La chistorra di RoncisvalleUn racconto di merende, strade e gioia di vivere

Un morso al panino con la gustosa e saporita salsiccia iberica, oltre a dare tanta gioia, può insegnare molto sulla vita

Foto di Sarah Halliday su Unsplash

Roncisvalle è la prima tappa del Cammino di Santiago. Roncisvalle è la porta della Spagna. Roncisvalle è verde, come gli alberi, come i prati, come i sogni, almeno i miei. L’ultima volta che ci sono stata (sono già passati sei anni, troppi), il sole era velato, l’aria era umida, fresca, anche se era agosto. Ma il verde era quello degli smeraldi. Abbiamo passeggiato nell’erba bagnata, ho spiegato alla mia bambina tante cose, forse non tutte precise. Le ho raccontato di battaglie e pellegrini, di santi e guerrieri.

Le racconto anche che la prossima nostra tappa sarà nel borgo di Santo Domingo de la Calzada, in Rioja: lei non lo sa ancora, ma lì mangerà il suo primo, enorme piatto di pata negra e vedrà, ridendo, un gallo e una gallina in una chiesa. Narra la leggenda che secoli fa la figlia dell’oste di questo paesetto si innamorò di un giovane pellegrino tedesco, Hugonel; non ricambiata, la ragazza volle vendicarsi, nascondendo nel bagaglio di lui un vaso d’argento, per denunciarne il furto. Hugonel venne condannato a morte e impiccato. Giunsero i genitori per vedere la salma del ragazzo, ma quando giunsero sul luogo dell’esecuzione udirono la voce del figlio annunciare loro un miracolo: Santo Domingo aveva salvato la sua vita innocente. Recatisi a casa del governatore riferirono l’accaduto. Incredulo, il “sindaco” replicò ironicamente che il loro figlio era ancora vivo esattamente quanto il gallo e la gallina che lui aveva nel piatto. Ed ecco, i due polli sbatterono le ali e presero a cantare. Ancora oggi nella cattedrale, in ricordo del prodigio, un piccolo pollaio in legno ospita un gallo e una gallina bianchi, vivi, che rompono l’austero silenzio della chiesa con le loro voci. E la città si presenta al visitatore con il motto «Santo Domingo de la Calzada donde canto la gallina después de asada».

La bimba mi guardava, con gli occhi di due anni spalancati come finestre, come spugne che assorbivano tutte quelle storie e che si impregnavano di tutti quegli odori. Il periodo passato era stato difficile, pesante, ma adesso eravamo lì, tutti insieme, e solo quello contava. Avevo passato il confine, una nuova strada iniziava. La croce, la collegiata, i turisti, i pellegrini, una passeggiata. E poi una pausa, per un panino. All’aperto, guardando il prato mentre il sole finalmente si rivelava in tutta la sua forza estiva, e il verde era ancora più verde. «Che cos’è la chistorra?», chiedo al cameriere. «Una salsiccia locale, saporita». Mi assicuro che sia priva di aglio (sono allergica), faccio il giro degli ordini: panini al formaggio, al prosciutto, ma io voglio provare la chistorra. Arriva finalmente il sospirato panino, caldo e fragrante e… ammorbidito da una spalmata di pomodoro e da un filo di olio. «Ma perché ci hai messo il pomodoro? Non l’avevo chiesto», anzi, sono anche un po’ risentita. Il cameriere risponde «Porquè me gusta mejor». Assaggio. Delizioso. Squisito. Guardo il sole, guardo la mia famiglia, guardo il prato e la strada che si stende davanti a noi. Sento il pomodoro addolcire la forza della salsiccia, sorrido. Sono felice. Davvero. E capisco che a volte bisogna lasciarsi guidare da chi ne sa di più. Si tratti di panini, di viaggi o di vita.

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