La Slovacchia è ostaggio del populismo e della disinformazione di matrice russofila e questi fenomeni stanno influenzando lo scenario politico. La presidentessa europeista Zuzana Caputova, esponente del partito liberale ed europeista Slovacchia Progressista, ha annunciato che non si ricandiderà per un secondo mandato dopo le numerose ingiurie e minacce di morte ricevute nel corso degli ultimi anni.
La Caputova, che secondo un sondaggio Ipsos è la politica più popolare del Paese con un tasso di approvazione del 42,9 per cento, era stata eletta nel 2019 ed è diventata un punto di riferimento per europeisti e minoranze. Il Capo di Stato ha traghettato Bratislava fuori dal Gruppo di Visegrad ed ha espresso la sua vicinanza a Kyjiv dopo l’invasione di Mosca. Le sue posizioni non sono passate inosservate e il leader dell’opposizione ed ex Primo Ministro Robert Fico l’ha accusata, senza fornire prove, di essere un fantoccio degli Stati Uniti e di fare gli interessi del finanziere George Soros. La Caputova ha annunciato azioni legali contro Fico ma alle ingiurie si sono aggiunte le minacce di morte anonime e da qui la decisione di non ricandidarsi alle presidenziali del 2024. Una decisione seria destinata ad avere ricadute sulle consultazioni parlamentari previste a fine settembre.
Le elezioni anticipate, decise dopo la caduta di una serie di deboli governi conservatori guidati dal partito anticorruzione OL’aNO, potrebbero concludersi con la vittoria dei russofili, euroscettici e omofobi di SMER, guidati proprio dall’ex premier Fico. Il movimento socialdemocratico è stato al potere tra il 2009 e il 2019, è molto vicino a Mosca ed è contrario a ogni aiuto militare a Kyjiv. La situazione, come ricordato dal portale Foreign Policy, riguarda anche Bruxelles e Washington perché qualora Fico diventasse premier si profilerebbe un netto cambiamento degli orientamenti di Bratislava. La Slovacchia è una nazione importante tanto per l’Unione Europea quanto per l’Alleanza Atlantica perché confina con l’Ucraina e copre il fianco orientale di entrambi gli schieramenti da eventuali provocazioni moscovite.
Un sondaggio elettorale, realizzato dagli slovacchi di Median tra il 19 e il 21 luglio, ha evidenziato il vantaggio di Smer, accreditato del 20,1 per cento dei consensi. Seguono Slovacchia Progressista, con il 19.1 dei voti stimati e Voce-Socialdemocrazia, nato in seguito alla scissione degli elementi più moderati di Smer, che si fermerebbe poco sopra l’undici per cento dei voti. In quarta posizione, con il dieci per cento dei voti, c’e il movimento di estrema destra, russofilo ed euroscettico di Repubblica e poi tre partiti, tra cui spicca la destra radicale pro-Mosca di Siamo una Famiglia mentre gli altri due schieramenti sono moderati, tutto al sei per cento. Anche nelle retrovie non mancano i radicali come il Partito Nazionalista Slovacco, al quattro per cento e l’ultra-ultra destra del Partito Popolare Slovacchia Nostra, al 2.5 per cento. Il quadro è frazionato ma la presenza di una serie di partiti estremisti, che non avrebbero problemi a superare le differenze ideologiche nel nome dell’odio verso Bruxelles e la liberal-democrazia, è allarmante perché potrebbe spingere la Slovacchia tra le braccia di Visegrad e quelle di Mosca.
Il populismo di Fico, che ha ricoperto l’incarico di Primo Ministro tra il 2006 e il 2008 e tra il 2012 e il 2018, beneficia della scarsa fiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni (appena il diciotto per cento dei cittadini le stima), della contrarietà del settanta per cento degli slovacchi all’invio di armi all’Ucraina e della crescente impopolarità della Nato. Il paradosso è che lo Smer e Fico, nonostante le posizioni omofobe e le alleanze con le destre estremiste, fanno ancora parte del gruppo dei Socialisti e Democratici a Bruxelles.
I vertici del gruppo hanno reso noto che si sta valutando una sospensione ma la retorica del politico è cosa nota da molto tempo. Fico si è peraltro dimesso da premier, nel 2018, in seguito allo scandalo nato dal duplice omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak e della fidanzata Marina Kusnirova. L’indagine di Kuciak sulla corruzione lo sfiorò e gli eventi successivi lo fecero cadere in disgrazia. Salvo, poi, riprendersi grazie al risentimento popolare, alla crisi economica e al sostegno (anche indiretto) di una parte dei media.
La presenza di numerosi media e portali che diffondono disinformazione e teorie cospirazioniste pro-Mosca, secondo Euronews sono ben duecentocinquantratré, potrebbe spiegare il radicamento dei movimenti populisti slovacchi. Le frange estremiste popolano anche i social network, con mille e ottocento pagine pubbliche su Facebook che condividono nozioni della propaganda russa. Grigorij Meseznikov, presidente dell’Institute of Public Affairs di Bratislava, ha ricordato a Euronews come «i propagandisti filo russi in Slovacchia non sono voci marginali oppure attivisti insignificanti ma figure politiche di primo piano» e che la russofilia è presente a Bratislava da due secoli.
Nel diciannovesimo secolo, ricorda Meseznikov, i leader politici locali «desideravano che l’Impero Russo tutelasse la Slovacchia e tutte le nazioni slave, in particolare modo quelle più piccole» e queste nozioni «sono state tramandate di generazione in generazione». Una parte della popolazione slovacca guarda con simpatia a Mosca anche per motivi storici e i portali della disinformazione, che attraggono comunque nuovi adepti, servono a placare una domanda molto forte.
Dopo l’invasione della guerra in Ucraina, ricorda Meseznikov, sono state organizzate «marce per la pace» in cui Putin viene idolatrato e invocato come «nostro Presidente» in totale difformità dalla linea politica del governo. Secondo il presidente dell’Istituto Affari Pubblici: «I propagandisti russofili hanno scelto la Slovacchia per diffondere le proprie teorie perché ritengono sia il Paese più debole tra quelli dell’Europa Centrale e presenti terreno fertile per la diffusione delle loro teorie».