Appena tre settimane dopo la tappa a Kyjiv del 5 e 6 giugno scorsi, la missione di pace voluta da Papa Francesco e affidata al cardinale di Bologna e presidente della Cei Matteo Zuppi approda a Mosca. Per due giorni, oggi e domani, l’inviato papale è nella capitale russa per incontri destinati, secondo la volontà della Santa Sede, a «incoraggiare gesti di umanità» che aiutino a individuare vie per «una pace giusta». Dopo il tentato golpe in Russia, molti pensavano che i tempi della missione di Zuppi potessero slittare. Invece la situazione potrebbe averli addirittura accelerati.
`Nei giorni 28 e 29 giugno 2023, il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, accompagnato da un officiale della Segreteria di Stato, compirà una visita a Mosca, quale inviato di papa Francesco», ha annunciato ieri la Santa Sede. «Scopo principale dell’iniziativa è incoraggiare gesti di umanità, che possano contribuire a favorire una soluzione alla tragica situazione attuale e trovare vie per raggiungere una giusta pace».
Non è dato sapere con esattezza chi Zuppi incontrerà nella capitale russa. Probabile veda il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, mentre non si sa ancora se potrà parlare con Putin, come in Ucraina ha fatto con Zelensky. «Io ci spero. Penso che il cardinale, come a Kyjiv, abbia un messaggio del Papa da trasmettere al presidente russo. Mi auguro che glielo possa dare di persona. Sarebbe un segnale importante», spiega al Corriere l’arcivescovo di Mosca, Paolo Pezzi. «Faremo il possibile, in piena sintonia con il Santo Padre», diceva il cardinale Zuppi pochi giorni fa per poi aggiungere: «Con molta pazienza, ma anche urgenza, perché ogni giorno in più vuol dire tanta sofferenza in più».
Ma oltre che personalità in ambito istituzionale e governativo, tra gli interlocutori, come auspicato dallo stesso Zuppi, potrebbe esserci il patriarca Kirill, strettamente legato al presidente Putin. A Mosca movimenti e incontri potranno essere aiutati e favoriti dalla rete della Comunità di Sant’Egidio, da cui Zuppi proviene.
In primo piano nella visita ci sarà lo spazio per negoziati umanitari, in particolare per la questione del possibile ritorno in patria dei bambini ucraini deportati in Russia: accusa che è costata tra l’altro a Putin l’incriminazione per crimini di guerra dalla Corte internazionale dell’Aja.
All’annuncio della tappa moscovita di Zuppi, da Kyjiv è arrivata una reazione contrastante. Andryi Yermak, capo dell’ufficio del presidente ucraino, da una parte ha ribadito che “la nostra posizione è chiara e l’abbiamo espressa in modo molto aperto: non abbiamo bisogno di alcuna mediazione, e questo perché abbiamo avuto cattive esperienze. Non ci fidiamo della Russia». Dall’altra ha aggiunto però che se Zuppi dovesse ottenere risultati sui bambini deportati in Russia e sullo scambio dei prigionieri, questi risultati sarebbero i benvenuti.
La missione voluta da Francesco, tuttavia, «non ha come scopo immediato la mediazione diretta», al momento impossibile, ma «creare un’atmosfera di pace».
Zuppi arriva nel momento più difficile, subito dopo la marcia verso Mosca della brigata Wagner. «Ma quello che è successo, paradossalmente, ha esasperato la situazione e quindi il desiderio di pace, di fare qualcosa perché tutto questo finisca. E può favorire passi più concreti, oltre le semplici intenzioni», dice l’arcivescovo Pezzi. «Sabato, qui a Mosca, c’era molta tensione. Molta. Poche persone in giro, volavano droni. Gente che andava a fare scorta nei supermercati. Altri che avevano preparato le valigie. L’indomani si respirava una sorta di euforia. Voglia di uscire, andare a bere una birra…». La gente ne ha abbastanza. «Sì. Questo è evidente», dice l’arcivescovo. «Nessuno lo dirà mai apertamente, ma si vede dal tono di certe dichiarazioni, anche dal modo in cui il presidente russo si è rivolto alla gente, come a dire: vi capisco, siamo tutti un po’ stanchi… Magari è una mia impressione. Ma credo che Putin lo abbia chiaro, la gente è stanca e preoccupata. Per questo è il momento di cercare una via d’uscita».