Duplicità movimentistaLa sciagurata posizione di Schlein contro l’aumento delle spese militari

La segretaria del Partito democratico non ragiona come una potenziale leader di governo. Formalmente è a fianco della Nato, ma sostanzialmente è contraria al suo rafforzamento e a un più marcato impegno dell’Italia

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Elly Schlein si rende conto di quello che dice? La domanda è lecita dopo che la segreteria del Partito democratico con un secco «sì» in risposta a un giornalista ha dichiarato di voler posticipare di cinque anni il raggiungimento di quota due per cento del Prodotto interno lordo delle spese militari italiane. Oggi, con la guerra in Ucraina in corso, a fronte del ruolo fondamentale per Kyjiv che vi gioca la Nato, un Pd che non intenda aumentare le insufficienti spese militari italiane semplicemente si mette fuori dall’area di governo, non aspira a governare. Questo le hanno subito rimproverato Lorenzo Guerini e Luigi Zanda. Questo è il punto. 

Esattamente per questa ragione il Pd di Nicola Zingaretti e di Enrico Letta infatti ha sempre votato in Parlamento a favore dell’incremento al due per cento delle spese militari dell’Italia. Ma Schlein non afferra la questione, le sfugge, anche perché nella sua segreteria, il fatto è incredibile per il Pd, ha abolito la carica del responsabile dei problemi dello Stato. Di fatto, non vuole tra i piedi nessuno che la consigli sui temi della Difesa e della sicurezza. Tema palesemente ininfluente, marginale nel suo universo mentale.

Non è quindi un caso che il Pd di Schlein ogniqualvolta deve votare sul tema delle armi in Parlamento, in Italia come in Europa, si divida in tre: c’è chi approva, chi si astiene, chi vota contro. Quello che solo le interessa non è la gestione del potere, delle istituzioni, ma è “il movimento” e le sue logiche pacifiste. Di fatto, non sa, non è in grado di ragionare su un Pd forza di governo. Men che meno quindi è capace di mettere in difficoltà, da forza di opposizione responsabile, il governo Meloni che pure, per ragioni di budget, ha difficoltà ad aumentare le spese militari. Nessuna strategia quindi, ma solo tattica movimentista, nella quale prevale, con palese affanno, la volontà di erodere qualche voto ai Cinquestelle di Giuseppe Conte alle prossime elezioni europee.

La contraddizione è che Conte è coerente, il suo pacifismo demagogico si articola dal filoputinismo sull’Ucraina, alle critiche all’ egemonia americana nella Nato, al no alle spese militari. Totalmente incoerente e in contraddizione con sé stessa invece la Schlein, che formalmente è a fianco della Nato e di Volodymyr Zelensky, ma sostanzialmente è contraria al rafforzamento della Nato e a un più marcato impegno militare dell’Italia. Una duplicità movimentista che difficilmente pagherà nelle urne europee. E allora, per l’ennesima volta, la segretaria sarà vittima degli istinti fratricidi del Pd.

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