L’era meloniana della televisione pubblica comincia con un paradosso: ora che a Palazzo Chigi siede una donna, la prima nella storia della Repubblica, i vertici Rai appena insediati dal governo piazzano soltanto uomini alla testa dei Tg. In barba al richiamo sulla parità di genere lanciato dalla presidente (draghiana) Marinella Soldi, che potrebbe astenersi o addirittura votare contro.
Alla luce dei curricula trasmessi ai consiglieri in vista del cda previsto per oggi, domina Fratelli d’Italia, la Lega guadagna terreno, Forza Italia avanza, mentre spunta anche il Movimento Cinque Stelle grazie all’accordo raggiunto nei giorni scorsi.
Il partito di Giorgia Meloni spedisce al Tg1 un esterno, Gian Marco Chiocci, già direttore dell’agenzia AdnKronos, con un contratto di un solo anno. I berlusconiani impongono Antonio Preziosi al Tg2, dove il nuovo direttore era stato nominato solo a dicembre, e Iacopo Volpi a RaiSport. Al Tg3 resta invece Mario Orfeo in quota Pd, come pure Paolo Petrecca a RaiNews.
I grillini ottengono il ritorno di Giuseppe Carboni, che prende RaiParlamento. Matteo Salvini conserva la TgR con Alessandro Casarin e Angela Mariella a Isoradio, strappando anche il Giornale Radio per Francesco Pionati. A Radio2 approda Simona Sala, in quota Cinquestelle. Il Movimento in compenso porta a casa anche la nomina di Adriano De Maio (Direzione Cinema e Serie Tv, non prodotta dalla Rai ma offerte comprate all’esterno) e appunto Claudia Mazzola (presidenza RaiCom).
L’uscente Monica Maggioni sarà indicata alla Direzione per l’Offerta Informativa al posto della pensionata Giuseppina Paterniti.
A Fratelli d’Italia va anche il genere più ambito, gli Approfondimenti, che supervisionano i talk show, direzione lasciata da Antonio Di Bella in pensione e che ora sarà di Paolo Corsini. La Lega si prende il ghiotto Intrattenimento Prime Time, ovvero Sanremo e limitrofi, con Marcello Ciannamea che sostituisce con Stefano Coletta (Pd). Quest’ultimo passa alla direzione Distribuzione. Ancora Lega per il Day Time con Angelo Mellone.
Non va male neppure al Pd. Il patito di Elly Schlein, oltre al Tg3 e alla Distribuzione tiene ben stretta Rai Cultura (Silvia Calandrelli), Rai Fiction (Maria Pia Ammirati), la sezione Kids (Luca Milano), Contenuti Digitali (Elena Capparelli), Radio 3 (Andrea Montanari), mentre sarà spostato a San Marino Andrea Vianello. Sempre oggi l’ad Roberto Sergio si occuperà della direzione della Radio che vorrebbe tenere ad interim con il suo vice Flavio Mucciante.
Da lunedì i vertici e i nuovi direttori lavoreranno ai palinsesti che saranno presentati agli investitori il 7 luglio.
Su otto posizioni al vertice, tra RaiCinema (si va verso la riconferma di Paolo Del Brocco), RaiCom e RaiWay, c’è una sola donna, Claudia Mazzola, ad essere indicata come presidente con deleghe di RaiCom. Un assetto che non piace per nulla a Francesca Bria. «Queste proposte sono irricevibili, nel merito e nel metodo», attacca la consigliera in quota Pd. «Dopo otto giorni dal conferimento del suo incarico, l’ad ci propone uno stravolgimento dell’assetto dirigenziale Rai con un’infornata di nomine sulle testate e generi principali. Invece di presentarsi in Cda con una visione industriale dell’azienda, una chiara idea su piano editoriale e risorse certe (ora che il governo vuole levare il canone dalla bolletta), garantendoci una data per la firma del contratto di servizio, si presenta con delle nomine che riflettono una lottizzazione selvaggia dell’azienda da parte della maggioranza di governo. Giornalisti e dirigenti indicati dai partiti di governo. Di fatto si tratta di un’organigramma costruito fuori dall’azienda, calpestando il ruolo di controllo e garanzia del Consiglio di amministrazione. La Rai appartiene ai cittadini italiani, non al governo di turno. Tra l’altro ci vengono proposti solo uomini alla guida di testate e generi. Abbiamo un esterno al Tg1 con un contratto per un anno e il Tg2 lo avevamo già nominato appena a dicembre. Sono scelte incomprensibili e inaccettabili».