Il terzo tavolo sulle pensioni tra sindacati e governo non è andato benissimo. Tutt’altro. Dopo quello introduttivo del 19 gennaio e l’altro tematico su giovani e donne del 13 febbraio, per la Cgil di Maurizio Landini è stato «totalmente inutile». «Risultati concreti? Non ce ne sono. Nessuna risposta alle nostre richieste», conferma il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Più dialogante Luigi Sbarra, leader della Cisl, che apprezza la ripresa del dialogo con le parti sociali, ma si aspetta ora di vedere risultati concreti già con la prossima legge di stabilità.
La ministra del Lavoro Marina Calderone pensa a un calendario di altri tavoli tecnici. Ma prende tempo per arrivare a fine settembre, quando verrà impostata la legge di bilancio. Il punto è che le promesse elettorali del governo, convergenti tra l’altro con la proposta di “quota 41” dei sindacati, costano troppo. Servirebbero circa 10 miliardi, il governo ne ha ha disposizione 2. Più probabile la proroga di quota 103.
Tornano a casa deluse anche le lavoratrici “esodate” da Opzione Donna, ieri in piazza a Roma sotto la sede del ministero. Il pensionamento anticipato a 58-59 anni, di per sé già penalizzato da un taglio implicito dell’assegno per via del ricalcolo contributivo, è stato reso ancora più inaccessibile dai nuovi stringenti requisiti introdotti nella manovra.
«Dopo quattro mesi di silenzio, il governo non è stato in grado di dare alcuna risposta. Anzi registriamo solo passi indietro, a partire dal taglio della rivalutazione delle pensioni in manovra a quello del fondo precoci, dall’incremento del tetto dei voucher alla liberalizzazione dei contratti a termine. Provvedimenti che mettono a rischio la costruzione di una pensione dignitosa», dice Landini. Secondo il quale, «al netto degli slogan elettorali, non c’è alcuna volontà di riformare il sistema previdenziale». Anzi «nel Def non ci sono risorse e non si fa nulla per contrastare l’evasione contributiva: a gennaio la legge Fornero tornerà a essere l’unico strumento di flessibilità in uscita».
La Cgil non diserterà i prossimi tavoli, ma chiede al governo di ragionare sulla proposta della piattaforma unitaria sindacale: superamento della legge Fornero, in pensione a 62 anni o con 41 di contributi. I sindacati si aspettano di sapere quali risorse il governo intende mettere in campo.
Prima dei sindacati sono state ricevute le imprese che apprezzano l’intenzione della ministra Calderone di pensare a uno strumento unico, da tre attuali, per favorire i prepensionamenti, agevolando anche le piccole aziende.
Non sarà una riforma semplice da definire. Tanti sono i nodi da scogliere con lo sguardo rivolte alle risorse da mettere sul piatto e poco tempo a disposizione: dalla flessibilità in uscita, all’allargamento della platea relativa all’Ape sociale, all’ipotesi di deducibilità delle misure di welfare, fino alla pensione contributiva per giovani e donne, e a uno strumento unico per gli esodi incentivati. A dicembre scade Quota 103 con il rischio di un ritorno alla legge Fornero, tanto osteggiata da Salvini.
“Quota 41” per tutti «posso garantire che poi si farà», dice il sottosegretario al Lavoro leghista Claudio Durigon alla Stampa. «Se sarà fatta quest’anno o comunque il prossimo lo vedremo. Ma sia come Lega che come governo vogliamo senz’altro portare a casa questo risultato. E già la quota 41 nella quota 103, con 62 anni di età, è un primo passo in questa direzione. Con la Quota 102 di Draghi andarono in pensione 108.000 persone con la Quota 103, come la chiamate voi coi 41 anni di contributi e il 62 anni di età, già oggi sono 17.000 quelli che hanno lasciato il lavoro in anticipo, poi ci sono tutte le altre domande in lavorazione, per cui raggiungeremo certamente le 40-50.000 uscite previste a fine anno». Ma «prima bisogna capire la consistenza delle risorse e conoscere la sostenibilità delle varie misure e poi possiamo dare le risposte migliori».