Senza lodeSui diritti Lgbt, l’Italia è ormai superata anche dai Balcani e dall’Est Europa

Secondo il report della International Lesbian and Gay Association, il nostro Paese è al trentaquattresimo posto su quarantanove Stati europei per legislazione a favore dei diritti di persone gay, lesbiche e trans. Prima di noi in classifica ci sono Moldova, Serbia, Kosovo e Albania

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Sui diritti Lgbt l’Italia è in mezzo al guado. Secondo il report della International Lesbian and Gay Association (Ilga), che riunisce quattrocento associazioni in tutto il mondo, il nostro Paese è uno dei più arretrati nel difendere i diritti delle persone Lgbt Se sovrapponessimo la mappe dell’Europa riguardanti i diritti per persone gay, lesbiche e trans e quelle sullo sviluppo economico non vedremmo molte differenze: laddove i redditi pro-capite o gli stipendi sono maggiori vi è anche maggiore riconoscimento e protezione per queste minoranze. Ma c’è una sola e vistosa eccezione: l’Italia.

Il report di Ilga misura quanto i Paesi si avvicinino alla completa tutela dei diritti Lgbt, in una scala da 0 a 100 per cento, valutando tutti gli ambiti, uguaglianza, famiglia, difesa dai crimini d’odio, eventuale diritto d’asilo, libertà di espressione nella società civile. Per l’Italia il punteggio è del 25 per cento, siamo al trentaquattresimo posto su quarantanove, e siamo superati da realtà che dal punto di vista dello sviluppo economico sono dietro di noi, come i Balcani o la Grecia.  In testa vi è la piccola Malta, con l’89 per cento e poi la Danimarca e il Belgio, con il 76 per cento. Agli ultimi posti, e non ci stupiamo, ci sono Russia e Armenia, 8 per cento, e poi Turchia, 4 per cento e Azerbaigian, 2 per cento.

Dati Ilga

Rispetto a dieci anni fa per l’Italia vi è stato un miglioramento di sei punti, principalmente grazie al riconoscimento delle unioni civili, ma progressi maggiori si sono visti in Finlandia, Spagna, e soprattutto in Grecia (+29 per cento) e nei Paesi dell’ex-Jugoslavia, con aumenti del 34 per cento nel Montenegro, del 21 per cento in Kosovo e del 20 per cento in Bosnia Erzegovina. In questi ultimi Stati si sono notati incrementi anche rispetto al 2018 al contrario di quello che è avvenuto in gran parte delle altre realtà europee, come l’Italia, che da allora è scesa del 2 per cento.

Dati Ilga

Dopo un picco del 27 per cento nel 2017 e nel 2018, per Ilga l’Italia ha perso posizioni calando a un livello di rispetto dei diritti Lgbt solo del 22 per cento nel 2019 e risalendo poi solo parzialmente nel 2022 e 2023 al 25 per cento attuale. Tra i Paesi più grandi solo la Spagna ha visto progressi evidenti arrivando al 74 per cento, un punteggio distante dal nostro considerando che parliamo di due realtà, quella italiana e quella spagnola, che sono spesso, e a ragione, associate in ambito economico e sociale.

Nel Regno Unito, invece, vi è stato un evidentissimo arretramento, che in otto anni l’ha portato dall’86 per cento al 53 per cento, ovvero dal primo al quattordicesimo posto (escludendo i microstati). Tra i motivi, sottolinea Ilga, vi sono le condizioni imposte ai rifugiati, deportati in Ruanda prima di poter chiedere asilo, gay, lesbiche e trans inclusi, e poi l’atteggiamento verso le persone trans, sempre più al centro di polemiche politiche e il cui genere non è riconosciuto in molti ambiti.

Quello del trattamento dei transessuali è un tema molto presente anche in altri Paesi anglosassoni, come gli Stati Uniti, ma meno in Italia. Nel nostro Paese ancora non si è giunti neanche a un vero riconoscimento della loro esistenza in ambito sociale e professionale e il dibattito è ancora incentrato, invece, su diritti di gay e lesbiche che altrove sono ormai dati per scontati.

L’Italia, con il suo punteggio del 25 per cento, rimane al di sotto di quello raggiunto mediamente dai Paesi balcanici, 39,2 per cento, e da quelli dei Paesi dell’Est membri Ue, 29 per cento.

Il confronto per esempio con la Bosnia Erzegovina (40 per cento) è illuminante.  Nonostante la diffusa percezione di una profonda arretratezza socio-economica, Sarajevo ha raggiungo il 90 per cento nel capitolo Uguaglianza e Non discriminazione contro il 9 per cento italiano, grazie alle leggi contro le discriminazioni non solo dell’orientamento sessuale, ma anche dell’identità di genere sia sul posto del lavoro che a scuola. Norme invece quasi del tutto assenti in Italia. Vi sono anche leggi contro l’hate speech, ancora non presenti nel nostro Paese dopo il fallimento della proposta di Alessandro Zan.

Naturalmente non tutto l’Est Europa può presentare una legislazione avanzata come quella che un po’ a sorpresa ha visto la luce nei Balcani. I Paesi più grandi dell’area, Polonia e Romania, non vanno oltre il 15 per cento e il 18 per cento. Si tratta comunque sempre di dati migliori di quelli della Russia, solo 8 per cento.

A questo proposito è interessante notare come quella che a Mosca chiamano “nazista”, l’Ucraina, raggiunga il 20 per cento, poco meno del 22 per cento del 2019 e del 2020, ma decisamente più del 12 per cento del 2013, quando governava il filo-russo Janukovich e più di diversi suoi vicini.

Dati Ilga

Naturalmente queste classifiche quantitative che cercano di descrivere fenomeni complessi, variegati e principalmente qualitativi hanno i loro limiti. Giudicare il grado di accettazione e integrazione delle persone gay, lesbiche e trans nella società solo dalle leggi approvate può non essere il metodo migliore, perché spesso le norme sono solo di facciata e rimangono sulla carta. Però è l’unico oggettivo ed è probabilmente migliore di sondaggi demoscopici o delle statistiche sulle discriminazioni, che proprio nei Paesi in cui sono di più non sono neanche denunciate.

Per esempio, sappiamo che probabilmente per una persona gay sia più facile vivere nei Paesi Bassi che in Grecia, eppure Atene nel 2023 ha scavalcato Amsterdam nella classifica Ilga, arrivando al decimo posto contro l’undicesimo olandese. Tra i motivi del sorpasso vi è il fatto che la legislazione greca preveda più norme contro l’hate speech di quella dei Paesi Bassi e non possiamo non pensare che se in quest’ultimo Paese ve ne sono meno forse è anche perché ve ne è meno bisogno. Tuttavia è importante sottolineare come le cose cambino nel tempo. Che la Grecia sia passata in dieci anni dal ventiduesimo al decimo posto, mentre l’Italia solo dal 31esimo al 29esimo (escludendo i microstati), è degno di nota.

Dati Ilga

Questi dati mostrano che qualche miglioramento, magari parziale e inizialmente solo sulla carta, è possibile anche se le condizioni dell’economia sono precarie. Perché è vero, i diritti vanno a braccetto con lo sviluppo economico, ma, se veniamo superati anche da Grecia, Albania, Moldova, e molti altri Paesi molto più poveri di noi, qualcosa forse stiamo sbagliando.