L’ultima parolaIn Svezia il governo pensa a una legge ad hoc per impedire di bruciare il Corano in pubblico

La Costituzione svedese tutela a tal punto la libertà di espressione da non poter fermare in alcun modo i roghi del testo sacro islamico. Dopo una serie di crisi diplomatiche con Turchia, Iraq e Marocco, il ministro della Giustizia svedese Gunnar Strommer ha spiegato che Stoccolma sta valutando di cambiare la sua legislazione

LaPresse

I roghi di  copie del Corano, avvenuti in Svezia durante alcune manifestazioni pubbliche, stanno avendo  conseguenze sull’immagine del Paese scandinavo nel mondo musulmano e sulla sicurezza di Stoccolma. Gli atti blasfemi sono stati condannati dal governo svedese che non ha potuto impedire lo svolgimento delle dimostrazioni a causa delle tutele costituzionali alla libertà di espressione. La Costituzione garantisce questo diritto, anche qualora l’opinione espressa metta in discussione messaggi religiosi oppure possa essere offensiva per i credenti mentre le leggi contro la blasfemia sono state abrogate negli anni Settanta.

L’unica possibilità per vietare una manifestazione è legata alla presenza di minacce per l’ordine pubblico e la polizia ha usato proprio questa motivazione per vietare due roghi del Corano a inizio anno. È stato però presentato un ricorso  e i tribunali hanno dato torto alla polizia asserendo che non erano stati dimostrati chiari legami tra gli eventi e le minacce alla sicurezza. In questo modo l’estremista di destra e provocatore Rasmus Paludan ha potuto dare alle fiamme il testo sacro dell’Islam a gennaio e lo stesso ha fatto il rifugiato cristiano iracheno Salwan  Momika alla fine di giugno.

Le manifestazioni hanno visto la partecipazione di appena due-tre persone ma hanno avuto gravi conseguenze per Stoccolma. La Turchia ha bloccato per mesi la domanda di adesione della Svezia alla Nato anche a causa di quanto accaduto mentre il 20 luglio l’ambasciata svedese a Baghdad nel corso di una manifestazione dei sostenitori del leader religioso Moqtada Al Sadr, e l’ambasciatore svedese è stato espulso dall’Iraq. Una decisione simile a quella presa dal Marocco che a inizio luglio ha richiamato in patria per protesta il suo ambasciatore a Stoccolma.

I servizi di sicurezza  hanno riferito di «minacce di attacchi contro la Svezia e i suoi interessi» e hanno alzato il livello di allerta terroristica a tre su una scala di cinque. La controversia sulla Nato si è poi risolta con la luce verde data dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Stoccolma anche grazie alla mediazione di attori esterni. La minaccia alla sicurezza, invece, è concreta sia per le possibili azioni estemporanee di lupi solitari non legati alla galassia jihadista sia per il possibile intervento di formazioni estremiste più organizzate.

Il primo ministro svedese Ulf Kristersson, a capo di una coalizione di centrodestra che gode dell’appoggio esterno degli ultraconservatori Democratici Svedesi, ha detto di essere «molto preoccupato» dalle possibili conseguenze di eventuali nuovi roghi del Corano. Kristersson ha informato l’agenzia svedese TT della presenza di nuove richieste per manifestazioni blasfeme nel Paese ed ha affermato che «alcuni elementi legati alla Russia» starebbero conducendo una campagna di disinformazione asserendo che il governo svedese supporta i roghi. Il ministro degli Esteri svedese Tobias Billstrom ha dichiarato che «in alcuni Paesi c’è la percezione che le istituzioni abbiano organizzato oppure approvino questi gesti ma non è cosi» e ha aggiunto che «i roghi sono commessi da individui grazie alle leggi che tutelano la libertà di espressione».

L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera e la Sicurezza Josep Borrel ha condannato i roghi del testo sacro islamico in Svezia e Danimarca (ci sono stati episodi anche nel vicino Paese scandinavo) definendoli «offensivi, irrispettosi e una chiara provocazione» e aggiungendo che la tolleranza nei confronti di tutte le comunità religiose è un punto importante per Bruxelles e che «non tutto quello che è legale è anche etico».

Il cinquantatré per cento dei cittadini svedesi, secondo quanto emerso da un sondaggio realizzato da Kantar Public per il canale televisivo l SVT, ritiene che dovrebbe essere vietato  dare alle fiamme i testi sacri di qualunque religione. Questa percentuale è cresciuta di undici punti rispetto a febbraio quando lo stesso sondaggio era stato proposto a un altro canale televisivo.  Il trentaquattro per cento degli svedesi è invece favorevole alle dimostrazioni e il tredici per cento non ha un’opinione precisa. Tojvo Soren, a capo di Kantar Public, ritiene che la crescita delle persone contrarie potrebbe essere legata alle condanne espresse da molte nazioni nei confronti di questi atti.

Il ministro della Giustizia svedese Gunnar Strommer ha riferito al quotidiano locale Aftonbladet che il governo sta valutando la possibilità di modificare le leggi vigenti per fare in modo che la polizia abbia il potere di impedire i roghi del testo sacro in pubblico. Strommer ha detto che «bisogna analizzare la situazione legale e giungere a una conclusione» e che «dobbiamo chiederci se lo status quo è positivo e se ci sono ragioni per modificarlo». 

L’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, che riunisce cinquantasette Stati a maggioranza musulmana e ha sede a Jeddah, ha proposto il varo di misure collettive contro la Svezia come forma di pressione per evitare nuovi roghi. Le autorità di Stoccolma hanno risposto alla minaccia di sanzioni definendo il rogo «Islamofobico» e il ministero degli Esteri ha chiarito come «le espressioni di xenofobia, razzismo e intolleranza non abbiano posto in Svezia e nel resto d’Europa».

Il rischio, per Stoccolma, è quello di divenire oggetto di un  boicottaggio commerciale da parte delle nazioni musulmane con gravi ricadute sul prodotto interno lordo e sull’economia. L’eventuale modifica delle norme richiederà, però, del tempo ed è possibile che nuovi provocatori chiedano l’autorizzazione  per compiere gesti blasfemi. C’è, poi, l’effetto imitativo da parte di chi intende bruciare i testi sacri appartenenti ad altre religioni. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha espresso, alcuni giorni fa, forti critiche dopo che le autorità avevano approvato un rogo pubblico di una Torah da parte di un dimostrante che, però, si è poi tirato indietro e non ha dato seguito al suo gesto evitando così l’incidente diplomatico.

Le istituzioni, a questo punto, devono fare una scelta basata su ragioni etiche, diplomatiche, economiche e di sicurezza nazionale per decidere una chiara linea d’azione che sia consequenziale con le condanne di queste settimane. Il rischio, in caso contrario, è quello di dare vita a una spirale pericolosa e profondamente non etica.

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