Sovranismo ghiacciatoSalvini non fa il nazionalista con Bruxelles solo perché è ancora in ballo il Pnrr

I leader del centrodestra non commentano più in modo piccato le raccomandazioni della Commissione europea perché non hanno idea di come rimodulare il piano di ripresa e resilienza, né come far digerire i tagli dei soldi promessi alle Regioni e agli enti locali

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C’è uno strano silenzio, almeno finora, sull’analisi dei conti pubblici italiani e sulle raccomandazioni fatte l’altro ieri dai commissari europei Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis. Un silenzio non da sovranisti che di solito non accettano/non accettavano, lezioni da Bruxelles, soprattutto quando si tocca il nervo scoperto del programma elettorale che ha consentito al centrodestra di vincere le elezioni, il 25 settembre scorso, e governare con una comoda maggioranza. 

Eppure la Commissione europea, con lo schermo delle motivazioni puramente tecniche, nel suo Country Report affonda la lama sugli effetti della flat tax incrementale introdotta nell’ultima legge di bilancio («solleva preoccupazioni di equità ed efficienza del sistema fiscale»). E poi altri fendenti sull’autonomia differenziata (potrebbe avere «un impatto negativo sulla qualità delle finanze pubbliche italiane e sulle disparità regionali»), sulla delega fiscale, sui prepensionamenti e sul cuneo fiscale da ridurre ulteriormente. Roma non ha intenzione di rivendere i valori catastali e di bandire le gare per le concessioni balneari ma Bruxelles ricorda che «i continui ritardi nell’implementazione delle procedure per assegnare le licenze restano fonte di preoccupazione e comportano perdite di entrate significative».

Vengono colpite delle bandiere della maggioranza, soprattutto della Lega che non può rinunciare all’autonomia differenziata e ha sempre teorizzato la tassa piatta come la panacea di tutti i mali del nostro sistema fiscale. Bandiere che sventolano in vista della prossima legge di bilancio 2024, l’anno in cui ritornano i vincoli del Patto di stabilità, con tutto ciò che ne consegue. Se l’Italia non continuerà con una politica prudente e «modesta» (un termine usato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti), come è stato fatto lo scorso anno, dentro la cornice lasciata da Mario Draghi, dalla primavera prossima potrebbe scattare la procedura di infrazione. Bruxelles consiglia di contenere la spesa netta primaria per far scendere debito e deficit con un aggiustamento strutturale nel 2024: almeno dello 0,7 per cento del Prodotto interno lordo (poco più di tredici miliardi di euro, in linea con il Documento di economia e finanza). 

Tutto questo dovrebbe essere programmato e diventare legge proprio nelle settimane e mesi in cui entra nel fuoco vivo la campagna elettorale per le europee. Il voto è previsto tra il 6 e il 9 giugno. A giocarsi l’osso del collo saranno i leader del centrodestra che non hanno grandi margini di manovra spendacciona. Giorgetti ha promesso a Gentiloni che righerà dritto e su questo ha la copertura della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Bisognerà vedere cosa succederà quando i giri del motore elettorale saranno al massimo, anche dentro Fratelli d’Italia e Forza Italia. E quale sarà la reazione di Matteo Salvini lanciato nelle spese per le infrastrutture e che già immagina di percorrere per primo il Ponte di Messina, ribattezzato dal capo leghista il Ponte degli italiani. Vuole mettere la prima pietra, guarda caso, nella primavera del 2024.

Per adesso Salvini sta mantenendo un understatement sorprendente sulle osservazioni europee, lo stesso di tutti gli altri alleati. C’è in ballo il Pnrr, con i suoi miliardi in pancia, a tenere a freno le lingue sovraniste. C’è la grande difficoltà di presentare alla Commissione Ue la rimodulazione del Piano, di indicare quali progetti tagliare e come far digerire le sforbiciate alle Regioni e agli enti locali. È già bastato il frontale tra Salvini e Raffaele Fitto, che tiene il cordone della governance a Palazzo Chigi per conto di Meloni, quando il ministro per gli Affari europei ha ipotizzato di far saltare molti progetti infrastrutturali. Per non parlare della falcidia dei microprogetti che il Ministero delle Infrastrutture a guida leghista coltiva per il consenso territoriale. 

Insomma, per il momento i sovranisti sono diventati agnellini e si godono gli applausi dì Bruxelles per essere rimasti finora nel solco di Draghi. In autunno questa maggioranza si porrà il problema di fare qualcosa di più elettorale, di scrivere una legge di bilancio 2024 che metta l’accento sul programma di centrodestra. A quel punto bisognerà vedere quanto Meloni e Giorgetti vorranno o sapranno tenere a bada alleati e segreti partito. O se invece scatteranno i riflessi condizionati antieuropei sedati, per il momento. Sarà comunque un momento di grande tensione nella maggioranza.