La scarsità d’acqua minaccia nuovamente la produzione di chip a Taiwan. Negli ultimi mesi una serie di allerte rosse ha riportato all’attenzione il problema della siccità, a meno di due anni dalla peggiore crisi idrica mai vissuta dall’isola in un secolo di storia. A causa dei cambiamenti climatici, i cicloni sono sempre meno frequenti in Asia Orientale: un problema per tutti nella regione, ma soprattutto per Taiwan, che dipende in gran parte dalle precipitazioni stagionali per il proprio fabbisogno idrico.
Il riscaldamento globale ha reso fenomeni atmosferici come i tifoni meno prevedibili, così gestire le risorse è diventato un affare molto complesso. Anche secondo il rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change delle Nazioni unite del 2022, i cambiamenti climatici stanno modificando i percorsi dei tifoni nel Pacifico, riducendo l’incidenza delle precipitazioni a Taiwan.
Di contro, le industrie di chip hanno sempre più sete. Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (Tsmc), il maggiore produttore al mondo, merita una menzione speciale. I suoi impianti di chip nel Southern Taiwan Science Park consumano da soli novantanovemila tonnellate di acqua al giorno, secondo i dati aggiornati diffusi dall’azienda. Entro il 2027, Tsmc utilizzerà quasi 381mila tonnellate di acqua al giorno: l’equivalente di 1,4 milioni di cittadini taiwanesi.
Man mano che le tecniche di produzione dei semiconduttori diventano più sofisticate, c’è sempre più bisogno di acqua. In base ai dati di Statista, nel 2020, Tsmc e le sue sussidiarie hanno impiegato in totale più di settantasette milioni di tonnellate di acqua. L’emergenza è reale perché a inizio marzo diversi bacini idrici risultavano pieni per meno del venticinque per cento. Il bacino idrico di Tsengwen, la principale fonte d’acqua di Taiwan e bacino fondamentale per il Southern Taiwan Science Park, il 17 marzo era pieno solo per l’11,2 per cento della capacità, stando ai dati del governo.
Wang Mei-hua, ministro dell’Economia dell’isola, ha convocato la prima riunione di emergenza già più di un mese fa e ha promesso che il governo scaverà nuovi pozzi soprattutto al sud. Le città di Tainan e Chiayi hanno imposto restrizioni idriche a partire dal 18 febbraio, mentre l’amministrazione di Kaohsiung ha iniziato a limitare l’uso di acqua la sera a partire dall’8 marzo.
Come se non bastasse, già nel 1999 alcuni studi avevano avvertito del rischio di desertificazione, che si stava allargando oltre i limiti arrivando a spingersi anche al nord urbanizzato. Ammesso che i volumi di precipitazioni fossero normali, appena il venti per cento dell’acqua piovana a Taiwan può essere sfruttata come fonte idrica. Inoltre, i sedimenti occupano quasi un terzo rispetto alla capacità totale di stoccaggio di tutta l’isola. L’acqua a Taiwan costa meno che altrove e le tariffe sono basse, per questo i residenti sono più inclini allo spreco. E con le elezioni presidenziali fissate per il 2024 è abbastanza improbabile che nel breve periodo le tariffe aumentino.
I residenti dell’isola e l’industria high-tech devono però correre ai ripari per preservare la prosperità economica dell’isola. Fornitori come la stessa Tsmc e Innolux si sono dotati di propri impianti di riciclaggio. L’impianto di Tsmc nel Southern Taiwan Science Park è entrato in funzione nel settembre 2022. Negli ultimi anni la siccità a Taiwan ha causato più volte una carenza di semiconduttori a livello globale, ma l’importanza strategica dell’isola non fa che esacerbare il problema della scarsità d’acqua.
La catena di approvvigionamento dei chip è la più vulnerabile al mondo e Taiwan non è il luogo ideale per ospitare siti di produzione essenziali come quelli dove vengono fabbricati e assemblati i semiconduttori, né dal punto di vista geopolitico, né dal punto di vista geologico o meteorologico. La produzione globale di semiconduttori è ristretta a pochissimi Paesi e aziende, e ciò ne aumenta in modo esponenziale la criticità.
Una percentuale di concentrazione da far impallidire anche l’Opec, che controlla il quaranta per cento della produzione di petrolio di tutto il mondo. Se anche uno solo di questi anelli salta, il processo globale può subire interruzioni. Ma l’aspetto più rilevante è che la catena dei semiconduttori può avere ripercussioni su tutte le altre catene di approvvigionamento.
A febbraio 2023, complici le tensioni tra Stati Unita e Cina, le esportazioni di chip verso la Repubblica Popolare e Hong Kong sono diminuite del 31,3 per cento rispetto all’anno precedente, secondo i dati del ministero delle Finanze di Taiwan, superando anche il calo del 27,1 per cento registrato a gennaio. È stato il peggior dato dal 2009, riferisce Bloomberg.
A gennaio, l’amministrazione Biden ha concluso un accordo con Paesi Bassi e Giappone pensato per limitare le esportazioni in Cina di alcuni materiali avanzati necessari alla produzione di chip. A febbraio, la quantità totale di semiconduttori esportati da Taiwan in tutto il mondo è diminuita del 17,3 per cento rispetto a un anno fa. A contribuire al calo è stata anche la delicata situazione di Taiwan, al centro delle tensioni tra Pechino e Washington. Tuttavia, nello stesso periodo, le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno visto un balzo del 22,3 per cento.
Nonostante il calo della domanda mondiale di tecnologia da parte dei consumatori e le tensioni geopolitiche, Taiwan resta insostituibile. Gli investimenti occidentali per diversificare la produzione di chip impiegheranno tempo a realizzarsi. Nel 2022, le esportazioni taiwanesi di chip sono aumentate per il settimo anno consecutivo, segnando un più 18,4 per cento rispetto all’anno precedente e consolidando ulteriormente lo status di leadership di Taipei. Il 2022 è stato anche il terzo anno consecutivo di crescita a due cifre. A rafforzare l’appoggio politico statunitense a Taiwan hanno contribuito certamente le decisioni di investimento di Tsmc, in primo luogo i quaranta miliardi di dollari investiti per due stabilimenti in Arizona, i primi per la produzione di chip avanzati negli Usa.
Nel 2021, gli agricoltori di Taiwan si erano infuriati dopo che le autorità avevano interrotto l’irrigazione per garantire acqua alle aziende produttrici di chip, danneggiando irrimediabilmente i raccolti. Se le interruzioni della produzione legate al clima diventeranno croniche, i giganti della tecnologia potrebbero sentirsi scoraggiati dall’ordinare semiconduttori made in Taiwan, danneggiando così la posizione di Taipei nella catena di fornitura tecnologica globale.
Tuttavia, è anche vero che la priorità riservata fino a questo momento all’industria dei semiconduttori rispetto all’agricoltura riguardo la gestione delle risorse idriche ed energetiche potrebbe compromettere la resilienza dell’isola, e quindi la sua capacità di affrontare la Cina in futuro. Taiwan importa circa il settanta per cento dei beni alimentari dall’estero. Per questo motivo un blocco navale cinese basterebbe a causare una crisi alimentare sull’isola.