Il Movimento europeo ha chiarito più volte che i metodi di decisione nel Consiglio europeo e nel Parlamento europeo per giungere a un accordo sul futuro o sulla futura presidente della Commissione europea sono diversi ma che – nonostante la diversità e se non cambieranno radicalmente gli equilibri politici fino al giugno 2024 – sarà inevitabile una grande coalizione fra popolari, socialisti e liberali con l’auspicabile adesione dei Verdì per raggiungere (art. 17.7 TUE) la maggioranza qualificata nel Consiglio europeo e la maggioranza assoluta di 361 seggi nella nuova composizione di 720 deputati del prossimo Parlamento europeo (maggioranza “Ursula”).
Il voto dei conservatori e riformisti dell’ECR e cioè di Fratelli d’Italia, del PiS polacco e di Vox in Spagna, anche se il gruppo ECR al Parlamento europeo dovesse aumentare di un quarto i suoi seggi, sarà matematicamente ininfluente ma la presenza dei polacchi del PiS e/o di Vox potrebbe rendere più complicata la formazione della maggioranza “Ursula” perché l’orientamento sovranista degli uni e/o degli altri sarebbe inaccettabile per socialisti e liberali ma anche per una parte dei popolari.
Non è un caso che il progetto di revisione del Trattato di Lisbona – che vedrà molto faticosamente la luce in settembre fra i relatori della commissione affari costituzionali del Parlamento europeo – potrebbe avere il sostegno di popolari, socialisti, liberali ma anche di verdi e sinistre e non dei conservatori e riformisti dell’ECR né tantomeno dell’estrema destra di Identità e Democrazia.
Nel Consiglio europeo i primi ministri conservatori (ECR) sono per ora solo tre – in Italia, Polonia e Repubblica Ceca – ed essi non sono dunque in grado da soli di costituire una minoranza di blocco che richiede almeno quattro paesi (art. 16.4 TUE) a meno che a essi si unisca l’ungherese Orban o che la destra estrema condizioni il voto dei primi ministri PPE in Finlandia e Svezia e, naturalmente, se i conservatori del PiS restassero al governo in Polonia dopo le elezioni del prossimo 15 ottobre.
Un’eventuale minoranza di blocco conservatrice nel Consiglio europeo potrebbe impedire la formazione di una maggioranza “Ursula” fra i governi ma non aprirebbe tuttavia la strada a una coalizione di centro-destra o di destra-centro perché essa non avrebbe la maggioranza qualificata del cinquantacinque per cento dei governi che comprendano almeno quindici fra di loro e il sessantacinque per cento della popolazione dell’Unione europea (art. 16.4 TUE).
Del resto i governi a trazione socialista o liberale come in Francia, in Germania, in Spagna, in Belgio, in Portogallo e nel Lussemburgo costituiscono con la loro popolazione una eventuale minoranza di blocco che andrebbe ben oltre il trentacinque per cento della popolazione europea che era nel 2022 di 448 milioni di abitanti mentre i governi dei paesi a trazione conservatrice o sovranista (Finlandia, Ungheria, Svezia, Cechia, Polonia e Italia) non raggiungono il trentacinque per cento della popolazione europea che consentirebbe loro di impedire la formazione di una maggioranza qualificata nel Consiglio europeo.
Allo stato attuale delle cose e in attesa delle elezioni legislative in Slovacchia (30 settembre), nel Lussemburgo (8 ottobre), in Polonia (15 ottobre), nei Paesi Bassi (22 novembre) e nel Belgio (9 giugno) ma forse anche in Bulgaria, in Croazia ed eventualmente in Spagna se né il PSOE né il PP riusciranno a ottenere la maggioranza alle Cortes – il sistema politico dell’Unione europea non consente dunque di abbandonare la via della “grande coalizione”.
I numeri parlamentari per una rinnovata grande coalizione o per eventuali nuove maggioranze di centro-destra o di centro-sinistra potranno essere verificati naturalmente solo dopo le elezioni europee dal 6 al 9 giugno ricordando che nel 2019 Ursula von der Leyen fu eletta in luglio dal Parlamento europeo con una ristretta maggioranza di nove voti in cui fu determinante il sostegno dei deputati del Movimento 5 Stelle – pur alleati con il partito di Niel Farage Reform UK – che si espressero in dissenso con quelli della Lega che pure erano loro nella stessa coalizione di governo in Italia mentre l’intera Commissione fu approvata a fine novembre con una maggioranza ben più ampia dal Parlamento europei con l’astensione dei Verdi, il voto favorevole dei PiS polacco, l’opposizione della Lega e di Fratelli d’Italia e alcuni voti di dissenso fra i socialisti e il Movimento 5 Stelle.
Appare inoltre evidente che la riforma costituzionale europea all’ordine del giorno della prossima legislatura 2024-2029 in vista e prima dell’ampliamento dell’Unione europea – essendo ormai esclusa una revisione del Trattato di Lisbona negli otto mesi che ci separano ormai dalla fine di questa legislatura fissata dal Parlamento europeo il 25 aprile 2024 – come tutte le riforme costituzionali proscritte a colpi di maggioranza richiederà un accordo fra l’universalismo cristiano, l’internazionalismo socialista e il cosmopolitismo liberale insieme a un ambientalismo innovatore.
Questa riforma dovrà evidentemente farsi carico di rafforzare sia la capacità di realizzare le politiche europee (le “policies”) che il suo sistema di governo (le “politics”) essendo chiari I rischi di paralisi del sistema attuale quando Consiglio europeo e Parlamento europeo devono trovare un accordo sulla leadership e sulla composizione della Commissione europea.