Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge con oltre due miliardi di euro di aiuti per le popolazioni colpite dalle alluvioni in Emilia-Romagna e Marche. Il dl prevede, tra le varie cose, la sospensione dei versamenti tributari fino al 31 agosto, un fondo di 20 milioni per la continuità didattica e uno di 10 per la didattica a distanza delle università, la cassa integrazione in deroga fino a 90 giorni e un’indennità per i lavoratori autonomi. È slittata, invece, la nomina del commissario straordinario all’emergenza. Per la premier Giorgia Meloni, il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini sarebbe il candidato naturale, ma il nome dell’esponente Pd si scontra con l’opposizione della Lega.
Mentre veniva trovata la 15esima vittima a Lugo, nel ravennate, la ricostruzione da dieci miliardi dopo l’alluvione diventa così oggetto dell’ennesimo braccio di ferro nella maggioranza. Bonaccini ieri è arrivato a Palazzo Chigi accompagnato dagli esponenti da rappresentanti di sindacati e imprese, proponendo il “modello Emilia-Romagna”. Ma dovrà aspettare, scrive Repubblica.
Il governatore dell’Emilia-Romagna ha detto chiaramente che «serve una struttura commissariale», garantendo che nella regione da lui amministrata «mediamente le risorse le spendiamo». Ha dalla sua una propensione a fare da collante tra le istituzioni, maturata nei nove anni di attività nel ruolo di commissario post-terremoto e nei sei anni da presidente della Conferenza delle Regioni. Ma la presidente del Consiglio nella giornata di ieri non ha mai alla nomina.
Repubblica dice, stando a fonti di Fratelli d’Italia, la premier non avrebbe nulla in contrario ad affidare l’incarico a Bonaccini. Però Meloni è stretta in una morsa.
Da un lato c’è la Lega che si mette di traverso. Salvini fa sapere che non è una questione personale ma politica: il Carroccio imputa al governatore Dem una gestione ideologica e troppo ambientalista del territorio che avrebbe portato a una cattiva manutenzione degli argini in alcune aree devastate dall’alluvione. Il leader del Carroccio vuole un leghista a gestire la ricostruzione, per farne il candidato alle regionali del 2025, dove peraltro non ci sarà più Bonaccini a fare da competitor. Jacopo Morrone, segretario leghista in Romagna dice: «Ci sono diversi fattori che suggerirebbero di optare per una personalità terza, di alto profilo, rispetto a Bonaccini, che ha già molti fronti su cui operare e non ha brillato nella gestione del dissesto idrogeologico».
Ma Meloni ha anche pressioni he provengono dal suo partito e vanno in direzione contraria alla nomina di Bonaccini. Come quelle che riceve da parte di Galeazzo Bignami, deputato di Fratelli d’Italia di Bologna e viceministro alle Infrastrutture. Potrebbe essere lui stesso a puntare alla poltrona di commissario.
Meloni non decide. E da Chigi si fa sapere che prima sarà dichiarato lo stato d’emergenza anche nelle Marche, con la nomina a commissario del governatore meloniano Francesco Acquaroli. Poi, a gestire in modo congiunto la ricostruzione nelle due regioni colpite dall’alluvione potrebbe essere chiamata una figura terza. Sarebbe una scelta che penalizzerebbe Bonaccini.
Stefano Vaccari, deputato Pd ed emiliano, avverte: «Sono le parti sociali dell’Emilia-Romagna a chiedere la nomina tempestiva di un commissario straordinario. E se non avviene bisogna che si spieghi perché. Qui qualcuno pensa già alle elezioni regionali, e vuole mettere in campo una strategia per la quale a quella scadenza potrà dire: “Come sono stato bravo io”. Finora Meloni ha usato parole importanti in un’ottica di collaborazione istituzionale. Ma se qualcuno scantona, viene giù il castello».