Insieme a quelle di Nicolò Fabi, Daniele Silvestri e Diodato ha sfiorato la citazione dei Righeira con «l’estate militante» che suona tanto come la mitica «l’estate sta finendo» ma insomma ieri Elly Schlein si è difesa contrattaccando lanciando sette punti di iniziativa politica – «l’estate militante», appunto – e alla fine pure sfidando la minoranza (il refrain «mettetevi comodi», cioè non provate a logorarmi): e per la prima volta con questa chiarezza quelli, i riformisti, gliene hanno dette quattro e Lorenzo Guerini le ha risposto: «Nessuno vuole azzoppare la segretaria e per quel che mi riguarda assicuro come sempre piena disponibilità e aiuto. Ma con franchezza devo dirti che la parte finale della tua relazione è stata inutilmente polemica», cosicché alla fine si è votato solo sul calendario delle iniziative e non sulla “sfida” alla minoranza.
La riunione della Direzione alla fine è stata meno tempestosa di come era stata anticipata da diversi giornali (brutto citarsi ma qui avevamo scritto che «non succederà niente di eclatante»: perché non c’era niente da decidere).
La segretaria ha proposto un dettagliato programma di iniziative sui temi principali – giusta l’enfasi sulla finora mancata attuazione del Pnrr, poi sanità, casa e quant’altro -, ma un elenco però non fa una linea politica chiara e che soprattutto le ha consentito di svicolare sulle ragioni della sconfitta alle ultime amministrative e in fondo anche sulla contestatissima presenza (il «saluto») alla manifestazione di sabato di Giuseppe Conte terminata con le lugubri allocuzioni di Moni Ovadia e Beppe Grillo sulle quali Schlein non ha speso nemmeno una parola.
L’unico indizio di linea politica si può riassumere in una specie di “campetto largo” imperniato sull’intesa Pd-M5s allegato da una parte a Nicola Fratoianni e dall’altra – ecco la novità – a Carlo Calenda, il “buono” del Terzo Polo mentre per il “cattivo” Matteo Renzi non c’è niente da fare: Italia viva si allea con la destra in Molise e già questo basterebbe ma poi Schlein si è anche ricordata di quando l’allora segretario del Pd e soprattutto presidente del Consiglio cercò il patto sulle riforme con l’allora leader dell’opposizione Silvio Berlusconi. In fondo era la tattica elettorale di Enrico Letta, non finì benissimo. Ma tutto fa brodo.
Cercando Calenda dunque Elly prova come Mary Poppins a mettere un po’ di zucchero perché la pillola contiana vada giù a tutte le anime del partito, è un’operazione non banale ma neppure sofisticatissima sulla quale lo stesso Calenda ha eccepito dicendo che «Renzi chiamò Berlusconi al Nazareno per parlare di riforme (e fece bene) ma Letta lo chiamò addirittura nel Governo (e fece bene anche lui in quel momento). Evitiamo amnesie selettive» mentre il leader di Italia viva è stato molto polemico: «Un consiglio a Elly? Non usi il mio nome per ricompattare i suoi, è un giochino che non funziona più».
Certo la segretaria non ha minimamente accolto le critiche di questi giorni sul “saluto” e il bacio a Conte («Sull’Ucraina siamo molto distanti, ma non sul precariato»): come se il massacro di un popolo fosse equivalente al Reddito di cittadinanza (sul quale peraltro il Pd era contrario). Questo sta il punto, forse: che Schlein considera la Resistenza ucraina come un capitolo tra gli altri, come la sanità, l’autonomia differenziata, la casa, sul quale è sufficiente ribadire che stiamo con l’Ucraina ma…
Ma serve uno sforzo per la pace. Lo ha notato bene Pina Picierno: «Chiariamoci qui e definitivamente. Sostenere l’Ucraina è sostenere la pace, perché la guerra sta dall’altra parte, dalla parte dell’aggressore. Sostenere l’Ucraina è l’Europa, perché tutto quello che è contro l’Europa sta dall’altra parte». Silenzio della segretaria sulle brutte figure degli europarlamentari dem o sulla nomina a vicecapogruppo di Paolo Ciani, contrario al sostegno militare di Kyjiv. Poi, si è un po’ blindata chiedendo ai critici «lealtà» e assicurando di essere persuasa che «la segretaria da sola non basta» che è esattamente quello che parecchi le fanno notare da quando è stata eletta.
Lorenzo Guerini («Per sciogliere i nodi non basta una passeggiata a una manifestazione»), Stefano Bonaccini («Non andiamo a rimorchio degli altri») e Alessandro Alfieri (Base riformista, la minoranza che dovrebbe rinominarsi “Energia popolare” che proverà a strutturarsi meglio con una iniziativa nazionale a luglio) hanno attaccato senza affondare il coltello ma facendo capire che non rinunceranno alla critica e vogliono che la costruzione della linea sia in qualche modo discussa e condivisa, Gianni Cuperlo ha invitato la leader a tenere il partito unito, Paola De Micheli è stata anche più severa («Le alleanze non si fanno in piazza ma con la politica») e persino Peppe Provenzano, che è della segreteria, ha chiesto dei «luoghi dove maturino democraticamente le decisioni», una frase che rivela l’insofferenza anche della sinistra pd tradizionale verso la condotta autoreferenziale della squadra di Schlein, per lo più ex Sel o Articolo Uno o comunque considerata anche da molte “voci di dentro” un po’ troppo gruppettara. Alla fine tutti d’accordo sul programma di lavoro. Sulla linea si vedrà. A Elly va bene così.