Le dovute differenzeIl putinismo della destra e il collaborazionismo della sinistra che fa propaganda per l’aggressore

Le simpatie e gli interessi dei Berlusconi e dei Salvini per l’autocrate russo sono indecenti, ma chi è diventato il megafono della propaganda del Cremlino ha dichiarato guerra a noi stessi

AP/Lapresse

C’è una differenza enorme tra il putinismo che via via è andato sbrigliandosi a destra, nel cedimento delle inibizioni che l’evidenza delle colpe e lo scandalo iniziale degli eccidi frapponevano alla voglia matta della soluzione finale, con un governo di persone perbene messo al posto di quello dei drogati e degli omosessuali di Kyjiv; una differenza enorme, dicevo, c’è tra quel riformularsi in progress e sempre meno verecondo delle antiche predilezioni amicali e affaristiche di Berlusconi e Salvini, da un lato, e il collaborazionismo pacifista che dall’altro lato, e ormai da un anno, si è fatto ripetitore della propaganda degli aggressori e ha trovato nella guerra all’Ucraina l’occasione per riaffermare una dopo l’altra tutte le proprie qualità essenziali – il ripudio della verità e il richiamo invincibile a farne contraffazione, l’odio irriducibile verso la libertà e verso l’ambizione altrui di difenderla, l’estraneità aggressiva e budellare alle ragioni del diritto e la pretesa di vederle sostituite dalla regola della forza che a fin di bene, a fin di giustizia, a fin di pace, si impone con i massacri, con gli stupri e con le deportazioni sugli intollerabili vagheggiamenti di democrazia degli insubordinati al dovere morale della resa.

Non è la stessa minestra. Le simpatie e gli interessi che legano certuni ai plenipotenziari di quel sistema autocratico hanno lo stesso effetto del pacifismo collaborazionista, ma di quest’ultimo non condividono la causa per così dire costituzionale, l’origine sistematica, l’attitudine a farsi programma politico. La t-shirt con il profilo del denazificatore non ha la portata, né l’intenzione, della vignetta che raffigura Volodymyr Zelensky col braccio fasciato di svastica. Lo sproloquio sulla guerra che comincia per le avidità territoriali ucraine non ha il significato, né l’obiettivo, delle teorie cospirazioniste che l’accademia malvissuta ha messo in scena in un anno di teatro sui crimini dell’occidente.

Sono differenze che non descrivono differenti gradi di colpa, anche perché quelli che ne sono rispettivamente portatori si consorziano in un fronte comune, come abbiamo constatato recentemente. Ma sarebbe un errore capitale considerarle una stessa cosa. Una è complicità da clan, una specie di favoreggiamento parentale, l’altra è la guerra aperta a tutto ciò che dovremmo essere e rappresentare.

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