L’ultimo giorno di scuola Un racconto su cinque anni passati in un lampo

C’è un lato gastronomico dell’andare a scuola: sapori e profumi che hanno reso speciali le elementari di una bambina, perché tutti i momenti importanti della vita hanno un gusto. E qui ne raccontiamo un assaggio

Foto di Alexander Grey su Unsplash

Sono passati cinque anni da quel primo giorno di scuola. Tutto era nuovo per Laura: il grembiulino, la cartella, l’astuccio, i quadernoni, il suo sguardo mentre parlava dei suoi sogni e delle sue aspettative. E come in ogni grande passaggio, il cibo ha avuto un ruolo fondamentale. Su questo ho deciso che fosse lei a decidere, con l’entusiasmo dei suoi sei anni: era il suo primo giorno, non il mio. Le mamme possono accompagnare, emozionarsi, fotografare, raccontare. Ma a sedersi per la prima volta dietro un banco sono loro, i bambini.

Così abbiamo concordato per la sera prima polpettone e patate: ho dovuto ricondurla a più miti consigli perché lei aveva chiesto cotolette e torta al cioccolato, forse non proprio leggerissimi alla vigilia di un’occasione così importante. A colazione per la grande mattina latte tiepido, pane e miele; per merenda, nello zaino, biscotti e una bottiglietta d’acqua. «E quando arrivi a casa, per pranzo, cosa vuoi? Scegli tu!». Davvero, scelta libera: la mamma era pronta a spadellare all’infinito. Se li vuoi, ti faccio i ravioli come a Natale. E Laura: «Un panino». Come un panino? «Un panino con la coppa e il gruviera che si scioglie, bello croccante fuori». Ecco. Un panino è stato pronto ad accoglierti al tuo ritorno dal primo giorno di scuola. Forse perché le fette di pane che racchiudono la farcia sono un po’ come una famiglia che abbraccia e protegge. Ma si aprono, a far conoscere la bontà dell’interno e ad accogliere sapori nuovi. Perché un panino è un compagno di viaggio, ma sa aspettarti a casa per farti sentire coccolato.

Cinque anni sono passati da quel panino. Cinque anni in cui Laura è cresciuta, ha imparato tante cose nuove: il cibo è stato sempre presente in queste elementari segnate dal Covid. La prima festa con i compagni tra hamburger e patatine fritte, saltellando sui gonfiabili, quando ancora non immaginavamo cosa sarebbe successo; e poi quelle stranianti pizze mangiate davanti al pc durante il lockdown, per condividere una serata con le amiche lontane ma sempre vicine. Il ritorno in classe in pandemia, quando a mensa bisognava stare distanziati e le merendine non si potevano offrire ai compagni. E finalmente, l’anno scorso, una serata in pizzeria da sola con le amiche, i genitori a sorvegliare “nascosti” a un altro tavolo. E di nuovo una normalità fatta finalmente di pranzi al sacco da mangiare in compagnia in gita, di caramelle distribuite alla classe, di candeline da soffiare senza paura di fiato e sputacchi.

Così siamo arrivati alla fine di questo percorso, iniziato con un panino alla coppa. Anche questa volta ho chiesto a Laura cosa vuole mangiare, alla sera, per il suo ultimo giorno di scuola. Una Laura diversa, consapevole, che sa leggere e scrivere, ma non solo, che conosce e comprende il mondo e le sue pieghe, più di quanto mi sarei aspettata. «Cuciniamo insieme, mamma». Va a prendere un ricettario, scegliendo tra i tantissimi che abbiamo in casa quello di cucina lombarda tradizionale, e inizia a sfogliarlo, piano, con calma: «Voglio qualcosa di tradizionale, ma che non abbiamo mai fatto». Pensa e ripensa, la scelta cade su una minestra di riso e latte. Strano, è un piatto “vecchio”, da nonna, ma che noi non prepariamo mai. Strano, anche perché è decisamente poco estivo. Anche la foto, tutta bianca, è decisamente poco accattivante. Eppure, mi spiega, «ha un’aria coccolosa, morbida, riposante. E poi il riso mi piace, il latte pure, vediamo come stanno insieme». Hai imparato a leggere in questi anni, certo, ma anche a sperimentare, e a capire che la novità deve venire dalla conoscenza del passato. Un ciclo si chiude: riposiamoci prima di iniziarne un altro e di scoprire cosa porterà nella tua vita. Amicizie, conoscenze, sapori.