Difesa preventivaLa Polonia vuole diventare il paese europeo con più soldati

Il governo sovranista di Varsavia sta pianificando un aumento considerevole delle dimensioni dell'esercito, finalizzato a migliorare la sua capacità di risposta e deterrenza alla minaccia russa. Il suo piano di ristrutturazione prevede il reclutamento di almeno trecentomila uomini

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C’è un Paese europeo le cui sorti, più di tutte, sono legate alla guerra in Ucraina, la Polonia. Su suolo polacco, come noto, non si combatte, eppure questa guerra riguarda completamente la Polonia. Lo fa per varie ragioni: geografiche, politiche, militari. Quelle geografiche sono le più semplici: basta guardare una mappa per vedere che, se l’esercito russo non fosse stato fermato da Kyjiv, sarebbe arrivato in pochi giorni alle porte della Polonia. Oppure basta recuperare le immagini dell’esodo dei profughi ucraini del marzo 2022 per vedere che, di fatto, la soluzione di continuità tra Polonia e Ucraina è estremamente ridotta.

Per comprendere le ragioni politiche, invece, occorre guardare ai rapporti complicati tra governo polacco e governo europeo che, proprio al momento dello scoppio della guerra, erano ai minimi storici, a motivo di numerose frizioni sui diritti civili e soprattutto di una disputa sulla prevalenza del diritto europeo su quello polacco. Al momento dell’invasione russa, però, la Polonia è riuscita non solo a fare saldissima professione di europeismo, ma anche a esserne il fiore all’occhiello e,  con uno sforzo di accoglienza unico ed encomiabile, a caricarsi sulle spalle il dolore dell’Ucraina e le responsabilità dell’Europa, riuscendo così a farsi perdonare ogni intemperanza sovranista.

Eppure è soprattutto sul piano militare che la guerra si è fatta sentire a Varsavia e dintorni. La Polonia, più di ogni alto paese europeo, sa di essere stata collocata dagli dei della geografia in una ruolo strategico di cerniera tra est e ovest. Valeva nel 1939 come vale oggi. Chi da ovest vuole andare a est deve passare per la Polonia e lo stesso deve fare chi da est vuole andare a ovest. Per questo, da anni, la Polonia (che fa parte dell’Alleanza Atlantica e che già dal 2008 ospita batterie di missili patriot americani) si sente e si comporta come se fosse in prima linea, impegnata in una guerra che, almeno fino al febbraio 2022, sembrava essere questione non di se ma di quando. Poi il quando è arrivato e dal febbraio 2022 la Polonia considera la guerra ucraina come sua.

Nel corso dei mesi ha preso a farsi strada la volontà, anzi la necessità, polacca di armarsi più e meglio. Un documento apparso sulle pagine del sito ufficiale del governo mette in fila come e quanto il governo polacco intenda avviare un piano di ristrutturazione dell’esercito, fino a farlo diventare il più grande d’Europa, con almeno trecentomila uomini, cioè il doppio dei centoventottomila attuali e più dei duecentottantamila dell’Italia, dei duecentomila della Francia e dei centottantamila della Germania. Ma il nuovo esercito polacco non sarà fato solo di truppe, ma anche di armi, cari, aerei, navi, droni, missili: tutto quello che serve per dare alla Polonia la potenza militare e la carica deterrente che, sino a qui, non ha mai avuto. 

Per farlo, ovvio, servono soldi. E, secondo i piani del governo, i fondi per armi ed esercito dovrebbero passare dal 2,4 per cento del Prodotto interno lordo messo a bilancio nel 2022 (che già è più del due per cento minimo previsto dagli accordi NATO e non rispettato praticamente da nessuno se non da Stati Uniti, Polonia e Regno Unito) al tre per cento dei prossimi anni, fino addirittura, al cinque per cento auspicato dal leader del partito Diritto e Giustizia Jarosław Kaczyński. 

Sembra tutto lineare, coerente. Persino efficace e auspicabile dal momento che l’Europa è in guerra e che la Polonia sembra aver deciso di sobbarcarsi la fatica in nome e per conto di tutti. Ma un riarmo così poderoso potrebbe non essere del tutto una buona notizia per l’Europa. Soprattutto perché, da anni, la democrazia polacca, pur solida e affidabile quando si tratta di reggere l’urto della violenza russa, ha dato più volte segni di insofferenza verso Bruxelles. E il fatto che, entro pochi anni, uno dei paesi europei più insofferenti alle regole democratiche e di stato di diritto dell’UE possa essere anche quello meglio equipaggiato potrebbe non essere, necessariamente, una buona notizia. 

Un recente editoriale apparso su New York Times con il titolo “La Polonia potrebbe non essere l’amico che pensate” mette in guardia e dice che è bene non lasciarsi confondere e non considerare la Polonia un Paese amico dell’Europa e della democrazia, laddove invece da segno di essere solo un Paese ferocemente nemico della Russia di Putin. «Il sostegno della Polonia all’Ucraina – dicono gli editorialisti Jaroslaw Kuisz e Karolina Wigura- non è un segno che ora, dopo quasi un decennio di arretramento democratico, si stia riconoscendo l’importanza della democrazia. Lungi dal recedere, l’illiberalismo polacco è vivo e vegeto. Il governo può plausibilmente presentarsi come garante della sicurezza, sia in patria che all’estero, sotto la garanzia del sostegno occidentale. Insieme a paesi come India, Turchia e Ruanda, la Polonia potrebbe entrare a far parte del puzzle degli amici non così liberali dell’Occidente, contribuendo a consolidare l’opposizione a Russia e Cina. Questo processo avviene per la comodità dell’Occidente, ma non in adesione ai suoi valori».

Perché se c’è una cosa che la guerra ucraina ci ha insegnato è che il vero nemico dell’Europa non sono le armi, a quelle si rimedia, ma la scarsa democrazia.Mantenere salda la democrazia polacca è più urgente che armare il Paese.

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