Sostenibilità un passo oltreBio architettura, territorio e nuovi modelli di imprenditoria

In Toscana, un nuovo progetto che va oltre l’ospitalità e punta a diventare un modello sviluppato sul territorio e in simbiosi con la natura

Una delle parole sicuramente più inflazionate degli ultimi cinque se non dieci anni è sostenibilità. Sembra che per catturare l’attenzione di clienti, brand, uditori occorra essere sostenibili per forza, diversamente si rischia l’estinzione di un pubblico così come dell’idea. A dirla tutta oggi come oggi ci sono talmente stati passi in avanti in questo senso che siamo giunti a dover prestare più attenzione, testa, pensiero su ciò che veramente significa questo termine perché gli anni scorrono e le esigenze cambiano, le problematiche evolvono – ahimé non diminuiscono – e anche il significato stesso di questo concetto va costantemente aggiornato, rivisto, adattato, riconsiderato, ricontestualizzato. Se per sempre meno persone (ma ancora troppe) basta ancora comprare un prodotto biologico o “etico” per (sentirsi) essere sostenibili chiaramente stiamo perdendo di vista l’obiettivo. Il vero punto di partenza è un sistema, che parte dalla sostenibilità economica di un progetto, per arrivare a quella sociale ed ambientale come diretta conseguenza. A mettere in pratica sul serio questi concetti non sono in molti. Tuttavia, se vi capiterà di andare in Toscana nei prossimi mesi sappiate che qui, c’è un esempio più che virtuoso introdotto da imprenditori non italiani (ebbene sì, c’è chi ama il nostro Paese con più brama di noi). Villa Petriolo è un progetto completo di ospitalità e ristorazione fondato su principi di circolarità economica partendo dalla salubrità del prodotto fino ad arrivare al welfare dei dipendenti stessi. Una tenuta di 180 ettari, situata a Cerreto Guidi in Toscana, che ha scelto di essere sostenibile nel modo più vero e più difficile possibile perché per essere coerenti in tutto e per tutto prevede che le risorse messe in campo – soprattutto quelle economiche – siano molte e potenzialmente sempre in crescita. Eletta Best Sustainable Place nel 2021 per Save The Planet la proprietà è stata certificata Water Footprint e Carbon Footprint in quanto il 100% delle sue acque vengono riutilizzate dopo essere state autonomamente purificate e le sue emissioni di ossigeno superano quelle di C02.

Si cammina attraverso campi coltivati, casette di produzione del miele (attualmente si contano circa un milione di api e trenta arnie) e animali che pascolano e riposano al fresco delle fronde. Daniele Nannetti, CEO di Villa Petriolo, ci ha portato a spasso per la tenuta raccontandoci minuziosamente i suoi tanti aspetti e in particolare il modello di agricoltura rigenerativa e allevamento naturale messo in atto. «Diamo più di mille metri quadri ad animale inserendoli in un contesto aperto e semi brado in quanto chiaramente c’è un recinto ma è così grande che gli animali non sentono di esserne circondati. Alleviamo più razze insieme, per questo lo chiamiamo allevamento promiscuo e ne siamo orgogliosi perché vediamo sensibilmente animali più felici e più in sintonia con il conteso che li ospita. Da un certo punto di vista si corrono più rischi per il ciclo di vita dell’animale ma non ci sono dubbi sulla qualità della carne allevata in queste condizioni». Maiali di cinta senese, pecore Pomarancine, galline, polli, lupi a proteggerli e persino l’Antica Falconeria Toscana, che qui ha la sua sede e alleva regolarmente i falchi guidando le esperienze dedicate agli ospiti più interessati. A perdita d’occhio, la proprietà si estende sulle colline circostanti, dove si avvistano ruderi e casali che un giorno forse saranno parte integrante di un progetto esteso e diffuso. Le vigne coltivate occupano circa quattordici ettari con cinque varietà diverse: Cabernet, Petit Verdot, Barbera, Merlot e Canaiolo.

Come se non bastasse, tanto terreno è destinato al grano, in particolare Senatore Cappelli, con una rotazione triennale delle colture: dove oggi c’è il cereale l’anno prossimo sarà il turno dei legumi piuttosto che del riposo a maggese da cui si ricavano le rotoballe di erba per gli animali. Tutto ha un senso, in un sistema che cerca di essere autonomo in tutte le sue parti e sempre più integrato con il territorio. Valorizzandolo, scoprendolo, aiutandolo e cercando di esservi presenti con un impatto il più positivo possibile anziché l’opposto. Esplorando la tenuta c’è un grande cantiere aperto perché le novità non sono ancora finite. Entro fine estate varrà ultimata un’incredibile SPA medicale erboristica con uno specifico giardino di piante officinali. In previsione c’è una linea cosmetica con le colture del posto, una clinica di screening totale, doppia piscina per potersi bagnare guardando il tramonto così come l’alba, un ristorante vegetariano/ vegano e sette ulteriori nuovissime camere per chi vorrà immergersi in questa dimensione estetica e seguire un percorso di benessere toscano nell’anima e 100% naturale.

L’originale struttura di una villa di campagna è stata rimessa a nuovo, e trasformata in una fattoria 2.0 con una serie di ampie suite in cui soggiornare anche per periodi lunghi, magari con famiglie e bambini al seguito. Una destinazione completa, con sempre più comfort e strutture a disposizione della clientela, dalla palestra – una delle più complete e fornite che vi possano capitare tra le struttura luxury italiane – alla piscina a sfioro fino ai diversi format dedicati alla proposta enogastronomica. La Bottega è il punto dove il sole scende oltre l’orizzonte: qui dovete fermarvi per un aperitivo e un tagliere di prodotti della tenuta: salumi e formaggi dell’azienda agricola, olio di proprietà e pane fatto in casa. L’Osteria di Golpaja è il posto in cui gustarsi la cucina tipica toscana con i suoi sapori rustici e di terra tra una pausa e l’altra dal sole mentre la sera è tutta per PS Ristorante. Il deus ex machina del comparto food di tutta la struttura è Stefano Pinciaroli, chef toscano e con diverse esperienze sul territorio alle spalle e orgoglioso di potersi confrontare con questo ambizioso progetto.

La proposta del fine dining guarda al contesto senza snaturarlo ma valorizza in maniera più moderna e articolata la materia prima di propria produzione così come locale. «La selvaggina è quella certificata dal consorzio locale, le uova sono raccolte la mattina stessa, la fregola è prodotta da noi con il nostro grano, le verdure sono quelle che avete visto zappare questa mattina e le essenze quelle del campo a fianco. Siamo così fortunati ad essere in questo contesto da poter raccontare la realtà di Villa Petriolo e del nostro territorio attraverso una cucina strettamente legata al nostro quotidiano, alle nostre scelte e alle eccellenze locali». E dal vino che conta sempre più etichette alla linea di bagnoschiuma e shampoo già presente in ogni camera, sono davvero innumerevoli gli ambiti in cui essere sostenbili diventa un modo di operare, un modello economico e di lavoro su cui andare a costruire un’offerta 2.0. Un retreat nel senso più letterale del termine, un ritiro vero e proprio in cui non vi siete mai imbattuti e che vi aspetta per mostrarvi tutta la sua naturale bellezza.
Tutte le immagini courtesy Villa Petriolo

 

 

 

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