianconero 15 punti di penalizzazione. Essa è stata varata sulla scia dello scandalo, come dimostra la fretta del governo nel varare l’emendamento bizzarramente inserito in un decreto destinato a tutt’altro, a meno di pensare (con notevole sforzo di fantasia) che sia una pura coincidenza il fatto che le nuove norme sarebbero entrate in vigore prima della udienza dinnanzi al Collegio di garanzia del Coni.
Il ministro dello Sport, il romano Andrea Abodi, l’aveva già preannunciata un attimo dopo aver augurato alla Juventus di risorgere presto. Il punto è: qual è lo scopo? Una risposta non facile, atteso che secondo un principio generale di diritto le nuove leggi trovano applicazione solo dal momento della pubblicazione in avanti (tempus regit actum) e che, in particolare, quelle afflittive come le leggi penali o assimilate a queste ultime per la loro gravità sanzionatoria (e certamente lo sono le sanzioni sportive) non possono applicarsi retroattivamente.
Bisogna tenere in mente questo principio che peraltro i giuristi esperti ben conoscono (e magari anche i lettori degli editoriali di Linkiesta sul caso): «Il principio di stretta legalità».
Al fine di capire che cosa potrà succedere, è utile richiamare una fondamentale pronuncia proprio del Collegio del Coni a Sezioni Unite di sette mesi fa (la 45/22) nei confronti di un ricorso promosso dalla Lega nazionale professionisti di serie A (l’associazione privata delle società professionistiche di calcio) su impulso principale della Lazio del potentissimo presidente Claudio Lotito contro una delibera adottata dalla Federcalcio sui requisiti di liquidità necessari all’iscrizione alle competizioni sportive.
La nuova normativa, varata con una delibera del 27 aprile 2022, era piuttosto singolare perché imponeva che il cosiddetto “indice di liquidità” fosse conseguito dai club già entro il termine già scaduto, il 31 marzo 2022, al momento dell’entrata in vigore. Una legge che disponeva per il passato è non per il futuro.
La Lega ricorse all’organismo di ultima istanza, presieduto da Gabriella Palmieri Sandulli (primo presidente del collegio), che con una sentenza destinata a essere un precedente per le future decisioni stabilì che le nuove norme finanziarie potevano applicarsi dal 26 aprile 2022, data della loro pubblicazione in avanti (quindi dalla prossima stagione), spiegando in un passaggio-chiave della motivazione che «a ogni società calcistica professionistica occorre garantire la rituale e tempestiva programmazione della fase previsionale dei conti della società e non risponde a questa esigenza l’adozione di una norma regolamentare che dispone per il futuro, ma con riferimento al passato».
Un precedente molto importante perché assunto dal massimo consesso, le Sezioni Unite, del giudice supremo in materia di giustizia sportiva e che dimostra (contrariamente a quanto pensano alcuni giuristi di nuovo conio) come i fondamentali principi di diritto vadano applicati in ogni espressione della giustizia, attesa «la natura subordinata dell’ordinamento sportivo agli inderogabili principi di legge che regolano la materia relativa ai rapporti intercorrenti tra ordinamento nazionale, posto a tutela di interessi collettivi generali, e ordinamenti di natura e portata settoriale (id est l’ordinamento sportivo)».
Più semplicemente, la giustizia sportiva non può dunque ridursi a una ordalia da inquisizione spagnola svincolata dalle norme fondamentali dell’ordinamento statale.
La sdegnata stampa romana di oggi allora non insorse e non eccepì: si potrà applicare lo stesso principio anche alla Juventus?
Vediamo: la nuova norma sulle plusvalenze è stata ritirata per la ferma opposizione di Pd e Cinquestelle e il governo che l’ha proposta ha promesso di ripresentarla per le vie ordinarie che richiederanno tempi lunghi. Dunque, ed è il punto fondamentale, permane il vuoto normativo che la stessa corte federale di appello ha rilevato in tema di plusvalenze e che potrà essere colmato solo da una nuova disposizione di legge.
Ma intanto il legislatore supremo ha parlato fornendo un definitivo indirizzo interpretativo e ha detto la sua parola decisiva su come vadano utilizzate (ma per il futuro) le plusvalenze fittizie, operazioni a somma zero se non per la parte monetaria, in ciò seguendo le indicazioni della Consob contenute nella delibera di fine 2022 al termine dell’ispezione alla contabilità della Juve.
Ciò dimostra come la nuova legge sia strettamente “ad societatem” e che secondo il principio di stretta legalità essa comunque poteva e potrà, se varata, valere solo per il futuro e non per valutare i comportamenti passati che, quindi, non sono punibili.
Vedremo come andrà a finire questa vicenda processuale che ricalca peraltro fedelmente alcuni dei peggiori luoghi comuni della realtà giudiziaria ordinaria. La diffusione parziale di intercettazioni mutilate, la circolazione di indiscrezioni terroristiche su nuovi filoni d’indagine amplificati dai volenterosi portaborse degli inquirenti, l’esaltazione della giustizia sommaria senza contraddittorio sono tutti ingredienti ben noti a chi pratica le aule dei tribunali.
Qui vi è stata un’ulteriore particolarità: l’arrivo tra i corifei di un giudice del collegio del Coni che ha manifestato vivo apprezzamento per la sentenza sui cui potrebbe essere chiamato a pronunciarsi.
Nel mondo normale (eh si, dobbiamo rivalutare la nostra ansimante istituzione giudiziaria), un giudice che anticipasse il suo giudizio dovrebbe astenersi a pena di ricusazione.
Qui si è risolto tutto nella migliore tradizione con un comunicato a firma del primo presidente omonimo di quello loquace che assicura essere quelle del congiunto “opinioni personali”.
L’importante è che la presidente non dimentichi almeno le sue espresse qualche mese fa in tema di principio di legalità nella sentenza che accoglieva il ricorso della Lega Calcio.