Servono cinque miliardiIl governo cerca le risorse per la legge di bilancio nel taglio dei bonus fiscali

Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha il compito di trovare i fondi necessari nella revisione delle seicentoventisei agevolazioni che valgono ottantadue miliardi

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Secondo l’ultimo dossier dei tecnici del Senato, gli sconti fiscali sono cresciuti del quaranta per cento dal 2016 al 2022 – fino all’attuale quota di settecentoquaranta agevolazioni per un valore di 125,6 miliardi, circa il quattro per cento del Pil. Escludendo quelli di Comuni e Regioni, ci sono seicentoventisei agevolazioni, pari a ottantadue miliardi: è da qui che il governo vorrebbe ricavare quei circa cinque miliardi di euro con cui finanziare il taglio dell’Irpef.

Tra l’altro, quegli ottantadue miliardi di euro da sfoltire in realtà potrebbero essere molti di più: non sempre è chiaro quante persone beneficiano di certi sconti, ed è difficile calcolare con esattezza quali sono gli importi. La stima dei tecnici del Senato è arrotondata per difetto. «Per quasi l’ottanta per cento delle misure è difficile svolgere analisi complete. Il trenta per cento non è quantificabile o ha effetti trascurabili», si legge nel documento.

Politicamente il problema non è di facile soluzione perché, come nota Valentina Conte su Repubblica, «togliere o ridurre un bonus, una detrazione, un credito fiscale a chi ne ha beneficiato fin qui – famiglie o imprese – significa di fatto aumentargli le tasse». E nelle promesse elettorali di Giorgia Meloni – così come in quelle dei suoi alleati nel governo di destra – si diceva il contrario.

Allora anche nelle scelte da fare, quali sconti tagliare e quali tenere, ci sono insidie. «Quasi il sessanta per cento degli sconti riguarda gruppi con meno di trentamila soggetti», scrive Repubblica. «La scelta non è facile anche perché il governo ha dichiarato, nella sua delega fiscale (la cornice della riforma del fisco), che non toccherà i bonus per figli, casa, salute, istruzione, previdenza complementare, risparmio energetico, riduzione del rischio sismico». Solo che a tener fuori tutte queste categorie – un gruppo di sconti rilevante, secondo la Banca d’Italia – c’è il rischio di farsi molti nemici e recuperare pochi soldi.

Al momento l’idea che si sta prendendo in considerazione, tra i commissari voluti dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, è di tagliare in modo orizzontale, quindi non togliere uno o più sconti, ma abbassarli tutti ai redditi più alti. «Oggi il décalage inizia dai centoventimila e finisce ai duecentoquarantamila euro lordi», si legge su Repubblica. «Potrebbe iniziare prima, ad esempio dai sessantamila. Rischioso, perché lì c’è parte di quel ceto medio che guarda con attenzione al governo di destra».

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