Il frutto della vite4,2 giorni per potare un ettaro di vigna

La cura di un vigneto è un lavoro lento, richiede rispetto e profonda conoscenza delle leggi della natura, ma può portare benefici che vanno oltre il risultato in bottiglia, come dimostra il progetto di solidarietà “Strade del vino dell’Ucraina”

Foto di Juan Pablo Serrano Arenas su Pexels

La terra detta i tempi. Il passare delle stagioni. Il mutare delle temperature e dei paesaggi. L’agricoltura simboleggia in qualche modo la forza della natura a cui l’uomo si deve piegare. Quasi in segno di rispetto. I vignaioli lo sanno bene. Le viti vanno conosciute, capite e coccolate. Hanno un equilibrio, che è strettamente connesso al concetto di tempo. Il loro ciclo infatti è circolare. Durante l’inverno dormono, in primavera cominciano a svegliarsi, per poi germogliare e fruttificare. E il loro viaggio ricomincia daccapo, con un legame, fortissimo, con l’anno precedente. Tutto è collegato, in un tempo che risulta infinito e interconnesso. La potatura delle vigne, ad esempio, condiziona quello che sarà il germogliamento in primavera. Ed è un lavoro da fare con attenzione e dedizione. Di solito, per potare un ettaro di vigna, ci vogliono circa 4,2 giorni. È una media, perché varia in base alle forme: per quelle a cordone libero servono più o meno 60 ore, per la pergola trentina anche 140.

Tempo e terra. Due concetti, due parole, che ci portano dritti ad un calice di vino, a quel liquido in grado di risvegliare ricordi, emozioni e di farci viaggiare. Anche in luoghi molto lontani da quelli a cui apparteniamo.
L’Italia in questo è terra maestra. Il vino e la cultura enologica ci ha portato per il mondo, in tavole distanti da noi, in cantine che parlano lingue diverse. Se prendiamo come esempio lo scorso anno, possiamo toccare con mano i traguardi raggiunti da questo settore. Quasi 8 miliardi, sono gli euro con cui si sono chiuse le esportazioni di vino italiano nel 2022, secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv, Ismea e Vinitaly.

E proprio al Vinitaly si è parlato di un nuovo viaggio del vino, solidale e di rinascita. Con un focus, organizzato in occasione della 55esima edizione della manifestazione veronese, per provare a dare un sostegno pratico all’Ucraina martoriata dalla guerra.
“Strade del vino dell’Ucraina” è infatti il nome del progetto, nato dall’appello lanciato da Olena Motuzenko, presidente della rete nazionale enogastronomica turistica delle Strade del vino e gusto dell’Ucraina e visiting professor Università Iuav di Venezia, e proposto dall’associazione Città del Vino. Buone pratiche che prendono il volo: l’idea nasce da un lavoro realizzato dall’Iuav di Venezia, che ha provato a costruire un piano strategico per recuperare i territori distrutti dal conflitto, attraverso la messa in opera di azioni solidali per valorizzare il turismo enogastronomico ucraino e la ripresa della produzione di vino. «Un progetto che concretamente è in grado sostenere i piccoli produttori ucraini martoriati dal conflitto, partendo dalla cultura, dal paesaggio e dalla produzione vitivinicola: importante per molte aree rurali, essere pronti per ripartire dal punto di vista sociale ed economico. Pensate che le bottiglie che erano custodite nelle cantine dei produttori nel Sud del Peese sono state consegnate all’esercito per diventare molotov, fin dall’inizio del conflitto. Una situazione davvero difficile, ma occorre iniziare subito un’azione di sostegno, senza aspettare la fine della guerra», ha evidenziato la professoressa Motuzenko.

Tra le pagine di Gastronomika ne abbiamo già parlato: l’Ucraina negli ultimi anni ha riscoperto un territorio fertile per le vigne, con una produzione totale, prima della guerra di 1,33 milioni di ettolitri e un’attenzione sempre maggiore alle etichette locali. Ora i produttori si divino tra coloro che sono partiti al fronte, tra chi resiste in cantina e prova a produrre per sostenere emergenza e soldati e chi invece si è trovato tra le mani solo un pugno di macerie.
«Si tratta di dare una risposta immediata, forte e concreta, ai tanti territori rurali compromessi dagli eventi bellici sulla scorta della solidarietà verso questo Paese e sulla base delle esperienze e professionalità sviluppate in questo settore» ha infatti sottolineato il presidente di Città del Vino, Angelo Radica.

Tante le proposte, le idee per cercare di trarre dalla terra la forza necessaria per ricostruire un paese ferito. Al Vinitaly c’è stato un accordo, un gemellaggio firmato in questa direzione. Ciò che ci si propone di fare è di andare oltre Venezia e «di allargare questa visione a tutta l’area regionale, coinvolgendo territori, Strade ed istituzioni, attivando confronti concreti tra produttori in chiave enogastronomica e turistica, creando legami, sinergie e progetti di solidarietà, cosa fatta in passato anche per altre realtà come le Cinque Terre a seguito delle devastazioni causate dei violenti nubifragi; in quel caso si sono messe in moto una serie di azioni virtuose a livello internazionale per il recupero delle aree terrazzate e dei muretti a secco» ha spiegato anche Giovanni Verzini, consigliere nazionale di Città del Vino.
Piccoli passi, ma importanti. Che si legano forse ancora di più a quella circolarità del tempo a cui le vigne fanno da specchio.

Questo articolo fa parte del dossier su “Il valore del tempo”, il tema del Festival di Gastronomika 2023 che si terrà a Milano dal 21 al 22 Maggio.
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