Compiti a casaLe elezioni europee fra immobilismo sovranista e innovazione europeista

Per contrastare il tentativo del Ppe e dei sovranisti di allearsi alle elezioni europei del 2024, socialisti, liberali, verdi e la sinistra non sovranista dovrebbero avviare una riflessione su cinque elementi essenziali per consolidare un patto per la nuova legislatura

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Sui tavoli delle istituzioni europee si stanno accumulando dossier che richiederebbero decisioni prima del “rompete le righe” che avrà luogo a Strasburgo il 25 aprile 2024 e cioè l’ultimo giorno dell’ultima sessione del Parlamento europeo di questa legislatura, casualmente nella data in cui si festeggia la Liberazione dal nazi-fascismo in Italia e i cinquanta anni dalla fine del totalitarismo di Marcelo Caetano in Portogallo. C’è il rischio di un insopportabile e paralizzante ingorgo che nasce dal numero crescente delle politiche sospese ma, soprattutto, dalle tensioni fra partiti in Europa e nei paesi membri il cui sguardo è sempre più proiettato verso il periodo elettorale europeo dal 6 al 9 giugno 2024.

Nel 2023, ci saranno inoltre elezioni legislative in Grecia, in Spagna, in Polonia, in Slovacchia, in Lussemburgo per non parlare di varie elezioni presidenziali fra il 2023 e il 2024, delle elezioni senatoriali in Francia, delle regionali in Baviera, delle elezioni legislative in Belgio il 9 giugno 2024 e delle elezioni legislative e presidenziali in Ucraina e in Russia a cui seguiranno in novembre le presidenziali americane.

Sono scadenze elettorali che, direttamente o indirettamente, avranno influenza prima sulla campagna elettorale europea e quindi sugli equilibri politici prima nel Consiglio europeo che sarà chiamato dopo le elezioni europee a nominare – a maggioranza qualificata se non ci fosse un consenso unanime fra i capi di Stato o di governo – sia il/la presidente della Commissione che l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e poi nel Parlamento europeo che vota invece alla maggioranza assoluta dei suoi membri. Sarebbe teoricamente immaginabile che il risultato delle elezioni europee premiasse nel Consiglio europeo e poi nel Parlamento europeo – se si concretizzasse l’ipotesi di accordo fra Manfred Weber e Giorgia Meloni – una coalizione fra popolari e conservatori. 

Questa coalizione otterrà tuttavia molto difficilmente la maggioranza qualificata nel Consiglio europeo o la maggioranza assoluta nel Parlamento europeo e l’unica strada per mettere fine alla tradizionale alleanza con i socialisti sarebbe di ottenere un accordo con i liberali controllati da Emmanuel Macron convincendolo ad una dirompente rottura dell’asse franco-tedesco con Olaf Scholz.

Il sistema europeo è pluripartitico con PPE, S&D, Liberali e cioè Renew Europe ma anche con Verdi, Conservatori e Riformisti per non parlare delle varie anime pure e dure sovraniste ed in particolare la Lega e Fidesz che sono al governo in Italia e in Ungheria e che rappresenterebbero una pessima compagnia in una sorta di nuova “maggioranza Ursula” a causa della coppia Matteo Salvini-Marine Le Pen da una parte e della linea pro-putiniana e di democrazia illiberale di Viktor Orban.

Il sistema europeo è inoltre bipolare perché i membri della Commissione europea devono ottenere da una parte l’accordo del/la Presidente eletto/a della Commissione europea – che ha una forte se non quasi esclusiva influenza nella attribuzione dei portafogli su cui il Parlamento europeo ha un potere di veto – ma devono essere d’altra parte indicati ciascuno dai singoli governi del loro paese di origine.

Un governo a maggioranza di “centro-sinistra” come quelli tedesco, belga e lussemburghese per non parlare di quelli socialisti danese e portoghese e dell’attuale governo spagnolo nominerà certamente un commissario di centro-sinistra ed un governo di centro-destra o di destra-centro come quelli in Italia, Svezia e Finlandia nominerà un commissario di centro-destra. Tenuto conto del sistema europeo nello stesso tempo pluripartitico e bipolare, ci sono apparentemente solo due strade percorribili per costruire 

  • o un sistema politicamente più coeso nel quadro di un accordo per ora inedito fra popolari e conservatori con una forte influenza dei sovranisti ed una partecipazione politicamente marginale nella Commissione europea di socialisti, verdi e liberali se quest’accordo ottenesse per avventura la maggioranza assoluta nel Parlamento europeo  
  • o un esecutivo politico a forte trazione europeista se socialisti, verdi e liberali ottenessero invece una confortevole maggioranza assoluta nel Parlamento europeo impegnando il/la presidente della Commissione europea a presentare un programma innovatore per la legislatura e a distribuire i “portafogli” in modo coerente con questo programma per garantirne l’attuazione. 

