Lacrimogeni, cassonetti in fiamme e centinaia di arresti. I primi scontri in Francia si sono registrati nei pressi dell’Assemblée Nationale a Parigi tra la polizia e le persone arrivate subito per protestare contro la mancata sfiducia al governo per soli nove voti.
La mozione di censura contro il governo di Elisabeth Borne ha raccolto, infatti, 278 voti: ne mancavano soltanto nove per raggiungere la maggioranza assoluta. Il governo quindi resta in carica, Emmanuel Macron è salvo e di conseguenza la sua riforma delle pensioni che innalza l’età pensionabile minima da 62 a 64 anni. Dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1 settembre, ma il dibattito all’Assemblea nazionale è stato segnato da urla e contestazioni violente. E nelle prossime settimane e mesi si intensificheranno la protesta e le mosse legali degli oppositori per impedire l’entrata in vigore della legge.
Manifestazioni spontanee nella serata di ieri si sono viste anche a Strasburgo, Lione, Tolosa, Digione e Lille. Oltre 140 persone sono state fermate a Parigi. A Lione, circa 500 manifestanti, molti dei quali giovani, si sono radunati intorno in Place Guichard e hanno attaccato la polizia lanciando oggetti, prima di disperdersi in diversi gruppi in diversi quartieri.
Si prevede che nelle prossime ore la rabbia e la mobilitazione cresceranno, al di là della giornata di scioperi e cortei già dichiarata per giovedì 23 marzo. Per questa mattina è stato organizzato un vertice all’Eliseo tra Macron, la premier Elisabeth Borne e i leader della coalizione di governo.
I sindacati uniti e i partiti di opposizione non intendono arrendersi, incoraggiati anche dal margine molto risicato della vittoria del governo. Alla vigilia, si prevedeva che i voti mancanti fossero 20 o 30, e non nove. Sui banchi della Nupes, la coalizione della sinistra radicale, sono apparsi immediatamente i cartelli con scritto On continue (si continua) e RIP, ovvero referendum di iniziativa popolare.
Gli oppositori hanno organizzato un referendum per bocciare una volta per tutte la riforma giudicata ingiusta. La richiesta di indire una consultazione popolare, firmata da 250 deputati e senatori e presentata alla presidente dell’Assemblea Yael Braun-Pivet, è stata inviata alla Corte costituzionale, che ora ha un mese di tempo per esaminarla.
L’altra strada scelta dagli oppositori è il ricorso al Consiglio costituzionale, che dovrà pronunciarsi entro un mese e potrebbe bocciare integralmente o in parte la riforma.
Macron deve ora trovare il modo per placare la contestazione popolare e per uscire da una crisi politica profonda. Il presidente sperava che i Républicains, la destra gollista che non fa parte della maggioranza relativa di governo, avrebbero sostenuto la riforma delle pensioni che sarebbe stata allora il primo passo per un’alleanza più strutturata in Parlamento fino a raggiungere una maggioranza assoluta. Non è stato così: molti di loro hanno votato la mozione di censura contro il governo, arrivando a un passo dall’approvazione.