Utero commissariato pro vitaLe argomentazioni da Family Day contro la gestazione per altri non stanno in piedi

Ci sono tanti motivi, tutti più o meno condivisibili, per avversare la maternità surrogata. Ma quelli basati sulla difesa della donna da non ridurre a fattrice o incubatrice non hanno senso

Unsplash

Ci sono tanti motivi, tutti più o meno condivisibili, tutti più o meno contestabili, per avversare la pratica della cosiddetta gestazione per altri. Ci sta anche che a qualcuno (presente!) non piaccia per ragioni pur soltanto estetiche, e cioè perché non sopporta il lamento da mancata soddisfazione genitoriale né l’affanno a porvi rimedio.

Ma l’avversione ex Family Day articolata sulla difesa della donna da non ridurre a fattrice, no, quella proprio no. Perché tra le ragioni opposte alla locazione uterina da parte confessionale c’è appunto che quel commercio farebbe della femmina un’incubatrice: e appunto non si può sentire. Non risulta infatti che per quella cultura sia un problema, anzi è un destino benedetto, che la donna adempia al proprio ruolo natural-costituzionale di donare figli al marito e alla nazione, e che in quel cimento si celebri e si risolva la meglio essenza dell’altra metà del cielo in versione tridentina. Dunque una bestia da figli, ma nel quadro presidiato dalla liturgia e dai ruoli familisti anziché nel disordine patologico e mercantile della coppia contro natura.

La donna va bensì protetta, quindi, dalla degradazione a recipiente di seme e ad apparato di scodellamento di creature, ma a patto che vi sia sottoposta nel mondo che va a rotoli perché i carabinieri si sposano e la Spectre Gay si insinua nelle scuole a pervertire le naturalità infantili: se invece quell’inquadramento riproduttivo avviene nell’accettabilità del modulo calabro-sudanese che tiene la donna dove deve stare, allora va bene e non si fa più questione del suo corpo adibito a macchinario di procreazione.

A questi ripugna la condizione corporale e spirituale della donna che partorisce il pargolo in favore della coppia gay ma non la condizione dell’altra, la versione aggiornata della sposa bambina che ne sforna dodici per la felicità del marito e la soddisfazione del prete. Dall’utero in affitto all’utero commissariato pro vita.