Pregiudizio antiamericanoIl pacifismo italiano è destinato a perdersi nei meandri dell’ideologia

Il flop della marcia notturna Perugia-Assisi è l’ennesima conferma che chi ancora non ha il coraggio di condannare l’aggressione di Putin è ancorato a quell’odio per Washington, quindi per il mondo libero, che in questi mesi è diventato sempre più ridicolo

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La manifestazione notturna Perugia-Assisi che si è svolta appunto nelle ore tra giovedì e venerdì non è stata molto partecipata, non se n’è parlato, non ha suscitato l’attenzione dei media né dei partiti. L’animatore della marcia Flavio Lotti ha molto duramente criticato l’assenza della politica da questo appuntamento per la pace. Non diremo che l’insuccesso sia dovuto alla genericità della piattaforma nella quale, ancora una volta, non si dice l’unica cosa chiara che andrebbe detta – Putin go home – e che inevitabilmente trasmette l’idea di una equidistanza tra aggressore e aggredito: non diremo questo ma il mezzo flop umbro fa venire il dubbio che questo tipo di pacifismo generico non sia in sintonia con questa preciso momento della guerra.

È andato meglio invece l’appuntamento di ieri pomeriggio sotto l’ambasciata russa, chiarissimo nel suo messaggio di vicinanza e solidarietà al popolo ucraino, lì un po’ di politica c’era (Partito democratico, Terzo Polo, radicali).

La questione è che la fase è cambiata. Di quale pace parlano i pacifisti? Non c’è nessuno tra loro che in questo lunghissimo anno abbia saputo indicare concretamente una soluzione di pace che non fosse troppo dissimile dalle banalità contenute nel cosiddetto “Piano” della Cina. Forse sta anche in questa incapacità una radice psicologica alla base dell’antiamericanismo di sinistra e di quello di matrice cattolica – i due grandi fiumi della cultura politica di questo Paese nei quali scorre più o meno esplicitamente l’idea che alla fine se la pace non si fa è per colpa degli americani. Gira gira, il pacifismo cattolico finisce sempre lì.

Un esempio? In un momento delicatissimo come questo, Joe Biden è andato ad abbracciare Volodymir Zelensky con un gesto più potente di cento carri armati, ed è andato poi a Varsavia perché sa che la Polonia è un bastione essenziale per scoraggiare il neoimperialismo di Mosca: un viaggio europeo di gigantesco valore che però ha fatto storcere il naso a un grande leader democratico come Romano Prodi, che ha chiesto perché il presidente americano fosse andato a Varsavia e non a Bruxelles.

Neanche a farlo apposta glielo ha indirettamente spiegato Marco Minniti, intervistato da Huffington Post: «Con l’aumento delle spese militari al quattro per cento del Pil la Polonia diventerà nei prossimi anni una delle potenze più forti nell’ambito dell’Alleanza atlantica». Ecco perché Biden è andato nella capitale polacca, a Bruxelles che avrebbe concluso? Ma non c’è niente da fare. Per Prodi, Biden lavora a dividere l’Europa. Alimenta la contrapposizione con la Cina. Insomma, il giudizio sugli Stati Uniti è sempre ammantato da un’incancellabile coltre di sospetto anche se la Casa Bianca oggi è oggettivamente la postazione-chiave dal punto di vista politico della guerra di liberazione ucraina. Ma il senso comune è antiamericano.

Ora, se è facilmente spiegabile la voglia di pace rilevata dai sondaggi, magari corroborata da qualunquismi di vario tipo («se la sbrighino tra di loro»), assume davvero un gran rilievo il problema culturale ancora prima che politico del pregiudizio antiamericano dei cattolici democratici italiani, allevati d’altra parte al dossettismo filosoficamente distante se non ostile al mondo nuovo e sempre timoroso dell’egemonia americana: facendo così oltre tutto il gioco di chi lavora per separare le due sponde dell’Atlantico, cioè i nemici della democrazia e della pace.

Il pacifismo italiano dunque rischia di perdersi nei meandri dell’ideologia e dei pregiudizi, e di pesare sempre meno. Forse è venuta l’ora di scegliere con più coraggio, soprattutto per il mondo cattolico democratico che forse attende un gesto forte da papa Francesco (un viaggio a Kijiv?) per mettersi in cammino dalla parte giusta.

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