Dalla cucina alla leggenda Il nodo d’amore di Valeggio sul Mincio

Il borgo veneto ha trovato in questo piccolo formato di pasta, confezionato rigorosamente a mano, il suo baluardo gastronomico e lo celebra con un evento a lui dedicato che richiama turisti anche da fuori Italia

@Tortellinando

In dialetto lo chiamano agnolin, la leggenda lo ha ribattezzato nodo d’amore. È il tortellino di Valeggio sul Mincio, principale eccellenza gastronomica di questa cittadina in provincia di Verona, al confine tra Lombardia e Veneto. Al tortellino valeggiano, forse meno noto del collega bolognese, è dedicata la Festa del nodo d’amore, un grande evento di richiamo internazionale che si svolge a giugno a Borghetto sul Mincio, il borgo antico di Valeggio inserito tra i più belli d’Italia. La festa di quest’anno è un ritorno particolarmente atteso: è la prima edizione dopo uno stop che, complice la pandemia, è durato cinque anni.

Valeggio sul Mincio e l’entroterra circostante non vivono (ancora) l’affollamento del vicino lago di Garda, la cui sponda meridionale dista una decina di chilometri. La maggior parte dei turisti in questa zona sono stranieri (nel 2021 il 77,9% delle presenze), ma la quota di italiani è in crescita già dall’immediato post pandemia. «Siamo molto felici dell’andamento delle prenotazioni per la stagione in corso, numeri ancora più importanti rispetto alla stagione 2022», conferma Domenico Montano, direttore generale Human Company di cui fa parte anche Hu Altomincio village di Salionze, frazione di Valeggio sul Mincio, una delle principali strutture ricettive della zona. Chi si spinge in questo entroterra verde lo fa certamente per il desiderio di esperienze open air e per il cicloturismo, ma anche per le proposte gastronomiche locali. Non a caso la Festa del nodo d’amore piace moltissimo ai turisti stranieri, specialmente dell’area germanica, e chi è riuscito ad accaparrarsi un biglietto per la nuova edizione (al costo di 140 euro) il 20 giugno prenderà parte al banchetto sotto le stelle allestito sul Ponte Visconteo del borgo, una tavolata lunga più di un chilometro per circa 3500 ospiti da tutta Italia ed Europa.

Un tortellino in segno di eterno amore
Il tortellino di Valeggio sarà ovviamente la portata principale del banchetto della Festa del nodo d’amore. Il contorno però è lo spettacolo, tra cui l’immancabile rievocazione delle leggendarie origini del tortellino. Secondo la tradizione una notte il capitano Malco, accampato sulle rive del Mincio con l’esercito del signore di Milano Gian Galeazzo Visconti, incontra la ninfa Silvia e se ne innamora. Quando i due fuggono insieme nelle acque del fiume lasciano sulla riva un fazzoletto dorato teneramente annodato, simbolo della loro unione eterna. Un nodo d’amore, appunto, di cui i piccoli tortellini locali ambiscono a richiamare forma e colore. «La leggenda di Malco e Silvia è una trovata geniale. Ma quando chiedevo a mia nonna perché a Valeggio si facevano i tortellini, lei mi rispondeva semplicemente: è così, li abbiamo sempre fatti». A parlare è Paola Gandini di Al Cacciatore – Tortellinando, albergo ristorante di Valeggio sul Mincio con annesso laboratorio artigianale di tortellini in cui chiunque può cimentarsi nell’antica arte della preparazione di questa eccellenza locale.

L’attività a gestione familiare esiste dal 1958. All’epoca c’era una sala da 250 coperti in cui si festeggiavano matrimoni, cresime e comunioni. «Quando ho iniziato a fare i tortellini, facevo la scuola elementare», racconta Paola mentre posiziona le piccole porzioni di ripieno nei quadratini di sfoglia dorata disposti sul banco di lavoro. «Ricordo che quando tornavo da scuola, in quarta o in quinta elementare, i miei genitori avevano già impastato: io mettevo giù la cartella e ci mettevamo a produrre i tortellini». Nel ristorante oggi una parete è occupata da una grande foto in bianco e nero: tra gli adulti intorno al tavolo, tutti sorridenti e intenti a “tortellinare”, c’è anche la giovane Paola. Dopo essersi laureata e aver fatto altre scelte di vita lontano da casa, un grave lutto la riporta a Valeggio sul Mincio e, nel passaggio generazionale dell’attività di famiglia, si ritrova tra le mani la possibilità (e la responsabilità) di portare avanti la tradizione del tortellino di Valeggio. «Mi sono chiesta: vado avanti per la mia strada o seguo quella dei miei genitori? Alla fine, il cuore mi ha portato qui».

