Inferno fiscaleLa Svizzera ha usato in modo improprio il segreto bancario, anche per dittatori ed evasori

I conti elvetici sono posti dove proverbialmente si occulta il denaro. Le regole sono cambiate, gli istituti non dovrebbero più accettare clienti “problematici”. Ma lo fanno davvero? Per Rizzoli un reportage su uno dei più grossi scandali finanziari, dagli autori dell’inchiesta Panama Papers

Franchi svizzeri
Foto da Pixabay

Sui nostri schermi si susseguono segreti su segreti. Colonna dopo colonna, riga su riga, conto per conto. Migliaia di conti bancari, migliaia di segreti.

In una tabella praticamente infinita, cifre e lettere ci rivelano molte informazioni che sarebbero dovute restare segrete pressoché a ogni costo. Ci sono tutti i dettagli di questi conti correnti: chi, quando, quanto e dove. Troviamo anche le coordinate di re, cardinali, primi ministri e presidenti, organizzazioni mafiose e trafficanti. E a ogni conto è dedicata una sola riga, in modo più che democratico.

Stavolta, un nuovo leak (“soffiata”, “fuga di notizie”) arriva dalla grande banca svizzera Credit Suisse. Grazie alle informazioni che ci vengono passate, possiamo rivelarvi un segreto enorme. Il denaro che i clienti della banca avrebbero voluto nascondere da qui all’eternità viene riportato a galla. Miliardi di franchi svizzeri, di dollari americani e di euro.

Il segreto bancario svizzero è il pilastro su cui si fonda un intero settore. È il vanto di una nazione o, quantomeno, ne rappresenta una buona parte. Negli ultimi cent’anni, non c’è nulla che abbia fatto prosperare le banche del Paese, nulla che abbia cementato la sua reputazione a livello mondiale più della sua garanzia di assoluta segretezza.

Per generazioni hanno mantenuto la promessa: i soldi in Svizzera erano al sicuro.

Questa sicurezza, rimasta inviolata per molto tempo, aveva diverse sfaccettature. Per le persone benestanti dei Paesi occidentali, infatti, era un modo per sfuggire alle agenzie delle entrate, mentre per l’aristocrazia delle nazioni meno democratiche era un modo per sfuggire al loro stesso popolo.

Durante tutto questo tempo, il segreto bancario è stato usato in modo improprio. Non solo di tanto in tanto, per alcune eccezioni o soltanto in passato, ma sistematicamente e su larga scala. E fin da sempre. Il segreto bancario non è mai stato solo un segreto di chi l’ha inventato, ma anche di chi ricicla denaro, di chi evade le tasse e dei dittatori. Ed è sempre stato anche il segreto dei conniventi, dei complici, dei favoreggiatori.

Ma ora un informatore anonimo ci ha fornito – a noi del team investigativo della «Süddeutsche Zeitung» (o «Sz») – informazioni dal cuore del Credit Suisse. E troviamo così tante irregolarità in queste informazioni che non sappiamo nemmeno da dove cominciare. Abbiamo davanti uno scandalo di proporzioni mondiali.

Il nostro informatore è in pericolo. Le banche svizzere hanno già sguinzagliato diversi investigatori privati per trovare i presunti collaboratori. I servizi segreti svizzeri sfruttano persino le loro spie. La giustizia procede con molta severità nei confronti di tutti coloro che hanno tradito il know-how delle banche svizzere. Non fa alcuna differenza sapere se lui o lei ha solo rivelato delle irregolarità o se ha addirittura fatto avviare delle indagini.

Ed è proprio nella più antica democrazia europea che il Parlamento ha approvato una legge che vuole vietare ai giornalisti di raccontare degli scandali bancari. È possibile che in questo esatto momento, mentre muoviamo le dita sulla tastiera, stiamo incorrendo in un reato? Ci rifiutiamo di crederlo.

Il Credit Suisse non è una qualsiasi banca svizzera: è una delle più grosse banche del mondo. Nonché una delle più controverse. Negli ultimi decenni, ha dovuto pagare più di otto miliardi di franchi di multe per tutta una serie di violazioni di leggi e normative. Spesso, la loro spiegazione era che si trattava di «casi particolari». «L’unico problema è che ormai c’è un gran numero di questi “casi particolari”» nota critico il quotidiano «Neue Zürcher Zeitung» (o «Nzz»), tradizionalista e un tempo sostenitore delle banche.

Il Credit Suisse prometteva continuamente che si sarebbe comportato meglio. Ogni volta la banca diceva che avrebbe smesso di aiutare clienti discutibili di tutto il mondo. Ma dopo ogni scandalo, ne usciva un altro.

I titolari dei conti che stiamo scorrendo provengono da decine di Paesi diversi: dalla Germania, dagli Stati Uniti, dall’Ucraina, dall’Azerbaigian, dal Venezuela o dal Kazakistan. Contiamo più di centosessanta nazionalità. E questo è solo l’inizio.

Il resto lo trovate in questo libro.

Copertina del libro Segreti svizzeri

Da “Segreti svizzeri” di Bastian Obermaier, Frederik Obermaier, Hannes Munzinger edito in Italia da Rizzoli, 320 pagine, 20 euro.

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