Pasqua in tavola Il cibo come simbolo di rinascita

La tavola a Pasqua si veste di significati profondi, che rimandano alla cultura cristiana e non solo. I riferimenti alla tradizione ebraica si fondono con i miti pagani che celebravano nell’inizio della primavera lo sbocciare di una nuova vita

Foto di Tim Mossholder su Unsplash

Le uova sode e l’insalatina novella nell’antipasto, la carne di agnello o di capretto, la colomba o la pastiera come dessert, e poi le uova di cioccolato. E ci sono ancora tanti elementi, diversi da regione a regione: il menu di Pasqua è un mosaico di tradizioni e di simbolismi, di rimandi talvolta evidenti, talvolta sottili e nascosti, al tema cristiano della Resurrezione o a quello, più antico e pagano, della rinascita della natura.
Quando addentiamo il soffice lievitato, raramente ci soffermiamo a pensare al Diluvio universale e al biblico approdo dell’Arca di Noè, ma tutti sappiamo che la colomba, ritornata portando nel becco il rametto di ulivo, è da sempre il simbolo della pace e della riconciliazione fra il Dio e l’uomo.

Ancora più nascosto è il significato dell’uovo di cioccolato, chiuso nella sua perfetta forma come una sorpresa: proprio in questa forma, regolare e impeccabile, è la prima chiave di lettura della sua simbologia, ma dalla forma bisogna sempre passare alla sostanza. E la sostanza di un uovo è quella di portare nuova vita, di schiudersi e rivelare il prodigio della nascita. Per questo sono presenti nei riti funebri di moltissime civiltà del passato. Chiuse, le uova hanno l’aspetto di sassi, come quel masso che chiudeva il sepolcro di Gesù; e come quel masso si sarebbe aperto al passaggio del Risorto, le uova si schiudono per lasciar uscire una nuova vita. Per questo i primi Cristiani le dipingevano di rosso, a rappresentare il sangue di Gesù, o le decoravano con croci e altri disegni che divennero sempre più complessi; una tradizione radicatissima nei Paesi cristiani d’Oriente. Ma anche qui in Italia tanti bambini ancora oggi si divertono il Sabato Santo a decorare le uova sode, che verranno portate in tavola il giorno dopo. Quello che in origine era, dunque, soltanto un normale uovo sodo con il guscio decorato, è diventato poi l’uovo di cioccolato tanto amato dai bambini di tutte le età, per il gusto del cacao ovviamente, ma anche per il piacere della sorpresa che contiene, ulteriore rimando al contenuto vivificante dell’uovo.

E con il cioccolato si preparano in occasione della Pasqua anche graziosi coniglietti: ma non sono semplicemente carini, e non nascono semplicemente guardando al fatato mondo delle fiabe. Anche il coniglio ha alle spalle una storia molto antica, nata e radicata fra le popolazioni del Nord Europa (specie fra i Sàssoni) che lo hanno portato con sé, insieme ad altre tradizioni, nella loro secolare espansione nelle terre del Continente e da qui anche al di là del mare e dell’oceano. Proverbiale simbolo di fertilità, il coniglietto (Easter Bunny o Osterhase), era un gentile abitante delle campagne che, alla fine del lungo e gelido inverno nordico, si trasformava in una sorta di Babbo Natale in versione primaverile e portava piccoli doni ai bambini. Passato dal Nord Europa alla Germania e all’Inghilterra, attraversò l’Atlantico per arrivare negli Stati Uniti e da qui è tornato indietro per approdare, con l’aiuto di cartoni animati e film, anche dalle nostre parti.

Altro elemento immancabile sulle tavole di Pasqua è il pane. Il ricordo dell’Ultima Cena di Gesù rivive nella Settimana Santa, e in tutto il mondo cristiano il gesto di spezzare il pane assume un significato di profonda religiosità. Così in Italia e in Europa si preparano decine di tipologie di pani rituali, dalle forme fantasiose, spesso arricchiti con ingredienti come uova e verdure: spinaci, insalate novelle, asparagi, tutti gli ortaggi di primavera raccontano il risveglio della natura. In questa tradizione il salato e il dolce spesso sfumano, e si trovano specialità preparate in entrambe le versioni, come il fiadone abruzzese.
E in Abruzzo si può assaggiare anche la pupa di pasqua, bambola di pasta di mandorle; in Calabria la pizza alla ricotta e la sguta, un pane che racchiude un uovo; nel Friuli-Venezia Giulia la pinza, dolce lievitato, e il presnitz, modellato, secondo la tradizione, sulla forma della corona di spine; nel Lazio i calascioni, mezzelune di pasta da pane farcite, e la pizza ricresciuta, ricca di ricotta; in Liguria la celeberrima torta pasqualina e in Sicilia i “cuddure cu l’ova”.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ricordando che in queste antichissime ricette nulla è lasciato al caso, e tutto, dalla forma agli ingredienti, ha un preciso significato. Ne è un esempio la pastiera, vero e proprio compendio di simbologie. Si racconta infatti che il dolce sia stato ideato da una suora che voleva creare un piatto tale da rappresentare tutte le simbologie legate al mistero pasquale. Preparò così una torta che, nella forma perfetta di un cerchio, contenesse il grano, che ogni anno viene seppellito nella terra per poi rifiorire; le uova, portatrici di nuova vita; l’acqua di fiori di arancio, che profuma di primavera; la ricotta, che rimanda all’agnello, vittima innocente, con il suo candore.

E l’agnello, oggi al centro di tante polemiche, è il vero protagonista della Pasqua in tavola in tante regioni italiane, cucinato in decine di modi diversi, al forno o aggrassato, in tegame o alla griglia. Per il suo candore è in tutte le culture la vittima innocente, sacrificio gradito alla divinità, citato nei testi classici come nei versetti della Bibbia. L’uccisione dell’agnello è un rito diffuso in tutte le civiltà antiche. E per i Cristiani l’agnello è figura del Redentore, simbolo di resurrezione, cuore vero della Pasqua. Difficile trovare un’alternativa vegetariana? Forse, ma non impossibile, guardando, appunto, al valore racchiuso dalle primizie dell’orto, che come tutta la natura, ogni anno, si risveglia in primavera.