Ce sta o’puccettone fuoriIl dramma di aver fatto credere alla gente che avere un figlio non deve cambiare le abitudini di vita

Il popolo di Twitter si è messo in testa di doversi lamentare sempre dei bambini degli altri, ai concerti, al ristorante o in aereo, e spesso ritiene anche di avere idee progressiste su come si faccia il genitore. L’unica verità è che se hai un neonato non puoi far finta di non averlo

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Un paio di settimane fa sono andata a vedere un concerto al Forum, ma non è questa la notizia. Qualche posto più in là c’era una coppia di genitori con un bambino che avrà avuto sei o sette mesi. Era il ritratto dell’artista Apple Martin da giovane in braccio a sua madre Gwyneth Paltrow durante un concerto di suo padre Chris Martin, mentre qua si stava al secondo anello in un palazzetto ad Assago in provincia di Carrefour.

Questo bambino non ha sentito mezza nota, e con lui nemmeno mamma e papà: facevano a turno per tenerlo in braccio e fare avanti e indietro, tra sessantenni ubriachi che suonano nella tribute band dei Pink Floyd, nuovi ceppi di streptococco nell’aria e un altissimo rischio che il bambino volesse buttarsi di sotto per prendere il maiale gonfiabile.

Perché portare un bambino così piccolo che non sa, non sente e non parla in mezzo a dei sosia di Roger Waters? La mia risposta è: per farsi le foto. Ora, siccome l’eterno ritorno dell’uguale non è un concetto filosofico ma la natura di Internet, sono due o tre giorni che sui social si parla dei bambini che escono di casa e si permettono di andare in vacanza, in treno o al ristorante.

Incredibile, non è vero? Questa polemica è più ridicola delle altre perché, guarda un po’, i neonati andranno lo stesso nei ristoranti, piangeranno ugualmente in aereo, vi sposteranno i nervi anche se non lo vorrete: non li potete arrestare, ce sta o’puccettone fuori, spiace.

Ci sono molte cose da dire: innanzitutto, è un caso che questi bambini dei miracoli cresciuti dal Maligno li incontrino solo quelli di Twitter? Io credo di no. La verità è che dovrete subire sempre, comunque e dovunque: subirete, ma continuerete a postare la foto della biblioteca nel Vermont dove c’è anche un recinto per tenerci i bambini e a dire quanto sono bravi, quanto sono illuminati, che grande aiuto per le mamme, e a retwittare gli articoli con il professore che durante la lezione tiene in braccio il figlio di una studentessa, che bravo professore, che civiltà, per non parlare di quelle e quelli che si portano il neonato in Parlamento o all’Onu, quelli sono i più bravi di tutti, un esempio, dei visionari, è proprio così che ci daranno gli asili gratis.

L’importante è sentirsi giusti e progressisti, far finta che tutte queste cose vadano bene mentre una famiglia che porta un bambino al ristorante no. Ecco, adesso provate a fare lo stesso discorso mettendo “cani” al posto di “bambini”: la gente verrà a mangiarvi la faccia se provate a dire che i cani non dovrebbero stare al ristorante.

Forse c’è l’inverno demografico per colpa di Twitter e di quelli che non vogliono i bambini nei ristoranti? O è colpa dei cani? In questa polemica è stato tirato in mezzo di tutto: la depressione post partum, il femminismo, i diritti dei lavoratori, la psicologia, la neurologia, l’astrofisica.

Parte della rovina è stata far credere che avere un figlio non deve cambiare le tue abitudini di vita: non è vero, perché se hai un neonato non puoi far finta di non averlo. A qualcosa si rinuncia sempre, e viverlo come se ci stessero privando dei diritti civili è una cosa totalmente imbecille. Ci sono tre grandi filoni narrativi: quelli che non bisogna rinunciare a niente, quelli che ti dicono che devi rinunciare a tutto, quelli che a loro non capiterà mai, a cui do appuntamento tra un paio d’anni sempre su Twitter. È che niente di tutto questo è vero perché è un gioco delle parti, è la stessa cosa del chiedere chi deve pagare tra l’uomo e la donna a cena o quante volte si cambiano le lenzuola a settimana. Purtroppo, la premessa è sempre stata che nessuno ha il diritto di giudicare, ma pare che questa regolina valga solo se la persona in oggetto è d’accordo con noi, altrimenti può pure crepare.

Ci sono quelli che dicono che mettono i bambini davanti a un tablet, che è legittimo, però poi arrivano quelli che anche quando i bambini non rompono i coglioni non va bene, e non si capisce con quale diritto uno si mette a dire «eh ma il tablet no, eh ma si rovina il cervello, eh ma ai miei tempi c’erano i pastelli di legno».

E tutti i discorsi sulla libertà che inizia dove finisce la tua o la mia o qualcosa del genere? Mica vorrete giudicare? Ah già. Qualche giorno fa qualcuno ha fatto circolare il video TikTok di una mamma che elencava le dieci cose che non avrebbe comprato al suo neonatino: il mangiapannolini, il ciuccio, il biberon, il baby monitor, le salviettine e credo anche il motorino. La signora è stata irrisa e si è messa in piedi una Norimberga come se di questo bambino dovessimo occuparcene noi.

Ah già: questi sono i danni incalcolabili che sono stati fatti nel prendere in giro le “pancine”, bollarle come povere sceme e non come delle donne a cui qualcuno, che sia un pediatra, un’ostetrica o la nonna, ha detto che era meglio così. Però mi raccomando, che si continui a scrivere che per crescere un figlio ci vuole un villaggio: la verità è che io non vi darei in mano nemmeno una bambola, o un cane.

C’è una cosa, però, che andrebbe detta: le mamme devono uscire di casa. Negli ultimi anni si dice loro di dormire quando dorme il bambino, di allattare a richiesta, di essere genitori ad alto contatto, e questo fa sì che ci si chiuda in casa. Ci si chiude in casa perché si ha paura che il bambino pianga in strada o al bar, o di dover allattare in pubblico, e allora tanto vale stare in salotto. Per carità di Dio, uscite.

Se incontrate uno di quelli di Twitter che vi guarda male perché il bambino piange potete sempre tirarlo sotto col passeggino. Uscire di casa ha salvato più mamme della penicillina, e se il bambino piange, ad un certo punto smetterà.

L’altro giorno mio figlio in mezzo alla strada ha fatto una sceneggiata che nemmeno Anna Magnani, piangeva, e un’anziana signora gli è andata vicino e ha iniziato: ma guarda che lacrimoni, ma non piangere, ma che cos’hai. Invece che filmarla, invece che fare la telecronaca su Twitter, le ho detto, testuale: «Signora, ma lei lo sa che chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni?». Mio figlio, sgomento, ha smesso di piangere e l’anziana signora se n’è andata, verso una luminosa e lunghissima aspettativa di vita. Come vi dicevo, quello che vi salverà è avere un brutto carattere, mica i buoni di Twitter.