Project BoatLa Russia vuole produrre seimila droni entro il 2025 (con l’aiuto dell’Iran)

Il Washington Post ha rivelato che il Cremlino sta costruendo in una fabbrica segreta ad Alabuga, a mille chilometri da Mosca, una variante del drone iraniano Shahed-136, capace di colpire bersagli a terra a oltre duemila e cinquecento chilometri di distanza

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Una fabbrica segreta, un piano per creare armi letali di nascosto agli occhi del mondo con la complicità di una dittatura teocratica, e un ex ufficiale dell’intelligence russa a coordinare il tutto usando parole in codice. Sembra il pessimo copione di un film di spionaggio e invece è uno scoop del Washington Post che ha visionato documenti esclusivi sul progetto della Russia di creare in gran segreto almeno seimila droni entro il 2025 per colpire con più efficacia le città ucraine. Nella fabbrica di Alabuga, piccola città a mille chilometri da Mosca, nella Repubblica del Tatarstan (una delle tante repubbliche che compongo la Federazione russa), si sta producendo dal novembre 2022 una variante avanzata del drone iraniano Shaded-136 capace di colpire bersagli a terra a oltre duemilacinquecento chilometri di distanza dal sito di lancio. 

«Se avrà successo, la nuova fabbrica di droni potrebbe aiutare la Russia a preservare le sue scarse scorte di munizioni di precisione, e contrastare gli sforzi dell’Ucraina di riconquistare i territori occupati e a far avanzare drammaticamente la posizione di Mosca nella corsa agli armamenti», si legge sul Washington Post. 

Un ufficiale in congedo del Fsb, l’intelligence russa, ha cercato di mantenere segreta l’operazione “Project Boat” con alcuni accorgimenti sofisticati, come il sequestro dei passaporti dei dipendenti altamente qualificati che lavorano alla produzione. Altri metodi col senno di poi si sono rivelati un po’ più grossolani, come l’utilizzo di termini diversi per riferirsi ai droni (chiamati «barche» nei documenti visionati dal Washington post) e agli esplosivi (chiamati «paraurti»). La spia russa in congedo ha cercato di nascondere il coinvolgimento dell’Iran, usando il termine «Bielorussia» o «Irlanda» per non far capire che Teheran nel 2022 ha siglato in segreto con il Cremlino un accordo di sostegno tecnologico, nonostante si sia formalmente dichiarata neutrale rispetto alla invasione russa in Ucraina.

Per Teheran il progetto è particolarmente redditizio visto che secondo gli accordi incassa oltre la metà dei centocinquantuno miliardi di rubli (circa due miliardi di dollari) previsti per il progetto. L’Iran «ha insistito per essere pagato in dollari o in oro a causa della volatilità del rublo». Nei documenti inediti forniti da una dipendente che lavora nella fabbrica di Alabuga ed è contrario all’invasione russa, si leggono informazioni interessanti come schemi tecnici, registri del personale e memorandum consegnati agli iraniani e ai rappresentanti russi del ministero della Difesa. Il governo russo non ha risposto alla richiesta di commento da parte del Washington Post, così come la delegazione iraniana alle Nazioni Unite. 

Gli Shaded-136, ribattezzati dai russi Geran-2 possono portare oltre cinquanta chilogrammi di esplosivi e ne sono stati usati almeno seicento per colpire le città ucraine negli ultimi tre mesi, colpendo reti elettriche strategiche e distruggendo scorte di grano. Il piano è cruciale per Mosca perché permette ai russi di conservare armamenti più costosi come i missili a guida di precisione. «Questi droni sono molto più economici da produrre rispetto ai danni che causano, e questo è il problema», ha dichiarato al Washington Post Vladyslav Vlasiuk, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Nella fabbrica grande come quattordici campi da calcio avviene il riassemblamento dei droni smontati provenienti dall’Iran e la produzione di contenitori dei droni da unire con motori e componenti elettrici sempre forniti da Teheran. Ma al momento la produzione è in ritardo di almeno un mese rispetto alla tabella di marcia. Sono stati costruiti in fatti poco meno di trecento droni ed è improbabile che i russi riescano ad arrivare a seimila entro l’estate del 2025. A pesare sono soprattutto le sanzioni occidentali che rendono difficile l’approvvigionamento tecnologico. «Solo quattro dei centotrenta componenti elettronici necessari per costruire il drone sono realizzati in Russia, Oltre il novanta per cento dei chip informatici del drone sono prodotti da aziende occidentali e ricadono tutti sotto il divieto di esportazione che recentemente gli Stati Uniti hanno imposto sull’esportazione di elettronica verso la Russia».

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