La macchina del Pnrr italiano rallenta, tra cantieri fermi, obiettivi del trimestre lontani e una nuova governance che ancora deve essere approvata. Ci sono in ballo ancora sedici miliardi di euro della tranche di metà 2023.
Da Bruxelles ancora non è arrivato l’ok sui cinquantacinque obiettivi del Piano consegnati a dicembre, quello che dovrebbe sbloccare il terzo versamento da diciannove miliardi. L’attesa è giustificata: i tecnici di Bruxelles stanno cercando di trovare una quadra in dossier poco chiari come quelli sulla concorrenza o le concessioni portuali.
Nell’attesa, spiegano Rosaria Amato e Filippo Santelli su Repubblica, «l’avvicinamento al prossimo traguardo di giugno – rata da sedici miliardi – si annuncia già in salita. Entro la metà dell’anno l’Italia deve completare ventisette tra “milestone” e “target”. Di questi, quindici vanno centrati entro il 31 marzo». E al momento nessuno è stato pienamente raggiunto, secondo il monitoraggio indipendente di Open Polis.
Il target più delicato è la riforma chiave del Codice degli appalti, che dovrebbe andare in Consiglio dei ministri per l’ok definitivo la prossima settimana, ma non entrerà in vigore prima del 2024 per evitare disordine nella transizione tra regimi. Un rinvio che si accumula ai ritardi.
Le difficoltà italiane con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, non vanno prese sotto gamba. «Un problema non sufficientemente al centro delle nostre preoccupazioni», aveva detto lunedì il commissario europeo Paolo Gentiloni.
Un attacco al governo arriva anche dai sindaci, spesso indicati come i responsabili dei ritardi, che hanno assicurato «al ministro Fitto che tutte le città metropolitane sono in linea con i progetti», come ha detto il sindaco di Bologna Matteo Lepore.
I comuni stanno ancora aspettando dal ministero dell’Economia la revisione dei prezzari: avrebbe dovuto concluderla entro il 15 febbraio. E non solo. C’è poi il caso asili nido: «Il ministero – ha detto a Repubblica Veronica Nicotra, segretaria generale dell’Anci, l’associazione dei Comuni – avrebbe dovuto pubblicare le graduatorie a giugno e invece le ha fatte uscire il 16 agosto, in tutto ha impiegato otto mesi per l’istruttoria, e ora in quattro mesi i Comuni dovrebbero aggiudicare i lavori? Non ce la faremo mai se i ministeri non agiscono con la stessa solerzia che ci chiedono».
Per i Comuni piccoli gli ostacoli alla realizzazione dei progetti sono ancora maggiori, ammette Franca Biglio, che presiede l’associazione che li raggruppa: «Spesso hanno un solo dipendente, che magari dividono con un altro Comune. E poi per erogare le risorse lo Stato ci chiede una fattura quietanzata, ma come si fa? Noi non abbiamo in cassa che poche decine di migliaia di euro. Dovrebbero darci le risorse a fronte della fattura. Non vogliamo rinunciare al Pnrr: noi siamo il motore del Paese».