Finale di partitaL’impossibile negoziato tra Russia e Ucraina

Dopo un anno e mezzo di guerra dovrebbe essere evidente a chiunque che questo non è un conflitto tra due nazioni per il controllo di territori contesi. Mosca non vuole trovare un compromesso, ma sottomettere Kyjiv

LaPresse

Il commento di un alto funzionario della Nato sulle possibili soluzioni della guerra in Ucraina ha suscitato polemiche, riaprendo il dibattito sulle concessioni territoriali che il paese aggredito dovrebbe riconoscere al paese aggressore in cambio di un ipotetico cessate il fuoco a tempo indeterminato. A scatenare la polemica le parole di Stian Jenssen, direttore dell’ufficio privato del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che in un dibattito con i media norvegesi ha detto di pensare che una soluzione della guerra «potrebbe essere la rinuncia dell’Ucraina di una parte del proprio territorio in cambio dell’adesione alla Nato», ribadendo tuttavia che la linea di Stoltenberg (e dell’alleanza) è che «spetta all’Ucraina decidere quando e a quali condizioni negoziare con la Russia».

La dichiarazione di Jenssen sono state riportate dalla testata norvegese VG e non rappresentano una posizione ufficiale della Nato, né uno scenario discusso in una conferenza istituzionale. Ciò nonostante, hanno infastidito Kyjiv, che non ha tardato a rispondere. «Scambiare territori per l’ombrello della Nato? È ridicolo. Ciò significa scegliere deliberatamente la sconfitta della democrazia», ha commentato sui social Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, sottolineando che una soluzione del genere sarebbe un invito per chiunque a intraprendere aggressioni militari.

Jenssen si è poi scusato, sottolineando che il suo commento faceva parte di una discussione più ampia e riconoscendo che non avrebbe dovuto esprimersi in quel modo, mentre Stoltenberg ha riaffermato la posizione della Nato intervenendo a un incontro pubblico ad Arendal, in Norvegia, ha riportato l’emittente Nrk.

La polemica tra i vertici della Nato e Kyjiv è comprensibile, la questione è estremamente sensibile poiché dopo un anno e mezzo sono tanti in Occidente a desiderare una soluzione apparentemente razionale e collaudata di fronte a una guerra che di razionale non ha niente, se non la determinazione dell’Ucraina a non sparire dalle carte geografiche.

Tuttavia, anche se per può risultare rassicurante l’idea di congelare il conflitto con una soluzione che rievoca la linea d’armistizio del trentottesimo parallelo che da più di settant’anni divide la Corea del Nord dalla Corea del Sud, con tanto di ingresso nella Nato dell’Ucraina mutilata sul modello dell’ingresso nell’alleanza della Germania Ovest senza la Germania Est, la realtà dell’invasione russa dell’Ucraina è diversa da questi precedenti. 

Dopo un anno e mezzo di invasione su vasta scala, dove la distruzione sistematica di obiettivi e infrastrutture civili da parte dell’aggressore è la regola, dovrebbe essere evidente a chiunque che questa guerra non è un conflitto tra due nazioni per il controllo di territori contesi. La Russia non è disposta a rinunciare a sottomettere l’Ucraina, da parte del Cremlino non c’è nessun segnale in questa direzione. 

Se i carri armati russi non marciano più verso Kyjiv è perché non hanno la forza di farlo, non perché Mosca ha rinunciato a rovesciare il governo Zelensky per installare un proprio uomo al suo posto. 

Tutte le azioni della Russia dimostrano invece che Vladimir Putin vuole annichilire le aspirazioni dell’Ucraina mettendo in ginocchio la popolazione, distruggendo territori, e compromettendone le prospettive economiche; scommettendo nella stanchezza dei governi e delle opinioni pubbliche occidentali, elezione dopo elezione, a partire dagli Stati Uniti. 

L’annullamento dell’accordo sul grano e l’assedio del golfo di Odessa da parte di Mosca è la dimostrazione più recente e sanguinosa della determinazione russa a proseguire il conflitto, non a cercare un compromesso.

Anche se nel concreto è improbabile (non impossibile) che la marina russa attacchi una nave cargo diretta in Cina o in qualche paese in via di sviluppo, con l’uscita dall’accordo la Russia si è assegnata il diritto di minacciare e perquisire le navi in transito (scoraggiandole e gonfiando  i costi assicurativi), e un pretesto per attaccare le infrastrutture (silos e terminal portuali) del principale settore economico ucraino con l’obiettivo di decimarlo, e comprometterne la performance negli anni a venire.

Se il Cremlino volesse semplicemente tenere i territori che ha occupato e distrutto (trasformandoli nel territorio più minato del mondo) non comprometterebbe la navigazione nel Mar Nero danneggiando il commercio globale di grano, e non attaccherebbe obiettivi civili ucraini in profondità, limitandosi a colpire le retrovie della controffensiva ucraina. Invece di concentrarsi sulle dichiarazioni infastidite dei membri del governo Zelensky di fronte a proposte che non trovano riscontro nella realtà, i polemici della “pace” a tutti i costi dovrebbero osservare con più attenzione cosa dicono Putin e i suoi portavoce, formali e informali.

Dimitri Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, ha commentato squallidamente su X (ex Twitter) l’idea dell’Ucraina nella Nato in cambio di concessioni territoriali come un’idea apparentemente «interessante», a patto che gli ucraini «rinunciano a Kyjiv, capitale dell’antico Rus, trasferendo la loro capitale a Lviv, ammesso che i polacchi siano disposti a lasciare Lemberg (nome tedesco-asburgico della città, ndr) ai fan del lardoso cocainomane».

Putin non ha commentato direttamente la breve diatriba Nato-Kyjiv, ma nel suo intervento alla Conferenza di Mosca sulla sicurezza internazionale ha accusato l’Occidente di perseguire «una politica avventuristica e neocoloniale» che genera tensione in tutto il mondo. «L’Ucraina è un buon esempio di dove porta questa politica di gettare benzina sul fuoco. Pompando miliardi di dollari nel regime neonazista, fornendogli hardware, armi e munizioni e inviando i loro consiglieri militari e mercenari, stanno facendo tutto il possibile per alimentare ancora di più questo conflitto e coinvolgere altre nazioni», ha detto il presidente russo rivolgendosi a funzionari e ministri della difesa di diversi paesi, compresa la Cina (parole che presto riascolteremo nei talk show italiani, e non da Putin).

La leadership russa nega all’Ucraina il diritto stesso di esistere, non il controllo della Crimea e del Donbas, e vede nell’intero Occidente un nemico assoluto della Russia, nonostante sia falso. Le disastrose conseguenze umane ed economiche di un anno e mezzo di guerra non hanno modificato la posizione di Mosca, che rimane la stessa del 24 febbraio 2022.

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