C’è voluto l’intervento di Gianfranco Fini per richiamare all’ordine gli esponenti di Fratelli d’Italia che da settimane dichiarano tesi contrastanti sull’importante del 25 aprile, la Festa della liberazione dal nazifascismo. Il fondatore di Alleanza Nazionale e padrino politico di Giorgia Meloni, guidò nel 1995 la svolta di Fiuggi: il congresso in cui l’allora Movimento Sociale italiano decise di abbandonare per sempre i riferimenti ideologici al fascismo. «Spero che Giorgia Meloni colga questa occasione per dire senza ambiguità e reticenze che la destra italiana i conti con il fascismo li ha fatti fino in fondo quando è nata Alleanza nazionale», ha detto domenica nella trasmissione Mezz’ora in più di Lucia Annunziata.
Secondo Filippo Rossi, leader de La Buona Destra, si tratta di un blocco psicologico: «Questa destra, trova il filo conduttore solo nell’essere erede di quel mondo lì, dell’Msi, del neo o post-fascismo. L’ho conosciuto, il mondo della Destra giovanile in cui si è formata Giorgia Meloni. Era nostalgica non del fascismo ma degli anni ’70: ed è rimasto quel senso di appartenenza, di comunità. Oggi quel retaggio impedisce di andare avanti», spiega in una intervista a Repubblica. Un paradosso politico, visto che molti esponenti di Fratelli d’Italia hanno già ricoperto ruoli istituzionali, lo stesso presidente del Senato Ignazio La Russa è stato ministro della Difesa dal 2008 al 2011.
Più ottimista l’ex presidente della Camera Luciano Violante che in una intervista al Corriere della Sera spiega che «destra e sinistra non sono più le grandi categorie novecentesche, unificanti del pensiero e dell’agire politico. Sono arcipelaghi. Esistono più destre e più sinistre. Giorgia Meloni deve tenere unito il proprio elettorato, allontanare gli estremisti e costruire un futuro privo di nostalgie, di razzismi, di ignoranze. È un compito difficile, ma esistono le condizioni soggettive e oggettive perché il progetto riesca».
Per Violante rimane però il problema delle dichiarazioni controverse degli esponenti di Fratelli d’Italia delle ultime settimane sul 25 aprile che minano la credibilità delle istituzioni: «Sono i comportamenti inadeguati di poche persone, con responsabilità istituzionali, che danneggiano la credibilità dell’Italia e vengono utilizzate dai nostri competitori sulla scena internazionale. Dovrebbero rendersene conto».
Sempre sul Corriere della Sera l’ex sindaca di Milano Letizia Moratti propone di riscoprire il valore del 25 aprile ripartendo «dalle città e dalle valli liberate una dopo l’altra dai partigiani e dichiarate allora repubbliche per riprendere il filo di questa storia e far riscoprire il concetto di libertà e il significato della conquista della repubblica democratica a chi ancora fa fatica a coglierlo. E si tratta di un momento glorioso, patriottico».
Da candidata sindaca del centrodestra, Letizia Moratti fu contestata per aver partecipato al corteo milanese del 25 aprile del 2006, assieme al padre Paolo Brichetto Arnaboldi, ex partigiano, deportato a Dachau: «È triste che, mentre divampa una guerra per la libertà alle porte dell’Europa, non si riesca a cogliere il significato profondo del 25 Aprile, che invece andrebbe celebrato da tutti, come il 4 luglio negli Stati Uniti».