Volare altoQuali aerei caccia servono all’Ucraina e quali (non) potrà fornire l’Occidente

Kyjiv ha bisogno di un aiuto aeronautico per non soccombere a Mosca nel controllo dei cieli. Ma la donazione da parte dei Paesi europei (e degli Stati Uniti) potrà funzionare solo se c’è uno sforzo collettivo: nessuno Stato da solo potrà fare da solo una grande differenza

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Tutto è cominciato nei cieli del Donbas; è quindi scontato che qualcuno creda che li tutto possa finire. Quasi dieci anni fa il tentativo russo (e separatista) di imporre il proprio controllo su parte dello spazio aereo ucraino si concluse con l’abbattimento accidentale del volo di linea MH-17. La dimensione politica di quell’evento riecheggia oggi nella richiesta ucraina di una fornitura di caccia di produzione occidentale, una questione militare ma con un grande valore simbolico. L’ipotesi di una donazione jet multiruolo è per ora stata accolta in Occidente con un certo scetticismo, anche in Italia: il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago e il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli hanno per ora escluso una fuga in avanti dell’Italia sul tema, additando la difficoltà di fornire sistemi aerei e spiegando che Roma agirà solo in concerto con gli alleati.

Come sta andando la guerra aerea
Eppure, l’urgenza ucraina non sembra ingiustificata. Ovviamente, è difficile giudicare i progressi fatti da Russia e Ucraina per quel che riguarda la guerra nei cieli. Raccogliere informazioni sugli avvenimenti sul campo è già di per sé complicato; farlo in un dominio come quello aereo, dove i dati pur parziali fruibili dai contenuti caricati sui social sono pochissimi, è ancora più complicato. Sappiamo però che l’ultimo anno ha visto una certa evoluzione nel modo con cui invasori e difensori hanno gestito la questione.

I russi non sono riusciti nella prima fase della campagna a distruggere a terra i caccia ucraini e sopprimere radar, basi e difese aeree ucraine, grazie anche a un efficace piano di evacuazione delle forze aeree di Kyjiv. Nonostante questo, l’aeronautica russa ha dalla propria parte la superiorità dei numeri di sistemi impiegati. La Russia dispone di aerei anche tecnologicamente più avanzati di quelli di era sovietica impiegati dall’aeronautica ucraina. È però massiccio uso di sistemi antiaerei a corto e medio raggio da entrambe le parti limita però fortemente la libertà di movimento dei rispettivi velivoli. 

La vita di un pilota da caccia in Ucraina è oggi particolarmente pericolosa. La proliferazione di sistemi antiaerei, fra cui gli S-400 e i BUK M-2 da lato russo e i (pochi) Aspide e NASAMS da lato ucraino, impone agli aerei particolare cautela. Essendo costretti a volare molto bassi per non farsi individuare dai radar avversari, il supporto alle truppe di terra può avvenire solo tramite standoff (quindi il lancio di missili a distanza, da dietro le proprie linee piuttosto che un attacco frontale ravvicinato sopra le posizioni nemiche) e, in generale, restringe le missioni possibili.

Un logoramento a favore della Russia?
Senza la possibilità di ottenere un grado di superiorità aerea sul nemico, entrambe le parti si trovano a dover assumere un approccio piuttosto passivo; per gli ucraini però ciò vuol dire ovviamente anche intercettare missili, droni e bombardieri russi impegnati nella campagna aerea contro le infrastrutture critiche di Kyjiv.

Al netto di ciò, l’aeronautica russa può scommettere sul progressivo consumo dei propri nemici. Le difese antiaeree russe possono minacciare gli aerei ucraini fino a 100km dietro la linea del fronte, mentre gli aiuti occidentali si sono finora concentrati soprattutto sulla fornitura di sistemi più a corto raggio capaci di tutelare di obiettivi strategici.

Il risultato è che i caccia russi possono comunque pattugliare da altitudini superiori di quelli ucraini lo spazio aereo sopra il territorio occupato, anche se come i difensori costretti a voli rasoterra quando operano a portata dei sistemi antiaerei nemici. Nel medio periodo, questa asimmetria potrebbe permettere a Mosca di imporre una superiorità aerea almeno in alcuni settori del fronte per il tempo sufficiente per lanciare offensive locali.

Richieste ucraine e necessità occidentali
Insomma, le richieste ucraine sono dettate da precisi sviluppi in atto sul fronte. Come per altri domini, un impegno credibile alla difesa dell’Ucraina richiederebbe un progressivo passaggio a sistemi alla cui manutenzione e riparazione possono contribuire i paesi Nato. Ciò vorrebbe dire quindi la sostituzione con jet ancora in produzione e ampiamente diffusi, come l’F-16, l’Eurofighter Typhoon e il JAS 39 Gripen. 

Tuttavia, ciascuna di queste opzioni va esaminata attentamente, tenendo conto di un groviglio di elementi che includono sia i requisiti identificati dagli ucraini che le capacità e la disponibilità degli aerei in questione e dei relativi sistemi d’arma e pezzi di ricambio. Altra considerazione fondamentale è la facilità di utilizzo, che determina anche le tempistiche di addestramento dei piloti, ma anche del personale incaricato della manutenzione a terra.