Foto di famiglia Al Cacciatore – Tortellinando

Servono manualità ed esperienza
Oggi a Tortellinando, che ha aperto nel 2015, i tortellini sono fatti rigorosamente a mano, con farine biologiche, da Paola e da una storica collaboratrice di famiglia. Lavorando in due, con mano esperta, in un giorno possono arrivare a produrre sette o otto chili di tortellini. «Se usiamo le macchine per fare tutto, la tradizione se ne va. Se ne va una parte della nostra storia», dice. Non è facile trovare giovani “sfogline”, cioè le persone addette a tirare la sfoglia a regola d’arte. Mentre racconta Paola, con la naturalezza con cui si ripetono i gesti già compiuti migliaia di volte, inserisce l’impasto nella macchina per tirare la sfoglia, lo richiude su sé stesso formando un anello e, continuando a tastarne lo spessore con il palmo della mano, lo tira delicatamente fino a farlo diventare lungo e sottile. Serve un’ottima manualità, anche perché la sfoglia perfetta, liscia e fine come seta, va tirata una volta soltanto. Recuperarla e farla passare una seconda volta nella macchina cambia irrimediabilmente la consistenza del velo, un dettaglio che non passa inosservato ai palati più esperti.

Paola Gandini

La manualità serve a poco senza l’esperienza, però. A Paola basta il tocco della mano per capire se e come il meteo sta influenzando il processo di lavorazione. Il sole e la pioggia cambiano la consistenza della pasta stesa sul piano di lavoro e anche la durata della fase di essiccazione, che un tempo avveniva all’aria aperta e che oggi a Tortellinando si svolge su due essiccatori home made che il padre di Paola ha costruito quasi cinquant’anni fa con due motori di lavatrici e l’aiuto di un falegname. «La pasta cambia moltissimo di settimana in settimana anche in base alle uova che si comprano, perché alle galline non danno sempre le stesse cose da mangiare», prosegue Paola. «La ricetta della sfoglia è sempre dieci uova, un chilo di farina e un tuorlo, ma in realtà non è mai così precisa».

Essicatori

I tradizionali di carne e le variazioni sul tema
Una volta tirata, la sfoglia viene disposta sul piano di lavoro, tagliata a quadratini (più piccoli nel caso del ripieno di carne, più grandi se di verdure), riempita e piegata chiudendo ciascun tortellino «in un abbraccio». «I tradizionali di Valeggio sono alla carne, ma ciascuno li declina come vuole», spiega Paola durante la tortellini class. «Nel ripieno usiamo un terzo di manzo, un terzo di vitello e un terzo di maiale cotti a brasato. Maciniamo tutto, aggiungiamo prosciutto crudo e soppressa senz’aglio, le uova, un po’ di formaggio grana, sale all’occorrenza e un po’ di pane grattugiato. Non usiamo noce moscata, invece, per non coprire il sapore della carne». Conditi con burro e salvia, o serviti in brodo in inverno, i tortellini tradizionali sono sicuramente il piatto che va per la maggiore a Valeggio sul Mincio e dintorni. Ma nel menu oggi non possono più mancare le alternative. «Non possiamo non avere qualche tortellino spinaci e ricotta o alla zucca, che quando non è di stagione sostituiamo con la patata dolce. Sono un evergreen per chi non mangia la carne».
 

Una chicca è altrimenti il tortellino ripieno di capriolo con impasto fatto con farina di vinaccia, che conferisce un curioso colore bruno al nodo d’amore: molti a prima vista lo scambiano per cacao ma il delicato profumo, che ricorda il vino, non lascia dubbi. Un’altra particolarità di Al Cacciatore – Tortellinando sono altrimenti i tortellini fritti. Ne propongono di due tipi: di carne, serviti con un pizzico di sale come aperitivo; oppure di zucca, uno sfizio goloso da mangiare con la Nutella. Un’accoppiata che, promette Paola, è una vera bomba.

@Tortellinando