Il capitale umanoI distretti industriali sono pronti a ripartire, ma devono puntare su tecnologia e giovani

La Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha analizzato i bilanci di novantamila imprese per crescita, export, profitti e solidità finanziaria, descrivendo quali azioni adottare per contrastare i rincari dell’energia e farsi trovare pronti nel 2024

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Il 2022 è stato l’anno record per le esportazioni delle imprese distrettuali che hanno toccato i centocinquantatré miliardi euro (più venti per cento circa rispetto al 2019); Le imprese con investimenti 4.0 possono vantare EBITDA margin più elevati rispetto alle altre, soprattutto tra le imprese più piccole (quasi il doppio); le aziende che hanno introdotto piani di welfare aziendale hanno maggiore produttività e crescita. E le imprese distrettuali con almeno un under quaranta nel board crescono di più, sono più innovative e attente agli aspetti ambientali. Sono questi i dati più sorprendenti del quindicesimo Rapporto annuale che la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha dedicato all’evoluzione economica e finanziaria delle imprese distrettuali. Il presidente del Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo professor Gian Maria Gros-Pietro, il Chief Economist Gregorio De Felice e il Responsabile della Ricerca Industry & Banking Fabrizio Guelpa hanno presentato il rapporto che illustra la velocità del recupero dei distretti dopo il crollo del 2020 e descrive  le azioni adottate per contrastare i rincari dell’energia, quantificando gli effetti della crisi energetica sulla marginalità delle imprese.

Secondo il report nel 2023, che ha analizzato i bilanci di oltre novantamila imprese, i migliori distretti italiani per crescita, export, profitti e solidità finanziaria sono  la Gomma del Sebino Bergamasco, il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e i Vini e distillati del Friuli. Le altre imprese, se vorranno farsi trovare pronte nel 2024 quando la domanda si riprenderà, dovranno puntare su un mix combinato di tecnologia, innovazione e capitale umano,

Il report di Intesa evidenzia il recupero post-pandemico di 22.302 imprese appartenenti a centocinquantanove distretti industriali, nel confronto con 68.377 imprese non distrettuali specializzate nelle produzioni distrettuali. Emerge una migliore dinamica delle imprese distrettuali che in termini mediani già nel 2021 hanno registrato un fatturato del 5,2 per cento superiore ai livelli del 2019, due punti percentuali in più rispetto alle aree non distrettuali. Anche la redditività si è rafforzata: l’EBITDA margin nei distretti è salito al 7,7 per cento, tre decimi di punto in più rispetto al 2019. 

A fronte di un rapido recupero, l’accresciuta complessità del contesto macroeconomico ha accentuato le distanze tra chi è più competitivo e chi è più in difficoltà: in gran parte dei settori, infatti, è aumentata la quota di imprese con EBITDA margin negativo ed è salita l’incidenza delle imprese con margini unitari superiori al venti  per cento. 

Secondo il report di Intesa Sanpaolo è stato premiante il posizionamento strategico: tra le imprese distrettuali con brevetti, l’EBITDA margin è salito al 9,9 per cento nel 2021, dal 9,1 per cento nel 2019; si è così ampliato il divario rispetto alle altre imprese, salite all’8,1 per cento dal 7,8 per cento. Nel sistema moda le imprese fortemente inserite nelle filiere del lusso nel 2021 hanno mostrato una marginalità unitaria decisamente più elevata rispetto a quella dei fornitori marginali o non continuativi (9,4 per cento vs sette per cento). La distanza si è ampliata nel triennio 2019-21. 

Nel 2022 la crescita dei distretti è stata di venticinque miliardi in più rispetto al 2019 (+19,9 per cento a prezzi correnti), mentre il fatturato ha registrato un aumento del 16,7 per cento in termini mediani, mostrando una dinamica migliore rispetto al complesso manifatturiero (+15,2 per cento). Il forte aumento dei costi, in parte traslato sui prezzi, ha condizionato la marginalità unitaria che, tuttavia, grazie a efficientamento dei processi, autoconsumo, sostegni governativi, ha subito una riduzione contenuta, inferiore al punto percentuale. Per il 2023-24 Intesa stima una crescita nominale del fatturato ancora superiore al manifatturiero (+3,3 per cento vs +0,9 per cento), in un contesto di prezzi alla produzione pressoché invariati

La reazione delle imprese alla crisi energetica
Il tessuto produttivo italiano si dimostra reattivo: soprattutto nelle aree ad alta intensità distrettuale dove prevalgono le azioni dirette a rivedere l’offerta per ridurre i consumi di energia, ad avviare oppure potenziare l’autoproduzione di energia, a rimodulare i turni. 

Molte imprese hanno già apportato soluzioni che riducono l’impatto dei costi energetici. In termini mediani emerge tra il 2019 e il 2022 un aumento del cinquantasette per cento degli importi pagati da imprese distrettuali a favore di utilities energetiche. 