L’ultima variabile è rappresentata dall’effettiva capacità dei Paesi occidentali di fornire sistemi in buone condizioni senza impattare l’efficacia delle proprie aeronautiche e lasciare dei vuoti nei propri apparati di difesa aerea.

Esaminiamo quindi i tre principali modelli di caccia considerati per un’eventuale donazione all’Ucraina.

L’Eurofighter
L’Eurofighter, in dotazione a cinque aeronautiche europee, incluse quelle di Italia, Spagna, Regno Unito e Germania, è il risultato di un grande programma di cooperazione fra questi Paesi e a oggi uno dei caccia da superiorità aerea più diffusi sul continente. Si tratta di un sistema avanzato e molto capace, in grado di dare del filo da torcere anche alle più avanzate fra le controparti russe. Era anche il sospettato principale quando a febbraio il Primo ministro britannico Rishi Sunak aveva incaricato il suo Ministro della difesa, Ben Wallace, di esaminare quali aerei da combattimento Londra potesse fornire all’Ucraina. Gli Eurofighter sono sistemi meno complessi del ben più costoso F-35 e sarebbero l’unica opzione realisticamente sul tavolo per un’ipotetica fornitura da parte di Londra.

L’Eurofighter rimane tuttavia un aereo complicato da manutenere e richiederebbe con ogni probabilità una presenza di contractor occidentali per assistenza in loco. Lo stesso Wallace ha già cercato di rimediare alle prime dichiarazioni provenienti da Downing Street spiegando che, visti i requisiti ucraini, l’opzione più pragmatica nel breve termine sarebbe la fornitura di missili a lungo raggio e droni – utili per garantire supporto aereo alle truppe di terra e facilmente impiegabili. Secondo il ministro, infatti, la fornitura di aerei da combattimento sarebbe un prospetto realistico soltanto in un’ottica di lungo termine e dunque di deterrenza dopo la fine del conflitto.

F-16 e Gripen
L’F-16, sistema americano progettato inizialmente negli anni ’80 e utilizzato anche da diverse aeronautiche europee, è fra i candidati principali per un trasferimento agli ucraini anche perché molto più diffuso di qualsiasi equivalente europeo. Una maggiore diffusione porta chiari vantaggi rispetto alla disponibilità dei pezzi di ricambio e componenti, indispensabili per poter garantire l’operatività degli aerei.

Tuttavia, qualsiasi mossa europea a riguardo necessiterebbe di un’autorizzazione da parte di Washington che, almeno nell’immediato, sembra distante. Anche gli Stati Uniti restano infatti riluttanti rispetto alla fornitura di caccia. Come praticamente tutti i Paesi Nato, farebbero fatica a privare le proprie forze aeree di mezzi indispensabili per la sicurezza nazionale in un clima di riarmo post-Guerra fredda – specialmente nel breve periodo.

Sulla carta, il terzo candidato potrebbe essere il più adatto a rispondere ai requisiti dell’aeronautica ucraina: il Gripen, prodotto dalla svedese Saab. Questo caccia è stato progettato per operare non da poche, grandi basi aeree come quelle delle potenze militari della Nato, ma da una rete di piccole basi distribuite sul territorio.

Di conseguenza, tutti gli equipaggiamenti necessari per il supporto a terra e la manutenzione e riparazione sono adatti a una dottrina sviluppata dagli svedesi per contrastare la superiorità numerica dei russi in caso di conflitto. Il Gripen, inoltre, è compatibile con i missili aria-aria europei Meteor a lungo raggio, ideali per ingaggiare i caccia russi da posizioni arretrate rispetto alle difese aeree russe. Eppure la Svezia, spaventata dalla deriva russa al punto da porre fine a una politica di neutralità durata due secoli, sembra non essere nella posizione di privarsi anche di un piccolo numero di Gripen nel breve termine, a prescindere dalle carenze di piloti e personale specializzato. 

L’imperativo: agire insieme
La ricerca di una soluzione praticabile alle richieste di Kyjiv deve evitare di cadere nella tentazione di vedere ogni opzione come un singolo aereo con le relative prestazioni. Bisogna invece parlare di veri e propri ecosistemi che includono sì le prestazioni del singolo aereo, ma anche le caratteristiche dei relativi sistemi d’arma come anche la reperibilità degli stessi, oltre che delle strumentazioni e componenti necessarie per manutenere tutto l’insieme in maniera sostenibile. 

In definitiva, la posizione del governo italiano ha del vero: un aiuto aeronautico non potrà che essere orchestrato con gli alleati. Le preoccupazioni della Difesa britannica sono verosimilmente simili a quelle che esprimerebbe Via XX Settembre, e anche il nostro Paese è soggetto a vincoli tecnici simili. Una donazione di aerei può funzionare solo se c’è uno sforzo collettivo: nessun Paese si trova attualmente in grado di fare da solo una grande differenza. Ma nulla vieta alle capitali europee, Roma compresa, di elaborare un piano preciso, con un orizzonte più a lungo termine rispetto all’immediato, che potrebbe dare qualche frutto. L’imperativo, in ogni caso, è che gli alleati si muovano insieme.

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