Bakery prêt-à-porterLa colazione per lo chef è come il profumo per lo stilista

Se non ti puoi permettere l’abito dell’ultima sfilata, puoi comprarti un profumo con il logo: è uno dei principi cardine del mondo della moda. Replicato, con grande successo, dagli chef di grido. Se non possono mangiare i piatti stellati, che mangino brioche

Foto di aykapog da Pixabay

La coda si dipana per diversi blocchi, prima di arrivare al portone in vetro di uno dei ristoranti newyorkesi più acclamati. Ma le persone non stanno ore in piedi per avere un tavolo in uno dei locali più celebri al mondo, intoccabili dal punto di vista economico e spesso imprenotabili per mesi, a causa dei pochi posti disponibili a fronte di una domanda internazionale.

La coda è ordinata e mattiniera, e si forma perché qui all’Eleven hanno intercettato una tendenza, e l’hanno fatta diventare loro. Se lo chef di grido e il ristorante stellato non possono essere per tutti, esattamente come succede per l’alta moda, una sua piccola emanazione, poco impegnativa per lui ma di grande valore per il pubblico di riferimento, che farebbe di tutto per assaggiare le sue creazioni o per indossarle, nel caso degli stilisti, perché non fare il prêt à porter? Ma non quello che abbiamo sempre immaginato, ovvero il bistrot dello stellato, comunque attività impegnativa, onerosa, che ha dei rischi imprenditoriali notevoli e comunque un costo non banale per i clienti. Proviamo a cimentarci con qualcosa che sia di tendenza in questo momento, come la croissanteria da colazione, ultima frontiera del gastrofighettismo nordico che ha contagiato il mondo intero, e facciamolo usando un brand di grido, che sia la garanzia di un prodotto buono e unico. Voilà, il gioco è fatto: coda garantita, cucine che funzionano nei momenti morti per il ristorante, fatica limitata e investimento nullo. Quel che arriva è tutto un extra, ma soprattutto è visibilità ulteriore per il business principale, che avrà un hype notevole sia sui giornali che sui social network.

Come si crea la coda, e il bisogno? Intanto, con la garanzia che questi dolci siano per tutti, perché nonostante siano golosissimi sono vegani, come tutta l’offerta del ristorante da qualche anno a questa parte. Cosa che peraltro ha fatto discutere molto e ha fatto perdere appeal, per una certa fascia di clientela, alla proposta del locale. Tutti i dolci hanno qualcosa a che fare con le ricette servite al ristorante principale: non stai mangiando una brioche, ma stai assaporando – in versione mignon – quello che i ricchi frequentatori dell’Eleven possono assaggiare ai tavoli del ristorante. Sei come loro, ma con un costo calmierato, perché 6/7 dollari per un dolcetto stellato siamo disposti a spenderli (quasi) tutti. Sicuramente, la coda si forma anche con l’idea (vincente) di qualcosa che è già di moda di suo, i croissant, e con il marketing della privazione, principio sul quale anche il pastry chef star francese Cedric Grolet ha fatto la sua fortuna.
E poi, la coda si mantiene anche con una buona dose di strategia: i dolcetti si mangiano solo il sabato a partire dalle 11, solo nel pop-up Bake It Nice e solo fino a esaurimento, con quantità ben studiate per essere abbastanza da creare la coda ma mai abbastanza per esaurire tutte le persone in fila. “Assicuratevi di passare per non perdere l’occasione” recita ammiccante il profilo instagram del ristorante. E a giudicare da quante persone sono schierate lì fuori ogni sabato, la partita è vinta.

Forse, partendo subito, riusciamo ad agguantare una brioche anche noi.

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