Qual è l’impronta carbonica della tua libido? Una domanda del genere impone sin da subito di affrontare la relazione tra la libido – vale a dire desideri, impulsi, stimoli e tutti quegli affetti correlati alla nostra cosiddetta “sessualità” – e l’ambiente. Oggi questi due concetti – e ciò che producono sul mondo reale – sono profondamente intrecciati, in maniera multiforme. La nostra libido, sia sul piano individuale che collettivo, ha un impatto sul mondo naturale, e viceversa. Con una formula più generica, la domanda iniziale è: l’espressione della libido sviluppa un’impronta carbonica? Se sì, come possiamo misurarne la portata? Come se ne spiegano gli effetti? Qual è “l’impatto” ambientale dei nostri desideri personali? Questi ultimi accelerano il cambiamento climatico? Per contro, il cambiamento climatico – o, più in generale, il rischio ambientale – influenza la nostra percezione dell’erotico? Se sì, in che modo e con quali configurazioni?
Seppur in maniera diversa, siamo tutti consapevoli che le nostre pulsioni sessuali sono connesse all’economia. Dopotutto, la pubblicità gioca un ruolo importante nella produzione del desiderio, per poi indirizzarlo verso specifici prodotti, marchi, servizi o esperienze monetizzabili. Lo sappiamo: il sesso vende. Lavoriamo per procurarci il sostentamento necessario a vivere in questo mondo. Ma svolgiamo un pluslavoro focalizzato su ciò che è irraggiungibile: appagamento sessuale, intrighi erotici, apparizioni voluttuose, e via dicendo. Freud ha riservato un’espressione specifica per indicare le diverse modalità erotiche di scambio che avvengono sia all’interno dei vari livelli della psiche sia tra la psiche e il mondo: “economia libidinale”. Questa locuzione, a dire il vero ingombrante, riguarda le modalità psicosociali di scambio, risparmio e spesa che tutti noi affrontiamo quotidianamente. Qualsiasi investimento emotivo fatto su una persona o su un progetto con la speranza di essere felici, o di accrescersi da un punto di vista psicologico, è un esempio di come si contribuisce all’economia libidinale nel suo complesso. In teoria, persino un bacio rubato viene incluso nella contabilità generale. Dal momento che sia la microeconomia che la macroeconomia dipendono da esigenze, bisogni, speranze e desideri, possiamo affermare con una certa sicurezza che ogni economia possiede una componente erotica. Tutto sta a rintracciarla con sufficiente precisione (anche se, è vero, a volte una plusvalenza a lungo termine è semplicemente una plusvalenza a lungo termine). Eppure, non siamo così consapevoli di quanto e come le nostre vite o aspirazioni erotiche siano strettamente intrecciate con l’ambiente. Non abbiamo ancora riflettuto sull’esistenza e sulle implicazioni di un’ecologia erotizzata. Questo, in sintesi, è l’obiettivo del presente libro: riesaminare e, allo stesso tempo, rielaborare gli strumenti concettuali di Freud per migliorare la nostra comprensione di quello che viene chiamato “Antropocene”; o, per meglio dire, dell’impatto umano, quantificabile e sempre più rapido, sull’ambiente nel suo complesso. Il concetto di ecologia libidinale è, a tutti gli effetti, la mia proposta di un Green New Deal erotico (nel quale l’Eros non è ridotto alla semplice sessualità ma coinvolge tutti i piaceri sensuali e intellettuali della vita).
Per fare un esempio, nel 2013 cominciò a circolare la notizia che il bestseller mondiale Cinquanta sfumature di grigio aveva iniziato a perdere l’interesse suscitato nel mercato editoriale. In quel momento, nel solo Regno Unito e prima ancora dell’uscita del film, questo artefatto culturale aveva venduto 5,3 milioni di copie. Ma una grande percentuale di queste era finita nel circuito dei charity store, senza però riuscire a essere rivenduta né mandata al macero. Come riportato dal «Telegraph», «il Paese ha accumulato una “montagna di carta” fatta di copie invendute del romanzo erotico firmato da E. L. James, il che lascia intendere che i lettori siano ormai stufi della trilogia mommy porn». Il passaggio più rilevante però era che «queste copie non possono essere riciclate a causa della colla usata per la rilegatura». Una decisione sbagliata nel processo produttivo aveva fatto sì che questi oggetti facilmente riciclabili, che contenevano la storia di una giovane studentessa universitaria che acconsente a vivere un rapporto incentrato su comportamenti degradanti, non fossero biodegradabili. In poche parole, Cinquanta sfumature di grigio era un disastro ecologico. Un disastro ecologico aggravato dal fatto di essere un mommy porn, una narrazione legata quindi alla libido collettiva di casalinghe (presumibilmente) annoiate (sebbene il pubblico del libro non fosse limitabile in alcun modo solo a questo considerevole segmento della popolazione).
Questo non è che un esempio: la lista di casi in cui i nostri desideri erotici alimentano la devastazione ambientale è potenzialmente infinita. Avviare un’indagine filosofico-culturale sul collegamento tra libido ed ecologia apre fin da subito un vaso di Pandora di questioni complesse. Come spesso accade, le difficoltà iniziali riguardano la terminologia, e quindi le definizioni adottate per spiegare il problema. Cosa significa parlare di “libido” in un’epoca in cui Freud non è più preso sul serio, sebbene continui a perseguitare il mondo contemporaneo con i suoi modi perturbanti? Se partiamo dal presupposto che questo concetto abbia una sua legittimità, in che misura la libido è un segno diretto di erotismo o sessualità? È utile distinguere questi termini, come fanno molte persone? In ogni caso, quali tipi di esperienza, azione e interazione sono considerati libidinali e quali no? Inoltre, dal momento che tutto ciò che facciamo ha un qualche effetto sul mondo – come nel caso della famosa farfalla che, sbattendo le ali, genera una tempesta dall’altro capo del pianeta – è significativo o utile riconoscere quali tipi specifici di comportamento, o di forme di essere, abbiano una maggiore rilevanza ecologica?