Nei due casi, è immaginabile che alcuni partiti liberali – come avviene già in un paio di governi nazionali – si facciano attrarre dalle sirene del centro-destra ma è del resto immaginabile che su singole politiche o sull’insieme di un programma fortemente europeista una parte del PPE si voglia sottrarre dell’abbraccio sovranista alleandosi con gli innovatori.

Per queste ragioni noi riteniamo che il contrasto al tentativo di un accordo di centro-destra debba passare attraverso alcuni elementi che tengano conto del carattere speciale del sistema europeo.

Alcuni segnali importanti di convergenza fra socialisti, verdi, liberali e una parte della sinistra sui temi dei diritti e della difesa dello stato di diritto, delle politiche migratorie, della transizione ecologica e delle regole sull’intelligenza artificiale (big democracy) ma anche sul welfare sono apparsi in questi ultimi mesi della legislatura e durante i lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa così come è interessante il dibattito europeo che spacca in Francia gi ex-alleati della lista NUPES fra Verdi, una parte del PS, il PCF e la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.

Questi segnali si dovrebbero a nostro avviso consolidare nella gestione dei dossier che sono ancora in sospeso nei cosiddetti tri-dialoghi fra il Parlamento europeo ed il Consiglio e su cui dovrebbe essere raggiunto un accordo interistituzionale prima del “rompete le righe” del 25 aprile 2024:

  • La revisione del regolamento di Dublino a partire dalle otto proposte presentate dalla Commissione europea nel Patto Migratorio del settembre 2020
  • La nuova governance economica europea che ruota intorno al Patto di Stabilità e Crescita e al nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità
  • La conferma degli impegni assunti all’inizio della legislatura europea con lo European Green Deal che diventano essenziali per il raggiungimento degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile nel 2030 e la transizione ecologica
  • Il governo dell’intelligenza artificiale fra etica e diritti con l’obiettivo di rispondere al Big Tech americano e al Big State cinese con una Big Democracy europea
  • L’attuazione del Piano d’azione adottato a Porto nel maggio 2022 sul pilastro europeo dei diritti sociali
  • La revisione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 per garantire beni pubblici europei e aprire la strada al futuro del Next Generation EU.

Per contrastare il tentativo del centro-destra, gli eventuali alleati di centro-sinistra (S&D, Renew Europe, Verdi e la sinistra non sovranista) dovrebbero avviare una riflessione su cinque elementi a nostro avviso essenziali per consolidare un patto per la nuova legislatura 2024-2029:

  • Abbandonare il metodo inevitabilmente divisivo degli Spitzenkandidaten che costringerebbe ogni famiglia politica a presentare un suo candidato e scegliere piuttosto la via di un candidato consensuale alla Presidenza della Commissione europea nelle riunioni dei leader socialisti, verdi e liberali che precedono i vertici del Consiglio europeo riflettendo anche sull’ipotesi di una unificazione delle presidenze europee (Commissione e Consiglio europeo)
  • Definire le priorità comuni per la prossima legislatura europea da sottoporre al Presidente scelto a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo come condicio sine qua non per eleggerlo in assemblea (lo stato di diritto, lo spazio di libertà e giustizia che metta al centro la persona collegando le politiche quotidiane con i valori comuni, il bilancio federale, un piano Nord-Sud, il welfare europeo, un nuovo trattato di Helsinki per la cooperazione e la sicurezza in Europa)
  • Presentare alle elezioni europee candidati comuni come membri della futura Commissione europea ribadendo nel Consiglio europeo e nel Consiglio il sostegno al metodo delle liste transnazionali
  • Condividere il progetto del superamento – prima delle nuove adesioni all’Unione europea – del Trattato di Lisbona proponendo di seguire il metodo democratico costituente al posto del metodo paralizzante intergovernativo e ribadendo la centralità della collaborazione fra Parlamento europeo e parlamenti nazionali anche attraverso la convocazione di “assise interparlamentari” come quelle che si svolsero a Roma nel novembre 1990 su suggerimento di François Mitterrand
  • Rilanciare l’idea presentata nelle Conferenza sul futuro dell’Europa di un referendum pan-europeo per la ratifica di un nuovo Trattato di natura costituzionale.

Così facendo si introdurrebbero nella campagna elettorale europea gli elementi di un vero dibattito e di una vera alternativa fra l’immobilismo sovranista e l’innovazione europeista.