La mamma non si toccaI figli che regalano vibratori e altri trucchi del capitalismo vittimista

Una azienda si inventa una campagna pubblicitaria per convincere le madri che è bello ricevere un sex toy per la festa della mamma. Ma vi sembra normale che qualcuno ci dica quali desideri dovremmo avere per essere emancipate?

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A quel punto, come il ragionier Fantozzi quando apre tutti gli armadietti e credenze e cassetti della cucina pieni di pane, venimmo colte da un leggero sospetto: ci stanno forse prendendo in giro? Cosa lecita, per carità, è solo pubblicità.

L’azienda Control – azienda che produce giochi erotici, vibratori, profilattici e altro – ha deciso di realizzare una campagna pubblicitaria per la Festa della Mamma il cui slogan è: «La mamma non si tocca. O forse sì». La gente inizia a dire: «Genio!» e quando la gente inizia a dire: «Genio!», lo sappiamo tutti poi come va a finire. 

In questo cartellone mai affisso perché la gente è bigotta e loro sono degli innovatori sotto c’è scritto: «Quest’anno falle un regalo che le farà davvero piacere. Regala Soul Vibes». Sto facendo pubblicità alla pubblicità? Inizierò a cercare Google su Google? Vale ancora il motto che la cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità nell’epoca del politicamente corretto? In generale no, ma in questo caso sì, perché ci hanno messo il pretesto dei diritti delle donne, diritti delle donne che andrebbero affrontati con una dignità maggiore, e non certo per abbattere (va beh) gli stereotipi con altri stereotipi. 

Partirei da un punto fermo: una donna è mamma solo se ha figli, se no non è una mamma, anche se ogni anno, ogni seconda maledetta domenica di maggio, spunta il superclassico dei classici: un augurio per la Festa della Mamma anche a chi mamma non è. Ma perché? Ma in nome di cosa? È per via dei cani? O per i romanzi nel cassetto? 

Quindi, una donna è mamma se ha figli. Seguitemi, non perdetevi anche se so che è un ragionamento complesso. Durante la Festa della Mamma si festeggia la mamma, e chi la festeggia la mamma? Esatto, i figli. I papà non fanno il regalino, gli amanti non fanno il regalino, non lo fanno i suoceri, non lo fanno i vicini di casa, non lo fanno i rappresentanti classe, non lo fanno gli amici: sono i figli che fanno il regalino alla mamma. Perché? Perché è la Festa della Mamma. 

Non è la Festa della Donna, non è il compleanno, non è l’onomastico, non è la festa delle pari opportunità, non è la Festa della Repubblica, non si fa ponte perché cade di domenica: è proprio la Festa della Mamma, festa che esclude tutte le altre donne che mamme non sono, donne che non è che valgono di meno, donne che sono certa si siano fatte una ragione nel non ricevere un cuore di rafia e colla ogni anno. Scrivere come ha fatto Control: «Quest’anno falle un regalo», presuppone che si rivolgano ai figli, perché nessun altro fa il regalino alla mamma. E se vostro figlio vi regala un vibratore, chiamate immediatamente qualcuno che possa metterlo in una stanza con le pareti imbottite. 

Aveva ragione Carmelo Bene: voi sputate sul miglior Freud, voi applaudite l’ovvio. «Siamo convinti che il più bel regalo che possiamo fare a tutte le mamme sia una società priva di pregiudizi, non credi anche tu?», risponde Control a un uomo che trova la pubblicità inadeguata, l’utente poi dice che insomma è più un regalo che lui farebbe a sua moglie che non suo figlio a sua madre, e qui l’azienda scrive: «Esatto! Non devono per forza essere soli i figli a fare i regali alle mamme possono anche essere amici/partner». 

Ora, va bene la pesca a strascico, ma se un amico mi regala un vibratore chiamo immediatamente i carabinieri, e se mio marito mi fa un regalo per la Festa della Mamma forse non chiamo i carabinieri ma un tre stelle per la notte sì. Perché nostro marito dovrebbe farci un regalo per la Festa della Mamma? Perché gli abbiamo donato un figlio? Ma dov’è la parità genitoriale quando serve? Ma non vi viene in mente l’immagine plastica del patriarcato sotto forma di uomo che fa un regalo a sua moglie per la Festa della Mamma? A me sì. 

C’è in classifica da mesi Miley Cyrus che canta «I can buy myself flowers», ma il vibratore ce lo deve regalare nostro marito, mica possiamo comprarcelo da sole. Deve sempre esserci un uomo che ci regala ciò che lui pensa possa essere un nostro desiderio? E questo sarebbe sfatare i tabù? Poi cosa, le bambine possono vestirsi di azzurro? È svilente per le mamme perché non è tanto uno stereotipo sociale questo, ma una dinamica familiare. 

Il corpo cambia, cambiano i desideri, cambia pure la percezione del desiderio, e non è nemmeno colpa della società patriarcale, non è colpa di nessuno, si chiama matrimonio dopo i figli, cosa di cui nessuno vuole parlare e quindi si è reso necessario venderla come problematica sociale. Tutto questo non fa che riversare aspettative sulle donne: da un lato non ne possono più di essere chiuse nel ruolo di madri, dall’altro si vedono spinte verso desideri che magari non hanno e pensano che non averli le renda beghine. 

«Questa affissione non è mai uscita e il motivo non vi piacerà. Per la Festa della Mamma volevamo rompere un tabù che da troppo tempo esiste e dire a chiare lettere che, sì, anche le mamme possono provare piacere. Ma proprio come dice il nostro messaggio, l’immagine stereotipata e anacronistica della mamma non si tocca, tanto che la nostra campagna non si può promuovere sui canali social e non è potuta diventare una vera affissione», scrive Control su Facebook, in nostalgica polemica contro Antonio Zequila. 

Ora, a me piace sempre molto quando le persone si percepiscono Martin Luther King perché si sono tagliate con le forbici a punta arrotondata, ma mi piace ancor di più quando lo fanno le aziende. Il capitalismo vittimista non sarà quello che vende, ma è quello che si fa notare. Far passare per “tabù” un meccanismo psicanalitico che evita che ci buttiamo dal balcone non solo è pretestuoso, ma è anche in malafede, e hai voglia a scrivere che il vibratore possono regalartelo amici e parenti e non solo i figli se parli della Festa della Mamma. 

Amiche della brigata Giorgia Soleri che fanno atti politici mentre schiacciano un pisolino, a questo punto non siete anche voi colte da quel sentimento di leggero sospetto? Quel sospetto che ci fa pensare che adesso le aziende per vendere si intestino le nostre battaglie rivendicando cose a nostro nome, che ci dicano quali desideri dovremmo avere per essere donne emancipate? Perché dovremmo credere che le istanze di un’azienda che ci sta dicendo cosa dobbiamo desiderare siano vere se hanno un ritorno economico? 

La verità è che le buone cause non si vendono né si comprano, e questo vale per tutti gli attivismi sponsorizzati. Una settimana fa Control ha postato su Instagram un meme con un pupazzo, ora io non è che mi metto a descrivere i meme, comunque ha come didascalia: «Io che mi immagino mia madre che si masturba». Nessuno ha detto niente, perché era appunto un meme con la faccia di un pupazzo. Se volete fare la rivoluzione sessuale con i meme accomodatevi, io a questo punto preferisco avere il mal di testa.   

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