Al dente2,5 giorni per essiccare una pasta di qualità

La produzione di spaghetti & Co. in Italia presenta numeri da capogiro, ma solo l’essicazione lenta assicura standard elevati, tanto per la cottura che per la digeribilità.

Foto di Immo Wegmann su Unsplash

L’aria salmastra, calda e umida, il sole del sud, i telai. Eccoli, messi in fila, gli ingredienti perfetti e semplici per una buona pasta di grano duro. Ne manca uno, il tempo. E questo è forse l’elemento principale quando pensiamo a questo prodotto che, più di altri, grida e racconta l’italianità nel mondo. Per determinare la bontà della pasta, infatti, bisogna andare a scavare su quelli che sono i suoi tempi di essiccazione, ovvero quel processo mediante il quale la pasta perde l’acqua in esso contenuta.

In media, per una pasta di qualità alta servono un paio di giorni. È questo il punto cruciale su cui si deve indagare. Ed è un affare non semplice, visto che la legge italiana non prevede che in etichetta venga riportato il tempo di essiccazione. L’unico dato che troviamo in merito è quello relativo al valore massimo di umidità durante questo processo: non può superare infatti il 12,5%.

Ma, quindi, siamo in grado di capire che cosa davvero acquistiamo al supermercato? Gli scaffali sono pieni zeppi di marchi di diverso tipo e, se ci affidiamo al marketing aziendale, è un attimo perdersi in uno storytelling di campi di grano italiani, di lavorazione artigianale e di tanti altri dettagli che rendono grande il sogno italico. Perché questo è il nostro racconto. Un racconto che siamo abituati ad ascoltare fin dalla culla, quasi fosse una favola della buonanotte: la nostra cultura gastronomica, la pasta, quella che ci invidiano tutti.

Facciamo un po’ i conti della serva. Negli ultimi anni il valore di produzione della pasta nel mondo ha superato i venti miliardi di euro e si prevede una crescita nel mercato ad un tasso del 2,3% fino al 2025: un quarto è realizzato nel nostro paese e, in Europa, tre piatti di pasta su quattro sono italiani. È cresciuto anche il consumo globale che è raddoppiato in dieci anni a diciassette milioni di tonnellate annue. Noi ne consumiamo oltre ventitré chili a testa.

Le cose sembrano andare bene, almeno per noi. In Italia produciamo circa trecento tipologie di pasta (incluse quelle realizzate con farine alternative), con quasi duecentomila aziende agricole che forniscono grano duro, 120 produttori e circa ventimila persone impiegate nel settore. Non male come numeri per un paese che ha fatto della pasta il suo simbolo identitario-nazionale.

In sintesi, dunque, è innegabile che lo spaghetto che portiamo nelle nostre tavole sia buono a prescindere, di qualità, di altissima qualità. Senza se e senza ma. Un ma però c’è.

Ritorniamo infatti al processo di essiccazione della pasta. È esattamente in questo frangente che possiamo ricercare la qualità del prodotto. Diventa una sorta di cartina tornasole per capirne tutto il processo produttivo e valutare anche la bontà del grano utilizzato.

Esistono tre tipologie di essiccazione. Quella a ciclo lento (tra le 24 e le 72 ore) con temperature che non superano i 50 gradi, quella ad altissima temperatura (8 – 10 ore) fino a 80 gradi e quella ad altissima temperatura (2 – 4 ore) con temperature che superano i 100 – 120 gradi. Il primo ciclo è parecchio lungo e solo un grano di altissima qualità può permetterselo. Le temperature infatti mantengono inalterate la struttura del glutine, mentre quelle più alte cambiano sia il sapore che i valori nutrizionali.

Ovvio che, nelle lavorazioni industriali, risulta più conveniente diminuire il processo di essiccazione, perché si riducono costi e tempi di produzione. Ecco spiegato anche il motivo per cui le paste artigianali costano tanto rispetto a quelle più commerciali.

«Ok, però il pacco di penne che ho a casa l’ho pagato 80 centesimi al market e regge bene la cottura, non scuoce». Vero, verissimo. Questo perché per ottenere una pasta al palato risulti al dente basta dosare bene la temperatura di essiccazione, anche se sono state utilizzate semole scadenti (grandi quantità di proteine con glutine poco tenace e poco elastico). Innalzando infatti i gradi durante questa fase, il glutine riesce a trattenete le molecole di amido gelatinizzato, andando a formare un reticolo fortemente strutturato. Questo però a discapito anche delle proprietà nutrizionali: le vitamine in essa contenute diminuiscono sensibilmente e la lisina (l’aminoacido che ne permette la sua digeribilità) si riduce. La pasta non è di qualità eccelsa, ma a noi sembrerà perfetta quando la scoleremo per farla saltare in padella.

Siete sicuri adesso di saper scegliere la pasta “giusta”? Noi qualche aiutino ve lo abbiamo dato. Ci vuole il tempo giusto, anche per essiccare la pasta. Forse, nel racconto culturale e gastronomico che facciamo della nostra tradizione, questo dettaglio andrebbe messo in grassetto. Anche nelle etichette.

Questo articolo fa parte del dossier su “Il valore del tempo”, il tema del Festival di Gastronomika 2023 che si terrà a Milano dal 21 al 22 Maggio.
Per informazioni puoi leggere qui.

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