«È come se la Serenissima fosse ancora tra noi, perché la laguna rientra tra le responsabilità del magistrato delle acque. I terreni sono pubblici e la concessione implica la costruzione di un rifugio di emergenza».
I terreni in questione sono degli isolotti nel cuore della laguna di Marano, patrimonio della biodiversità situato nella parte più settentrionale dell’Alto Adriatico, tra l’ultima punta litoranea di Lignano Sabbiadoro (Udine) e la Laguna di Grado (Gorizia). Qui si trova la Riserva naturale regionale Foci dello Stella, raggiungibile via acqua attraverso il delta del fiume Stella.
Il rifugio di emergenza, invece, è un “casone”, anche se sarebbe più corretto utilizzare il plurale. Tutt’oggi, tra le due lagune, ne contiamo una quarantina, e ognuno di loro è in grado di conservare, valorizzare e tramandare le tradizioni di pesca di una cittadinanza ancorata (nel senso positivo del termine) alle proprie origini. «Qui comanda Marano, non la Regione», ci dice scherzando, ma neanche troppo, un pescatore che ha cucinato per noi decine di orate appena pescate in una tiepida – per fortuna non troppo umida – mattinata di inizio luglio.
I casoni sono residenze per pescatori fatte di legno e bambù, contraddistinte da un inconfondibile tetto spiovente di paglia e canne palustri. Ricordano, sotto certi aspetti, le bamboo house vietnamite, anche se molto più piccole, semplici e non utilizzate a scopi turistici.
A Marano vige infatti una regola ferrea: i casoni non sono, e non saranno mai, ristoranti, alberghi o attività commerciali di qualsiasi genere. Puoi entrarci e goderti l’atmosfera solo su invito, che solitamente arriva da un pescatore o da un membro della famiglia. L’importante è che ad aprirti le porte sia un “casonero”, sempre presente a controllare che tutto vada per il verso giusto. Perché i friulani sono così, accoglienti ma con la guardia sempre alta, contenti ma mai davvero felici e appagati (un detto ricorrente in questo territorio). C’è sempre del lavoro da fare per alzare ulteriormente l’asticella.
Ancora oggi, i casoni vengono sfruttati dai maranesi DOC per organizzare grigliate o feste che durano fino a tarda notte, ma anche per trascorrere qualche giorno di riposo durante l’estate o l’inverno. Nei mesi freddi, sottolinea un pescatore seduto al nostro tavolo, il fascino è decisamente maggiore grazie all’atmosfera del fuoco a pochi centimetri dall’acqua salmastra della laguna di Marano.
La maggior parte dei casoni può essere raggiunta esclusivamente in barca. Da Lignano, ad esempio, i “Somewheretours” con settanta euro permettono di fare una lunga escursione nei meandri della riserva naturale, garantendo una sosta per visitare – senza consumare cibo cucinato all’interno – un casone.
Osservandoli dalla barca, i rifugi in legno e bambù sembrano galleggiare dolcemente sull’acqua, cullati dalle timide onde tra cui è facile vedere i pesci saltare con un’agilità inaspettata. Insieme formano dei piccoli quartieri scenografici e romantici: tutti si conoscono e, anno dopo anno, sono stati capaci di creare una solida comunità. A differenza di una classica città, qui un invito a pranzo arriva gridando da un casone all’altro, in attesa che arrivi a destinazione la barchetta dell’ospite.
La particolarità di queste abitazioni, di proprietà del Comune, è che possono essere intestate solo a chi nasce, cresce e pesca a Marano Lagunare. Terminata la durata della concessione, il rinnovo funziona in maniera molto semplice: per tacito assenso. Ai pascatori e ai loro amici più fidati, che possono prendere in gestione l’abitazione, spettano gli interventi di manutenzione. Questi devono essere costanti e programmati con anticipo, perché il maltempo e gli uccelli possono distruggere in men che non si dica queste casette tanto affascinanti quanto fragili.
Uno dei casoni, per rendere l’idea, è di un produttore di birra che ha avuto poco tempo per prendersene cura, e infatti il tetto risulta parzialmente scoperchiato. Alcuni rifugi sono più spartani, altri – come quello dove siamo stati invitati – risultano decisamente più attrezzati, con bagno esterno, griglia, cucina, salotto, giardino e persino delle pompe per l’acqua potabile alimentate da piccoli pannelli fotovoltaici.
«Marano è entrato nel Regno d’Italia alla fine dell’Ottocento, quindi un po’ dopo l’unità d’Italia. Grado, invece, è rimasto all’interno dell’impero austro-ungarico fino alla fine della Prima guerra mondiale, quindi là le leggi sono andate avanti in modo diverso», racconta una guida del posto. Ecco perché a Grado le regole sui casoni sono meno rigide: «Più o meno a metà tra Marano Lagunare e Grado, sull’isola dell’Anfora, ci sono i due ristoranti ufficiali in casone», continua.
Il primo è la trattoria Ai Ciodi e il secondo fa parte dell’Albergo diffuso di Grado, che ha lo stesso nome del ristorante. A livello europeo, è il primo progetto del genere a svilupparsi su un territorio lagunare, nella speranza di garantire un’esperienza il più possibile autentica. Tornando nella Riserva naturale regionale Foci dello Stella, è d’obbligo una sosta presso La Bilancia di Bepi, che – oltre a organizzare escursioni in canoa – mette a disposizione un food truck dove vengono cucinate specialità di pesce pescato sul momento grazie a un’enorme rete a bilancia. Il nonno del proprietario era un grande amico di Ernest Hemingway, noto aficionado del Friuli. In quelle zone scrisse “Addio alle armi” (1929), senza mai rinunciare a un’uscita di caccia in compagnia di Bepi.