Per il primo quartile della distribuzione si rileva tuttavia un lieve calo degli importi pagati (meno tre per cento), mentre i pagamenti risultano più che raddoppiati per il quartile maggiormente impattato (più 118 per cento). Inoltre, le imprese distrettuali che hanno installato almeno un impianto per la produzione di energia rinnovabile hanno una marginalità più elevata (9,8 per cento vs 8,1 per cento).

Le imprese piccole e micro sono quelle che traggono i maggiori vantaggi. L’analisi dei flussi di import evidenzia il tentativo da parte delle imprese distrettuali di diversificare i paesi di approvvigionamento, ricercando a livello mondiale ogni alternativa possibile, anche in Asia. Ciò si è tradotto in un potenziamento, almeno temporaneo, dei magazzini.

I vantaggi degli investimenti in tecnologia
Le imprese distrettuali continuano a mostrare un forte impegno sul fronte dell’innovazione (circa settantacinque brevetti ogni centro imprese vs.cinquantuno nelle aree non distrettuali), che ne rafforza strutturalmente la competitività, così come nell’adozione di tecnologie 4.0.

Secondo le indagini che la Direzione Studi e Ricerche ha condotto in più territori ad alta intensità distrettuale, i principali obiettivi raggiunti con l’adozione di tecnologie 4.0 hanno riguardato i processi, venendo utilizzate per favorire l’automazione delle diverse fasi produttive e per monitorare e controllare i passaggi lungo la catena del valore. I vantaggi della tecnologia sono evidenti in termini di redditività e produttività.

Da un’analisi su quattrocentoventitré imprese localizzate nel Triveneto, in Emilia Romagna e nelle Marche, in gran parte attive in settori ad alta intensità distrettuale come Meccanica, Agro-alimentare e Legno-arredo, tra le imprese 4.0 emerge la miglior dinamica dell’EBITDA margin, che si è rafforzato tra il 2019 e il 2021. Si è così ampliato il divario rispetto alle altre aziende, che invece hanno subito un ridimensionamento del proprio mark up. Le differenze maggiori si osservano per le imprese più piccole: nel 2021 quelle 4.0 hanno registrato un EBITDA margin pari al 14 per cento; il resto delle micro imprese si è fermato all’8 per cento.

Il ruolo del welfare aziendale
I ritorni della tecnologia dipendono fortemente dalla qualità del capitale umano inserito in azienda. Non a caso, negli ultimi anni, è aumentata significativamente la ricerca di figure e tecnici ICT. Una quota consistente di queste nuove posizioni è di difficile reperimento, spesso per mancanza di candidati. Nelle aree a media intensità distrettuale questa sfiora, infatti, il 50 per cento (45,6 per cento il dato totale). 

Le imprese, con l’obiettivo di attirare e trattenere competenze, possono adottare mirate politiche di welfare aziendale, che possono contribuire anche a risolvere, almeno parzialmente, le difficoltà incontrate dalle donne con figli in età scolare nel conciliare lavoro e famiglia. 

L’analisi di un campione di circa duemila imprese evidenzia come nei distretti vi sia un’intensità lievemente superiore nell’adozione di misure di welfare (lo scostamento rispetto alle aree non distrettuali è pari a due punti percentuali). Il divario supera addirittura i dieci punti percentuali quando si considerano le micro imprese, che nei distretti sembrano imitare i comportamenti virtuosi delle imprese più grandi, di cui molto spesso sono partner strategici. 

I ritorni dall’adozione di politiche di welfare sono evidenti: nei distretti le imprese che hanno adottato misure di welfare nel 2021 hanno raggiunto livelli di produttività per addetto pari a 69.400 euro, con una differenza dalle altre imprese che è salita a oltre 18.000 euro, il doppio rispetto al divario del 2019. Far star bene i propri dipendenti riduce l’assenteismo e aumenta il legame e la fidelizzazione con l’impresa, con ritorni significativi anche in termini di produttività.  

La governance
Un’altra area di miglioramento riguarda la governance. La capacità delle imprese di rinnovare e potenziare le proprie competenze e aprirsi con più facilità alla transizione tecnologica e green può anche passare attraverso il passaggio generazionale. 

L’analisi dell’evoluzione del board per classe d’età evidenzia che nell’ultimo quadriennio si è verificato un invecchiamento degli amministratori: nel 2022 nei distretti è salita al 12,6 per cento la quota di imprese guidata solo da persone con almeno 65 anni, quasi due punti percentuali in più rispetto al 2019. Al contempo, è scesa al 19,9 per cento l’incidenza delle imprese distrettuali con almeno un under quarantenne nel board; questa percentuale si collocava al 23,4 per cento solo tre anni prima. 

La situazione nelle aree non distrettuali è addirittura lievemente peggiore. È dunque necessario accelerare i processi di ringiovanimento del board, visti anche i ritorni positivi ottenuti dalle imprese che sono riuscite a intraprendere virtuosi processi di accompagnamento generazionale: le imprese con almeno un under quaranta nel board sono cresciute di più in termini di fatturato nell’ultimo triennio e risultano più innovative e attente agli aspetti ambientali (il 25,1 per cento ha certificati ambientali vs il 9,7 per cento delle imprese con il board composto solo da over sessantacinquenni).

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