Ottavo collePerché Milano è una Roma che ce l’ha fatta

Una nuova ed esilarante rubrica de Linkiesta Eccetera, a cura del nostro (segretissimo) inviato romano trapiantato nel capoluogo lombardo

I milanesi, intesi come abitanti della città che sulle mappe è per chiarezza denominata Milano e non come categoria dello spirito dagli stessi a un certo punto inventata, i milanesi, dicevo, non se ne sono ancora accorti. Oppure, semplicemente, fanno finta di nulla cercando di simulare uno svenimento come gli opossum. Ma Milano sta subendo quella che rischia di rivelarsi una vera modificazione genetica del loro Dna di seta e velluto. 

Si tratta della roman invasion, l’afflusso massiccio di abitanti della capitale, che qui arrivano per lavoro, per amore, per svojatura. Certo, direte, Milano è da sempre destinazione di una immigrazione interna: nel suo ventre si mischiano umori pugliesi, siciliani, sardi, veneti e toscani. Ma la faccenda con i romani è diversa. 

Perché i romani per natura non sono migranti ma stanziali, e quando si muovono lo fanno con la pretesa di arrivare dalla cittàpiùbelladelmondo e quindi di imporre la loro Weltanschauung, la loro visione del mondo, anzi “der monno infame”. La cosa è interessante e fertile, e potrebbe dare vita a un nuovo modello di italiano, che qui definirò Romanese e di cui chi scrive da anni si offre come laboratorio vivente, come cavia. 

Un mix delle due principali etnie metropolitane del nostro Paese, le due città che – anche grazie al miracolo dell’alta velocità, che ha quasi dimezzato la distanza tra esse – ora si contaminano spesso e soprattutto volentieri, creando – nelle per fortuna ancora vive differenze – affascinanti mix che possono essere fecondi per entrambe.

La vera differenza con il passato, quando i romani che sbarcavano a Milano con il broncio di chi è sbattuto fuori dalla festa sul più bello amavano sghignazzare sulla circostanza che «la cosa più bella di Milano è il treno per Roma», è che oggi il capoluogo lombardo è diventato l’ottavo colle (pianeggiante come il décolleté di una modella della Fashion week). 

I romani vengono a intingere i piedi nei Navigli (certo manco un fiume come si deve, a Milano) con il piacere di chi sa che anche qui ormai ci si diverte, di chi sa che si conosce gente (e senza tre “g” davanti), che la nebbia ormai è un incidente, che anche qui si gira con il motorino con gli stessi imprevisti (meno buche, certo, ma molte più rotaie di tram), che alla fine si riesce a parlare non soltanto di fatturato e dané. Che, insomma, Milano è una Roma che ce l’ha fatta. 

Il Romanese è un’etnia in tirocinio, ma promette bene. Integrato ma apocalittico, ci crede il giusto, aderendo ai miti della città-che-dorme-poco (quella che non dorme mai è un’altra, ma l’obiettivo è quello) ma minandoli alla base con il disincanto del luogo d’origine. Un personaggio che in fondo può servire a scoprire meglio Milano svelandone trucchi e infingimenti che la celebrazione permanente della milanesità “atteggiona” non permette di rivelare. Seguitelo in queste noterelle, saprete molto di lui, ma anche di noi e di loro.